Energia

Una causa evidente ha già la sentenza pronta

1 Dicembre 2017

(Il titolo è una citazione di Publilio Siro, drammaturgo romano)

Il mercato dell’energia si ritrova nuovamente “sostenuto” e rinvigorito da sentenze del Giudice amministrativo.

E’ una buona notizia?

Non proprio, sarebbe meglio se il sostegno al mercato venisse dalle Istituzioni che hanno introdotto e hanno voluto il mercato libero dell’energia o che lo regolano. Però in tempi di magra occorre accontentarsi e prendere quello che di buono arriva. Siamo davvero in tempi di magra perché negli ultimi mesi la stampa ha documentato diversi casi di crisi o dissesto finanziario che hanno coinvolto fornitori di energia anche di un certo rilievo. Questo a mio avviso è in parte dovuto ad un assetto del mercato che ha tante lacune, non favorevoli all’affermarsi della concorrenza. Leggi qui.

In questa settimana il lodevole Consiglio di Stato ha pubblicato due sentenze che hanno un significato importante nel percorso che porta alla piena liberalizzazione del mercato dell’energia (prevista per il 2019).

Vediamole…

La prima è sul “brand unbundling“, un concetto semplice e chiaro: per evitare confusione nei clienti finali gli operatori verticalmente integrati devono adoperare brand (ma anche strutture organizzative) differenti per le diverse attività che svolgono. In particolare la distribuzione (ovvero la gestione delle reti) deve avere un brand diverso e deve garantire gli stessi servizi qualunque sia il fornitore di energia scelto dal cliente. Una cosa semplice, di buon senso, stabilita anche da norme europee (Direttiva 72/2009).

Siamo stati in grado di attuarlo? No oppure in parte, tanto che la Commissione Europea ha anche avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia! (procedura 2014/2287)

E oggi ci ritroviamo ancora a doverne discutere nei tribunali. Per fortuna che c’è Consiglio di Stato, che afferma con una certa accuratezza quanto segue:

  • S’intende presunto il rischio di confusione per il pubblico quando, da una valutazione globale sulla somiglianza visuale, auditiva o concettuale delle politiche di comunicazione e dai segni distintivi dell’impresa di distribuzione, il pubblico sia indotto a ritenere che essi siano ricollegabili alla stessa impresa verticalmente integrata o ad altre imprese del gruppo cui essa appartiene;
  • Già la mera somiglianza fonetica dei marchi determina un rischio di confusione. Quando l’impressione visiva complessiva (o anche l’assonanza) di due marchi è notevole, non solo ciò crea nel consumatore un rischio di confusione ma le eventuali differenze nelle denominazioni assumono un carattere trascurabile
  • Esiste l’obbligo per le imprese che svolgono l’attività di vendita dell’energia elettrica ai clienti liberi e il servizio di maggior tutela di operare mediante canali informativi, spazi fisici e personale separati per “evitare il rischio di divulgazione di informazioni commerciali vantaggiose”.

E questa è andata… più chiaro di così! Per finalità didattiche allego un esempio di brand che la letteratura considera simili.

 

 

Veniamo alla seconda: gli oneri generali di sistema in bolletta.

Gli oneri pesano circa il 20% circa sulle bollette degli italiani, coprono i costi relativi agli incentivi per le fonti rinnovabili e i costi da destinare a finalità sociali. Sono fissati per legge e sono a carico dei clienti finali.
Da tempo i fornitori di energia hanno contestato un fenomeno ben preciso: nel caso di mancato pagamento da parte dei clienti finali i fornitori sono chiamati ugualmente a versare alla società di distribuzione gli oneri di sistema e devono inoltre garantirne il pagamento tramite il rilascio di fidejussioni bancarie. Insomma i fornitori, oltre a fare da esattori, hanno fatto le veci sino ad oggi degli obbligati finali versando gli oneri al loro posto.

Prima del Consiglio di Stato c’ha già pensato l’Antitrust a dire che qualcosa non tornava proprio, scrivendo un parere al Parlamento (a luglio 2017) per denunciare ostacoli alla concorrenza derivanti da questa pratica.

Fino all’ulteriore stoccata operata dal Consiglio di Stato, che ribadisce la necessità di rimuovere questa grave anomalia. E lo fa con delle precisazioni assolutamente chiare e significative, quali ad esempio:
• Si ravvisa l’assenza di norme che contemplano la traslazione in capo ai venditori dell’obbligazione gravante sui clienti finali;
• L’imposizione ai venditori di energia di prestare garanzie alle imprese distributrici è foriera di squilibrio del rapporto, onerando la parte debole della catena distributiva di un rischio improprio e del peso economico conseguente, in violazione dei principi di logicità, proporzionalità ed adeguatezza.

Ora la palla passa alle Istituzioni regolarmente preposte a disciplinare in materia…

 

 

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