Energia

Sahara Occidentale: vittima collaterale di una guerra tra giganti?

31 Marzo 2022

La Spagna chiude così la crisi diplomatica con il Marocco: accogliendo la proposta di Rabat di convertire il Sahara Occidentale in una regione autonoma sotto la propria sovranità.

Tra le ultime tensioni tra i due paesi c’era stata l’ennesima crisi dei migranti a Ceuta. Più di 8.000 migranti hanno già attraversato il confine tra Marocco e Spagna, di cui più di 1.500 minori non accompagnati.

Ma i danni collaterali provocati dalla decisione di Pedro Sánchez potrebbero avere ripercussioni non solo nel Maghreb, dal momento che in questo conflitto sono coinvolti molti paesi.

Il territorio del Sahara Occidentale, infatti, è fondamentale dal punto di vista geopolitico, essendo ricco di fosfati, ferro, petrolio e gas. Per anni, questo tesoro ha attratto aziende di 39 diversi paesi che continuano a sfruttare queste risorse sebbene la risoluzione 1803 (XVII) delle Nazioni Unite affermi che “la violazione dei diritti sovrani di popoli e nazioni sulle loro ricchezze e risorse naturali è contraria allo spirito e al principio delle Nazioni Unite e ostacola lo sviluppo della cooperazione internazionale per la conservazione della pace”.

 

La mano della CIA sul Sahara occidentale

La Central Intelligence Agency (CIA) americana ha deciso di consentire l’accesso agli oltre 10 milioni di pagine di oltre 900.000 documenti desecretati che consentono una migliore comprensione di ciò che è accaduto esattamente dal marzo 1979.

Il giornale ECSaharaui ha pubblicato queste informazioni nell’articolo “Dal tradimento del 1975 a quello del 2022: ecco come Juan Carlos I ha venduto il Sahara occidentale”[1], scritto da Lehbib Abdelhay.

Secondo i documenti della CIA per impedire al Marocco di perdere il conflitto con il Fronte Polisario nel 1975 Stati Uniti, Francia, Spagna e Arabia Saudita sono intervenuti a sostegno della dittatura di Hassan II.

Il 21 agosto 1975 il Dipartimento di Stato americano dà il via libera a un progetto strategico segreto della CIA, finanziato dall’Arabia Saudita, per sottrarre alla Spagna l’ex provincia del Sahara (270.000 km quadrati), un territorio di 200.000 chilometri quadrati di enorme importanza geopolitica e ricco di tutti i tipi di minerali, gas e petrolio, scoperti dalle compagnie petrolifere nordamericane e che costituiscono vere e proprie riserve strategiche. Un tesoro che gli Stati Uniti non erano disposti a lasciare in mano a Madrid, all’epoca sotto il controllo del regime franchista.

Il piano consisteva nell’invasione di quell’area da parte di circa 300.000 cittadini marocchini, la cosiddetta Marcia Verde, che si sarebbero spacciati per ex abitanti del Sahara occidentale di ritorno a casa.

 

Verso un nuovo equilibrio mondiale?

“In nessun momento e a nessun livello le autorità algerine sono state informate di questo vile patto concluso con la potenza occupante marocchina alle spalle del popolo Saharawi”, hanno dichiarato i diplomatici algerini, ai quali il cambio di posizione della Spagna nei confronti del Sahara Occidentale non è mai stato notificato. “Questo è il secondo tradimento storico ai danni dei Saharawi che danneggia gravemente la reputazione e la credibilità della Spagna come membro della comunità internazionale”.

Sabato scorso, il giorno dopo l’annuncio del sostegno spagnolo al piano di autonomia del Marocco per il Sahara occidentale occupato, l’Algeria ha deciso di ritirare il suo ambasciatore da Madrid.

La decisione della Spagna potrebbe anche mettere a rischio le sue scorte di gas.

L’Algeria è infatti il principale fornitore di gas naturale alla Spagna. L’anno scorso quest’ultima ha importato quasi il 50% di questa materia prima dal paese nordafricano, rifornendosi attraverso il gasdotto Medgaz, che collega direttamente i giacimenti di Hassi R’Mel in Algeria con Almeria.

Perciò l’improvviso cambio di posizione del governo di Pedro Sánchez di fronte al conflitto nel Sahara Occidentale, territorio occupato dal Marocco dal 1975, potrebbe aprire una crisi energetica in Spagna.

Più in generale l’Algeria è il terzo fornitore di gas in Europa, dove arriva l’83% delle sue esportazioni, con Spagna e Italia come principali paesi di destinazione.

Dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina il gas algerino ha ancora più valore: per compensare la dipendenza europea dal gas russo, infatti, è stato elaborato un progetto specifico affinché il paese nordafricano diventi un fornitore chiave. E la Spagna ha avuto la capacità di proporsi come strumento realizzare tale obiettivo fungendo da hub di distribuzione del gas verso il resto del continente.

Perciò qualsiasi “incidente” o “incidente tecnico” nel gasdotto Medgaz in questo momento, nel bel mezzo di una crisi energetica, potrebbe causare problemi molto seri alla Spagna.

Attualmente sono due i gasdotti che collegano Algeria e Spagna: quello citato, attualmente in uso, e un altro, chiamato Maghreb Europe, che collega l’Algeria con la Spagna passando per il territorio marocchino, chiuso lo scorso novembre su iniziativa di Algeri.

L’impulsività spagnola ha risvegliato l’Algeria, che ha già richiamato il suo ambasciatore in Spagna. L’Algeria, del resto, non è stata l’unico paese ad alzare la voce a favore del popolo Saharawi: anche la Cina si è unita al suo partner politico ed economico nordafricano, respingendo la decisione del governo spagnolo.

“Il raggiungimento della sicurezza e della stabilità in Medio Oriente passa attraverso il rispetto reciproco e l’adesione a principi basati sulla giustizia e l’equità e il tentativo di promuovere la ricerca di soluzioni politiche e pacifiche ad altre crisi nella regione”, si legge nel comunicato congiunto diffuso dai due paesi.

La posizione della Cina è interessante: Pechino, infatti, fino a questo momento non ha preso posizione nel conflitto tra Ucraina e Russia, non considerandolo affar suo. Al contrario è ben affar suo il gas algerino, che ormai amministra da vari anni, assieme a molti altri asset africani passati sotto il suo controllo. Anche le risorse saharawi sono già entrate nel suo mirino?

Quel che è certo è che questo conflitto sta alimentando nuove e vecchie alleanze, che si intrecciano in un momento di crisi sistemica in cui Occidente e Oriente continuano a scontrarsi.

 

Decidere per gli altri: il popolo Saharawi attende ancora un referendum, ormai sempre più un’utopia

“La posizione espressa dal governo spagnolo è assolutamente in contraddizione con la legittimità internazionale. Le Nazioni Unite, l’Unione Africana, l’Unione Europea, la Corte Internazionale di Giustizia, la Corte di Giustizia Europea e tutte le organizzazioni regionali e continentali non riconoscono al Marocco alcuna sovranità sul Sahara occidentale”, denuncia il Fronte Polisario, al governo della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD). “La Spagna, insieme alla Francia, il paese che ha tracciato i confini tra il Sahara Occidentale e i suoi tre vicini – Marocco, Algeria e Mauritania – ha più responsabilità legali e politiche di altri nella difesa dei confini riconosciuti dagli organismi internazionali per fermare l’espansione marocchina, oltre alla responsabilità nei confronti delle Nazioni Unite e del popolo Saharawi. Una responsabilità che permarrà finché il popolo Saharawi non avrà potuto esercitare il suo diritto inalienabile all’autodeterminazione e all’indipendenza”.

“(…) la Spagna non può eludere unilateralmente le sue responsabilità legali nei confronti del Sahara occidentale e del suo popolo, essendo la potenza amministratrice del Territorio in attesa della sua decolonizzazione. Né può voltare le spalle alle sue responsabilità politiche, essendo la principale responsabile delle sofferenze del popolo Saharawi e di fatto di tutti i popoli della regione, che finora non hanno potuto godere di stabilità a causa della ferita aperta dalla Spagna nel 1975 e che continua ad avvelenare le relazioni dei popoli e dei paesi della regione”, prosegue il Fronte Polisario.

Il cessate il fuoco raggiunto nel 1991 dall’ONU tra il Fronte Polisario e il Marocco avrebbe dovuto consentire un referendum, che però non ha ancora avuto luogo. Di conseguenza la situazione ristagna a scapito delle popolazioni indigene.

La risoluzione 1514 (XV) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 14 dicembre 1960 sulla concessione dell’indipendenza ai paesi e ai popoli coloniali chiedeva il ritorno all’indipendenza di tutte le colonie.

In questo senso il Sahara Occidentale continua ad essere considerato dalle Nazioni Unite come un territorio non autonomo che deve essere decolonizzato attraverso l’esercizio del diritto all’autodeterminazione. A tale scopo nel 1991è stata creata la Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale (MINURSO).

Attualmente, dopo anni di silenzio, sono state organizzate due tavole rotonde presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra per decidere il destino di questi territori, che da più di 40 anni vivono in un limbo silenzioso. Questo tra dicembre 2018 e marzo 2019.

Sfortunatamente, gli ultimi tentativi delle Nazioni Unite di raggiungere una risoluzione del conflitto sono stati inconcludenti e Horst Kohler, inviato speciale del Segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ha lasciato le sue funzioni alla fine di maggio di quest’anno.

Alla fine dello scorso anno, all’inizio di novembre 2020, la fine del cessate il fuoco tra il Marocco e il Fronte Polisario. Una guerra messa a tacere dall’Occidente stesso, una guerra impari e senza fine, che ha ripreso le ostilità senza che nessuno se ne rendesse conto.

Attualmente è stato nominato un inviato speciale, Staffan de Mistura.

Tuttavia, tutta questa storia e la legittimità del diritto internazionale sembrano invisibili alla Spagna e a tutti i paesi che continuano a sfruttare le risorse del Sahara.

“Quando ti toglieranno la casa, combatterai con i pugni, con i piedi, perché non puoi permettere a nessuno di portarti via la tua casa, e ancor meno la tua terra, è una condizione di esistenza. Perché se non esisti non sei nessuno”, ci ha detto Mohamed Fadel Henia, direttore dell’Ospedale Centrale di Rabouni un mese fa, nei campi profughi a sud di Tindouf dove vivono posteggiati i Saharawi dalla comunità internazionale da più di 45 anni. “Cosa vuole il popolo Saharawi? Un referendum, qualsiasi soluzione pacifica che rispetti il nostro popolo e gli accordi presi davanti alle Nazioni Unite troppi anni fa. Perché, al contrario, non rimarremo con le mani incrociate”.

Perché gli interessi politici ed economici dovrebbero essere più forti del diritto internazionale e della volontà di un popolo?

[1] https://www.ecsaharaui.com/2022/03/de-la-traicion-de-1975-la-de-2022-asi.html

Foto: ©Elena Rusca

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