Clima
Quale futuro per le rinnovabili in Italia?
Presentati al Politecnico di Milano i trend presenti e futuri, tra crisi interna ed espansione globale.
di Francesco Sala
“L’era delle rinnovabili è finita”. “L’era delle rinnovabili è nel pieno del suo sviluppo”. E’ con questa dicotomia che si apre il Renewable Energy Report 2016, presentato lo scorso 5 Maggio dall’Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano dinanzi a centinaia di operatori del settore. La situazione attuale vede infatti un mercato italiano molto ridimensionato rispetto al triennio 2010-2012 e solo in leggera ripresa rispetto all’annus horribilis 2014. Una ripresa dovuta più che altro al ritardo nei meccanismi delle aste dell’anno prima più che a una vera ripartenza del settore. Con soli 890 MW di potenza installata complessiva tra tutte le fonti (420 MW eolico, 290 MW fotovoltaico, 110 MW idroelettrico, 70 MW biomasse), il 2015 si mantiene ben al di sotto dei 10.848 MW installati nel 2011 e, a livello di investimenti, parliamo di 2 miliardi contro i 24 del 2011 e i circa 50 miliardi complessivi nel periodo 2010-2013: una contrazione, dunque, di oltre il 90% rispetto all’anno di picco.
Un dibattito, quello sul futuro delle rinnovabili, che appare invece surreale e superato se allarghiamo la visuale a quello che avviene nel resto del mondo e consideriamo i trend di lungo periodo. La transizione energetica è ormai una realtà inarrestabile. Le compagnie carbonifere falliscono una dopo l’altra, dopo che a Parigi 175 governi hanno preso impegni ambiziosi sulla lotta ai cambiamenti climatici. Il 2015 è stato, a livello globale, l’anno record degli investimenti in energie rinnovabili con oltre 290 miliardi di € investiti e una crescita del 21% rispetto al 2014. Il 2016 sembra destinato ad essere ancora migliore, sull’onda della diminuzione dei costi delle tecnologie e della spinta derivante dall’Accordo di Parigi. Il baricentro di questi investimenti si è però spostato rispetto a pochi anni fa: l’Europa ha perso la posizione di leadership e sta sperimentando una contrazione del mercato un po’ in tutti i paesi, tra cui l’Italia è forse il caso più eclatante; mentre il grosso degli investimenti si è spostato verso l’Asia (55% del totale), con la Cina a fare la parte del leone, e verso altre realtà emergenti, come l’Africa e il Centro-Sud America.
Sebbene in Italia le nuove installazioni si siano molto ridotte, nel periodo 2010-2015 la potenza da fonti rinnovabili è aumentata del 43% raggiungendo oltre 50 GW. Nel 2015 questi impianti hanno prodotto 109 TWh di energia fornendo il 40.5% della produzione interna e il 35% della domanda complessiva di elettricità. Un risultato certamente importante ma in leggera flessione rispetto all’anno precedente quando i valori erano rispettivamente del 43.3% e 37,5%, a causa principalmente di una diminuzione della produzione idroelettrica: un segno, dunque, che per raggiungere gli obbiettivi futuri bisogna riattivare gli investimenti e l’Italia non può sedersi sugli allori di quanto raggiunto in questi anni, peraltro attraverso una crescita piuttosto caotica e tumultuosa più che per frutto di un’accurata pianificazione. La forte diminuzione delle installazioni di questi ultimi anni è dovuta principalmente alla brusca riduzione degli incentivi, anche attraverso norme particolarmente penalizzanti come lo “Spalmaincenitivi”, e all’incertezza riguardante il quadro normativo.
Quali sono dunque le novità che dovrebbero influenzare l’evoluzione di questo mercato da qui al 2020 e quali le previsioni di crescita secondo l’Energy&Strategy Group?
I fattori più importanti che determineranno gli investimenti nelle rinnovabili in Italia saranno l’uscita del nuovo decreto FER (fonti energetiche rinnovabili, nda) e l’impatto della riforma della bolletta elettrica.
Il nuovo decreto FER è atteso già da molto tempo per rimpiazzare il DM 6 Luglio 2012, il cui contatore è pericolosamente vicino al limite stabilito di 5,8 miliardi di euro (a fine 2015 eravamo a 5,658 miliardi). A pesare negativamente è inoltre il basso valore del PUN (Prezzo Unico Nazionale) nei primi mesi del 2016 (circa 37 €/MWh) che potrebbe far superare anticipatamente la soglia massima. Entro il 1 dicembre 2016 è attesa dunque la pubblicazione del nuovo decreto che dovrebbe prevedere meccanismi di acceso diretto, iscrizioni al registro e aste al ribasso con un aumento dei contingenti di potenza disponibili (in particolare per l’eolico). Questo porterà auspicabilmente un moderato aumento delle installazioni.
L’altro fronte caldo è quello della riforma delle tariffe elettriche, richiesta dall’Europa, e che mira a superare il principio di “progressività” spostando il costo dalla componente variabile verso quella fissa della bolletta. Chi consuma meno sarà dunque svantaggiato, mentre chi consuma di più pagherà, in proporzione, di meno. La riforma potrebbe avere affetti positivi sull’elettrificazione dei consumi (ad esempio con le pompe di calore) ma mette anche a rischio gli investimenti in efficienza energetica e soprattutto la convenienza dei meccanismi SEU (Sistemi Efficienti di Utenza) di scambio sul posto e gli investimenti in storage, due elementi chiave per garantire un mercato ai sistemi fotovoltaici in autoconsumo. Le simulazioni presentate dall’E&S Group hanno mostrato aumenti significativi del payback time di questi investimenti nel contesto delle nuove tariffe elettriche. La riforma proposta, e operativa dal 1 Gennaio 2016 per gli utenti domestici, minerebbe dunque alle fondamenta l’emergente modello dei prosumer e della generazione distribuita che, come recita il report, “è il cuore delle Smart Grid e delle Smart City”.
Alla luce di questi fattori determinanti, le previsioni dell’E&S Group prospettano nuove installazioni complessive nel periodo 2017-2020 tra i 1.800-2.500 MW (worst case) e i 6.500-8.000 MW (best case) con un tasso di crescita compreso quindi tra il 4-13%. Numeri che fanno una certa impressione se paragonati al tasso di crescita del 43% nel quinquennio 2010-2015 e che attestano la “crisi drammatica” del settore.
L’Italia continuerà a rivestire dunque un ruolo abbastanza marginale nel mercato mondiale delle rinnovabili anche nei prossimi anni, il mercato interno sarà prevalentemente orientato verso i servizi di O&M (Operation and Maintenance, nda) del parco esistente, mentre opportunità ulteriori potranno essere trovate nell’internazionalizzazione, finora tuttavia operata con successo solo da pochi grossi attori, prevalentemente utilities.
Insomma, citando il report, “l’avvio del nuovo sistema di incentivazione e una revisione più favorevole del meccanismo dello scambio sul posto sembrano essere condizioni fondamentali per mantenere in vita il comparto delle rinnovabili in Italia”. Il potenziale c’è, ed è emerso dalle parole dei rappresentanti dell’industria, che chiedono solo un quadro normativo certo e non ostile per riattivare gli investimenti.
L’Italia ha maturato un’esperienza formidabile in questo settore, e può diventare un modello a livello mondiale su come sviluppare e integrare nel sistema elettrico le energie rinnovabili. Per fare ciò servirà però una strategia chiara e una forte volontà politica di sostegno alla transizione energetica che, al momento, nonostante le promesse e gli impegni presi a Parigi, sembra assente nel nostro paese.
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