Clima
Paradosso termodinamico
In un momento come questo, caratterizzato oltre che da guerre e crisi umanitarie, da una crisi climatica, ambientale ed energetica senza precedenti, certi paradossi risultano non solo incomprensibili, ma anche difficili da accettare.
Vedere (o meglio sapere, perché in estate il fenomeno è visibile solo in certe condizioni) comignoli, camini emettere fumi e vapore quando all’esterno le temperature raggiungono i 40°C è qualcosa che al 2022 non possiamo proprio più accettare. Ma che cosa sono quei camini, e soprattutto per cosa si sta bruciando, in gran parte dei casi, il preziosissimo gas naturale? Sono le caldaie di condomini, singoli appartamenti, centri sportivi, etc. che per produrre acqua calda sanitaria (ACS) bruciano metano.
In altre parole per fare una doccia, o lavare le stoviglie in piena estate, con un sole rovente come mai prima, dobbiamo usare il fuoco, quando basterebbe mettere una bacinella al sole per mezz’ora. E’ un po’ come guidare l’automobile in prima con il motore imballato e il freno a mano tirato.
La soluzione esiste e oltretutto non è rappresentata da chissà quale avanzatissima scoperta tecnologica, ma sono i collettori solari o pannelli solari termici, disponibili perlomeno dagli anni ’70.La tecnologia si è evoluta e ora riescono a scaldare l’acqua anche in assenza di irraggiamento diretto.
La percentuale di utenze domestiche italiane (il Paese del sole) che producono ACS con impiantisolari è attorno al 4%: secondo i dati di Solar Heat Europe (Estif) in Italia a fine 2020 erano presenti all’incirca 4.869.965 mq di pannelli e considerando 2 mq come taglia media per gli impianti domestici ed una taglia maggiore per impianti su edifici pubblici ed imprese, possiamo stimare che nel nostro paese esistano all’incirca 2 milioni di impianti. Se consideriamo che il numero delle sole utenze domestiche è di circa 58 milioni, si intuisce che la strada da percorrere sia ancora tantissima. L’Italia si colloca al 12 posto nell’ambito dell’Unione Europea come potenza installata pro capite (Figura 1).
Allora viene da chiedersi come sia stato possibile e così rapido adottare il giustissimo provvedimento che ci ha obbligati alla sostituzione delle lampadine a incandescenza con sistemi di illuminazione ad alta efficienza, e perché non sia possibile fare la stessa cosa con gli impianti per la produzione di ACS. E’ un intervento quanto mai urgente, di semplice applicazione (non occorre sventrare le abitazioni), e naturalmente si potrebbero fare salve le situazioni di tutela ambientale ed architettonica. Ma ci sono comunque milioni di utenze dove questa tecnologia (tra l’altro incentivata) potrebbe essere implementata nel giro di pochi mesi.
Il costo energetico per la produzione di ACS rappresenta il 10% circa dell’intera spesa energetica per il settore residenziale, corrispondenti all’incirca a 3 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep), equivalenti a 3,6 miliardi di metri cubi di gas e a 12,8 milioni di tonnellate di emissioni di CO2, che potrebbero essere evitate.
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