Energia
Nicolazzi: “Vi spiego perchè il price cap che piace all’Europa non sta in piedi”
L’anno che sta per concludersi verrà ricordato certamente, tra le altre cose, per l’esplosione dei costi dell’energia. Uno scenario che ha impattato direttamente sui bilanci delle imprese e delle famiglie italiane.
Uno scenario mai vissuto in passato, con i rincari che hanno azzerato gli utili 2021 delle aziende e un futuro che, per molti, è quanto mai incerto.
Abbiamo chiesto a Massimo Nicolazzi, docente di economia delle fonti energetiche all’Università di Torino, una vita tra gas e petrolio, da Eni a Lukoil fino a Centrex, come vede l’attuale situazione e se le misure introdotte sono sufficienti a scongiurare conseguenze drammatiche.
Professor Nicolazzi la presidente della Commissione Ue, Von der Leyen, ha detto che avremo un price cap entro la fine dell’anno, come chiesto anche dall’Italia. È la soluzione per evitare i super aumenti del prezzo del gas?
Ho sempre avuto forti perplessità su questo strumento. Dai draft che vedo uscire da Bruxelles, per come è configurato adesso, il price cap non ha senso. Trovo ci sia una sproporzione che non condivido tra il tempo che la politica e le istituzioni a livello europeo impiegano ad occuparsi di price cap e il tempo che non impiegano ad occuparsi della capacità di sussidio dei singoli Stati al fine di non falsare la concorrenza.
Ci faccia un esempio…
Il Governo tedesco ha messo un price cap al consumo. Ha messo in campo, per il gas, 96 miliardi di euro con parte dei quali garantisce alle aziende energivore tedesche che potranno, per un anno, acquistare gas al prezzo massimo di 70€ MW/h.
Così a risentirne è la concorrenza delle aziende, nel nostro caso italiane, sui mercati globali?
Il tema della concorrenza è un tema serio. Se, come Paese, andassimo a Bruxelles a dire che aiuti e sussidi devono essere coordinati a livello europeo invece di invocare il price cap credo aiuteremmo molto di più le nostre aziende.
Per aziende e cittadini le preoccupazioni erano rivolte all’inverno ormai alle porte. L’Italia si è mossa per garantirsi scorte sufficienti di gas. Siamo fuori pericolo?
Abbiamo avuto un’ondata di caldo che è durata fino alle metà di novembre che unita al calo della domanda ha permesso di avere un consumo inferiore del 25% rispetto alle stime. L’inverno 2022-23 possiamo affrontarlo con un leggero ottimismo, le preoccupazioni maggiori sono rivolte all’inverno 2023-24.
L’operazione di “derussificazione” delle forniture, quindi, non darà risultati nel breve periodo?
Dipende cosa intendiamo, a oggi la “derussificazione” sembra riguardare solo il gas che arrivava dalla Russia via tubo, mentre le importazioni di gas naturale liquido (GNL ndr) russo in Europa sono, senza che nessuno ne parli, in aumento. Per quanto poi riguarda il gas russo via tubo l’Italia è il Paese europeo che ne riceve di più. Se guardiamo i dati – al netto degli annunci – vediamo che lo scorso 29 e 30 novembre abbiamo superato i 30 milioni di metri cubi al giorno arrivati dalla Russia. Scopriremo anche che a stoccaggi riempiti abbiamo avuto gas in eccesso ed anche che nell’anno in corso l’Italia avrà ri-esportato oltre 3miliardi di metri cubi, pari, in pratica, al 100% della produzione nazionale.
Quindi il mercato sta seguendo logiche che poco hanno a che fare con la guerra in Ucraina, ci sta dicendo questo?
Il mercato post covid era corto molto prima dell’inizio della guerra in Ucraina. Il 2021 è cominciato sotto i 20€ al MWh, il 20 dicembre dello stesso anno si è registrato un prezzo di 130€ al MW/h o giù di lì. Due mesi prima dell’inizio della guerra c’è stato un picco di prezzo a livello di quello attuale. La guerra ha esasperato le difficoltà di un mercato già corto.
Gli Stati Uniti possono essere una parte della soluzione al problema?
Vede il governo USA non dispone direttamente di gas. Il gas USA viene movimentato con contratti free on board (FOB ndr). Il “gioco” delle destinazioni per i carichi non vincolati da contratti di lungo periodo lo fanno i trader, non Biden. Da quando il prezzo europeo, qui sì complice la guerra, ha superato il prezzo asiatico i trader hanno tutto l’interesse possibile a mandarci GNL. Comprano a prezzo americano e rivendono a prezzo europeo, Per intenderci portare qui il gas liquefatto gli costa tutto compreso meno di 40 Euro MWh e lo rivendono, oggi, a 150.
Ritorniamo alla Russia, difficile ipotizzare, ad oggi, un ritorno alla normalità anche se – come tutti ci auguriamo – la guerra dovesse finire. Lei che idea si è fatto?
Non entro nel merito della geopolitica, ma se guardiamo al settore energia una normalizzazione dei rapporti tra i Paesi OCSE e la Russia se mai avverrà non avverrà comunque in tempo breve. Difficile immaginare come, quando e se, Nord stream 1 e/o 2 verranno ripristinati. Lo scenario per domani è comunque di “derussificazione”. E ci vorranno due, tre anni per disporre globalmente di una capacità produttiva che riequilibri domanda e offerta in assenza di gas russo. E in tutto ciò c’è una grande contraddizione.
Quale?
Oggi abbiamo bisogno di più metano, per avere più metano servono più infrastrutture e quelle si ripagano in 10-20 anni, serve garantire quegli investimenti. Se i programmi di decarbonizzazione saranno rispettati, ne risulterà che noi abbiamo bisogno di “nuovo” gas sostitutivo del russo per i prossimi 3-4 anni e però anche che dalla fine del decennio i nostri consumi di gas naturale dovrebbero speditamente decrescere. In questa situazione nuove infrastrutture europee possono essere solo finanziate o direttamente dal pubblico o da capitale privato cui il pubblico dovrà garantire comunque un ritorno.
Si parla della, ormai, famosa transizione green. Lei che è uno dei massimi esperti italiani di idrocarburi è favorevole?
Si alle fonti alternative, si deve, fare non ho dubbi. Idrogeno a parte se parliamo di rinnovabili il tema è un tema di permitting (il quadro normativo ed autorizzativo per l’avvio e la gestione degli impianti industriali ndr) che in Italia resta piuttosto complesso, ma mi lasci fare un plauso all’ex Ministro Cingolani che, in questo, ha fatto molto bene. Abbiamo avuto quest’anno un numero di installazioni record rispetto alla normalità italiana.
Lo scenario più plausibile, quindi, stando alle sue previsioni è quello di una non-normalizzazione della situazione, soprattutto per quanto riguarda i rapporti Europa-Russia e una decisa direzione verso la transizione green?
Andiamo per punti. Il primo: penso che non vedremo una normalizzazione dei rapporti con la Russia nei prossimi anni. Quello che può succedere è che si passi dai tempi della globalizzazione al tempo degli emisferi, in termini supply chain energetica, con la Russia che guarderà sempre di più all’Asia. Il secondo è che la transizione green è sicuramente la direzione, ma non ha tempi brevi.
Quindi in tempi brevi che possiamo fare?
Innanzitutto, intervenire sulla domanda, via efficienza. Tutto quello che incentiva una riduzione della domanda è benvenuto. Poi, sostenere il completamento delle infrastrutture che servono per affrontare i prossimi 3 o 4 anni.
Sta parlando dei rigassificatori?
Si, sono necessari.
Continui pure…
Infine, bisognerebbe ulteriormente migliorare i tempi del permitting per velocizzare la transizione green.
Non ha parlato di idrogeno, è una strada alla quale non crede?
L’idrogeno meriterebbe una chiacchierata a parte. L’Unione Europa, la cui commissione è tra i massimi paladini dell’idrogeno verde ha disegnato un percorso di transizione dal gas ai “gases” (metano, bio gas, idrogeno) con riduzione graduale del metano. Se guardiamo le previsioni europee vediamo che la linea dell’idrogeno inizia ad ingrandirsi alla fine del prossimo decennio; con l’idrogeno che si rende progressivamente disponibile anche per usi civili. Sinceramente non so se e come ci arriveremo.
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