Clima

Nella transizione ecologia prevarrà la Politica o la finanza?

8 Dicembre 2019

A fronte della inevitabile transizione ambientale per i cambiamenti climatici di cui tutti parlano, il mercato dei fossili non sta a guardare. Un recente accordo Putin- Xi Jingping darà luogo ad un affare da 400 miliardi di dollari.

Secondo l’agenzia di stampa cinese Xinhua, il costruendo gasdotto “Power of Siberia”si dispiegherà per oltre 8.100 chilometri attraverso i due paesi, a partire dalla riserva di Yakutia e poi da Kovyktinskoye (2.7 trillion mc) e fornirà 38 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno entro il 2024, con la gestione di Gazprom, compagnia di stretta osservanza putiniana gestita dal fedele Alexei Miller. La pipeline è lo sviluppo attuale di un pregresso accordo di 30 anni firmato da Putin e Xi nel 2014 e, sebbene non sia stato annunciato un dato definitivo, si ritiene che valga oltre 400 miliardi di dollari.

A ciò si aggiunga che nell’aprile scorso la EXXONMobil ha annunciato un accordo ventennale per fornire alla Cina gas naturale liquefatto. Nel frattempo, la Cina dovrebbe superare l’Unione Europea già nel 2021 come leader mondiale nell’uso dei pannelli solari. Ossia i cinesi consumano fossili per produrre energia alternativa, mentre almeno in Europa la Norvegia con il suo Fondo Sovrano investe in energie alternative  i profitti sui fossili. Due filosofie di approccio al problema affatto diverse.

Mentre dunque si siglano accordi siffatti, tutti proiettati sui fossili, con un reperimento giornaliero planetario di oil sui 50 milioni di barili, qualcosa si muove timidamente nel mercato e nella finanza internazionale per accendere definitivamente la transizione verso la sostenibilità. Finanza Etica e Sostenibile oggi sono termini destinati a rendere meno stridente l’ossimoro intrinseco contenuto. Lo dimostra il fatto che le maggiori banche del mondo, gli investitori istituzionali e lo stesso mercato chiedono una maggiore divulgazione dei rischi e delle opportunità legati al clima delle banche e delle modalità di gestione delle opportunità, anche economiche che si profilano.

Numerosi studi di settore indicano che, in assenza di cambiamenti, il valore a rischio comporterebbe una riduzione permanente tra il 5% e il 20% del valore del portafoglio in poco più di un decennio. Così circa 100 investitori con un patrimonio gestito di $ 1,8 trilioni, inclusi fondi pensione, proprietari di asset e gestori patrimoniali come Candriam Investors Group e Hermes EOS, hanno ufficialmente sollevato il problema con gli amministratori delegati di sessanta delle maggiori banche del mondo, tra cui Australia e New Zealand Banking Group, Bank of America, Deutsche Bank, HSBC Holdings, JP Morgan Chase, Mitsubishi UFJ Financial Group, Inc. e TD Bank.

L’alert (https://shareaction.org/investor-letter-bank-low-carbon/)  fa parte di una più ampia iniziativa di coinvolgimento degli investimenti in cambiamenti climatici con la cooperazione del mondo bancario e finanziario. L’annuncio di questa iniziativa è arrivato nel corso della Climate Week di New York, una kermesse che ha riunito aziende, investitori, governi e società civile per promuovere progressi più rapidi nell’affrontare il cambiamento climatico.

Il tutto è basato sui Rapporti, pubblicati da ShareAction, “Banking on a Low Carbon Future”, una guida per gli investitori sull’impegno con le banche sui cambiamenti climatic che segue il Rapporto “Common Asset Management” di Boston pubblicato “On Borrowed Time: Banks & Climate Change”, evidenziando i progressi ma soprattutto i divari in atto del settore bancario globale nelle iniziative per limitare il cambiamento climatico.

Mentre la politica planetaria si concentra in accordi sui fossili, il mondo della Finanza vede grandi opportunità. Chi prevarrà? La domanda è pleonastica.

 

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