Energia
Merkel: il cambio dell’Europa o cambio l’Europa?
Il 25 marzo la UE terrà in Italia un vertice per celebrare i sessant’anni del Trattato fondante della Comunità europea diventata poi Unione. In quella occasione la Merkel chiederà, e avrà, un documento che sancisca un’Europa a velocità variabile. Il numero di marce certamente sarà crescente come il divario che esso significa. Un’Europa di Intoccabili e un’altra di Bistrattabili. In verità ha anche ragione: la realtà politica dell’Europa non prescinde da quella economica. Ma, per quanto possa essere plausibile, non è solo l’euro la moneta di misura o di scambio che fa la differenza tra Paesi a dimensione economica variabile, secondo il Teorema Merkel. Cosa dunque fa o ha fatto la differenza? La risposta è Gas & Greggio! Vediamo come attraverso alcuni passaggi cronistorici.
Nel 2015 alcuni paesi si riuniscono a Visègrad e danno vita ad un patto economico di solidarietà. Sintetizziamo dall’ottima analisi di Matteo Cazzulani (Non solo Siria, a New York nasce il nuovo Intermarium, la voce arancione, 5.10.2015). E’ il concerto dei Paesi Baltico-Adriatico-Mar Nero (Polonia, Bulgaria, Croazia, Romania, Slovenia, Slovacchia, Austria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania ed Ungheria) si è costituito in gruppo operativo denominato Intermarium anche allo scopo di contrastare la politica franco-tedesca sempre più aderente a Mosca, stigmatizzando come il North Stream possa isolare energeticamente l’Europa del Centro- Nord. Quindi un’area politica consistente che si propone una interdizione non solo ai fini energetici ma che ha l’ambizione di contrasto politico. A tal punto che nell’aprile 2016, tra Polonia e Danimarca è stato sottoscritto un accordo per la costruzione della Baltic Pipe, una pipeline idonea a trasferire gas norvegese verso la Polonia e non solo. L’accordo prevede la utilizzazione dei rigassificatore polacco di Świnoujście quello croato di Krk e quello lituano di Klaipeda. Di questo accordo beneficeranno anche i paesi dell’Intermarium nel segno di una diversificazione energetica volta a liberarsi della tenaglia russa.
A sud la realtà è ancora peggiore. Il Corridoio Energetico Meridionale è dato da un altro fascio di pipelines. Innanzitutto il South Stream, gasdotto progettato dalla Russia, il cui tracciato di 3600 km va dal versante russo del Mar Nero fino al porto di Varna, in Bulgaria, per poi risalire i Balcani lungo Macedonia, Montenegro, Serbia, Ungheria, Slovenia e Italia. Lo scopo di South Stream era quello di impedire alla Commissione Europea la realizzazione del piano di diversificazione delle forniture di gas, aumentare la dipendenza dell’Ue dal gas russo con il trasporto diretto in Europa centro-meridionale di 63 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
Noto anche come «gasdotto ortodosso» (attraversa anche Paesi di religione ortodossa) il South Stream era sostenuto politicamente sia dal Cremlino sia dai Paesi dell’Europa occidentale che, rispetto le iniziative comuni della UE, preferiscono perseguire una linea politica nazionale non dipendente, come Germania, Francia, Olanda e Belgio (Cazzulani M., 2012). Iniziato e fallito come progetto, dopo la caduta di Gheddafi ed i contrasti tra Putin ed Erdogan, viene rimpiazzato dalla TAP, Trans-Adriatic- Pipeline, progettato per collegare il confine tra Grecia e Turchia all’Italia meridionale attraverso l’Albania, il compito di veicolare gas azero verso l’Europa.
La Tap, indicata dal Consorzio Shah Deniz quale più conveniente alternativa al Nabucco, è compartecipata attualmente dalle compagnie Bp (20%), Socar (20%), Statoil (20%), Fluxys (19%), Enagas (16%) e Axpo (5%), (Francesca Gerosa, 2013:Flavia Scarano, 2014) mentre fino al 2012 erano presenti Snam (20%) British Petroleum (20%), l’azera SOCAR (20%), la belga Fluxys (19%), la spagnola Enagas (16%), la svizzera Axpo ( 5%).
Il 28 giugno 2013, il Consorzio Shah Deniz II ha scelto la TAP per il trasporto del gas dell’Azerbaigian in Europa preferendolo al progetto concorrente Nabucco West. Il contratto prevede una fornitura-record pari a circa 130 miliardi di Euro) (Gasdotto Tap selezionato per portare gas azero in Europa, ilvelino.it, giugno 2013), (Francesca Gerosa, 2013, Shah Deniz II investirà 20 mld, al via gasdotto Tap, MilanoFinanza, 17.12.2013).
Anche il destino di questo oleodotto appare controverso: in via di completamento nei suoi 3500 km dall’Azerbaigian, è il suo ultimo miglio, relativamente all’approdo in terra di Puglia, il percorso più difficile da realizzare. Sarà la Consulta a decidere se accettare il progettato attracco della pipeline sulla spiaggia di S. Foca in Salento o verificare l’ipotesi di Brindisi caldeggiata dalla Regione. Infatti il 29 dicembre 2016 la Regione Puglia deposita un ricorso alla Corte Costituzionale avverso la decisione del Governo di localizzare la foce della pipeline presso la spiaggia di S. Foca. Il motivo del ricorso è la semplice attuazione del Titolo V della Costituzione che demanda alla Regione la competenza laddove il Governo si era avvalso del “carattere strategico” dell’opera. Malgrado questi ritardi burocratici, la previsione è quella di poter completare l’opera entro il 2020.
Dunque la Merkel non ha fatto che ratificare nelle sue dichiarazioni ciò che la realtà aveva indicato: l’energia ha spaccato l’Europa in almeno partes tres. E questo sin dal 2011, morte di Gheddafi, poi Primavera Araba, poi ancora fallimento del South Stream.
Il patto franco-tedesco-belga-russo, benché non esplicitato ma manifesto in numerose occasioni pubbliche, ha sul versante energetico un caposaldo forse imprescindibile di cui il North Stream è il braccio più evidente. Si delineerebbe dunque lo scenario di un‘Europa a tre velocità, energetiche e non solo: Francia Russia e Germania, con Olanda e Belgio, dall’altro i Paesi dell’Intermarium ed infine i Paesi mediterranei che poi dovranno gestire le vie energetiche alternative a quelle nord-continentali.
Come appare dal contesto, è la politica energetica che, forse più dell’euro, detta le diversità tra i Paesi e costituisce la cartina di tornasole delle divisioni nel seno della UE, che vede fronti contrapposti. Da un lato l’asse franco-tedesco con Belgio e Olanda, con il supporto della Russia, dall’altro i Paesi centroeuropei, Polonia, i Baltici, Romania, Bulgaria che aderiscono all’Intermarium. Un terzo gruppo, i Paesi mediterranei, preferiscono non assumere posizioni di rottura.
La teoria della Merkel è già in vigore dal 2011, anno della caduta di Gheddafi ma nessuno sembra se ne sia accorto. Adesso in campagna elettorale dovrà spiegare ai suoi elettori se un “supereuro” targato Marco aiuterà le esportazioni.
fonte:
European Res. Group On Automotive Medicine, A Ferrara et al. La vita al tempo del Petrolio, Agora & Co, Lugano 2017
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