Energia
L’idrogeno in Italia e in Europa: a che punto siamo?
“All’Italia serve una strategia nazionale per l’idrogeno nel medio-lungo termine in modo che le imprese impegnate su questo fronte abbiano visibilità per poter programmare un business model sostenibile nel tempo, avendo anche contezza della presenza o meno di supporti o incentivi per chi investe nel comparto”.
Con queste parole Dina Lanzi – Presidente del Comitato Italiano Gas, Vice Presidente dell’Associazione Italiana Idrogeno e Head of Technology Development in Snam, esprime la sua posizione e indica le prossime mosse che l’Italia dovrebbe mettere in atto per poter usufruire a pieno delle risorse nazionali ed europee (il PNRR prevede 3,64 miliardi di euro per lo sviluppo di questo vettore energetico).
Secondo Lanzi è inoltre necessario garantire a tutte le aziende la disponibilità e la comprensione del materiale informativo che permetta loro di partecipare ai bandi sui finanziamenti del PNRR. Infatti, alcune di esse si sono tirate indietro a causa della poca chiarezza normativa e della difficoltà burocratica nell’ottenere tutte le autorizzazioni necessarie.
Inoltre, sempre secondo Lanzi, i piani su cui si avverte la mancanza di un terreno solido di tipo normativo sono tre: “il primo è di tipo tecnico in quanto a oggi non sono state ancora sviluppate le regole su come installare e manutenere le apparecchiature pronte a gestire la molecola verde, come pure gli pianti di produzione. Manca poi un framework regolatorio sull’idrogeno come, invece, è stato fatto per il gas e si sta cominciando ad approntare per il biometano. E occorre, infine, un piano di lungo termine a livello nazionale perché in assenza di un simile snodo, le aziende che magari non hanno le spalle sufficientemente grandi hanno difficoltà ad assumersi il rischio di un investimento ‘al buio’.”
Strutture a disposizione e passi in avanti: il caso del SoutH2 Corridor
In Europa però qualcosa si muove e il 9 maggio scorso i ministri dell’Energia di Austria, Germania e Italia hanno firmato una lettera congiunta per sollecitare l’UE a favorire lo sviluppo del cosiddetto “corridoio meridionale dell’idrogeno”, il SoutH2 Corridor, riconoscendogli lo status di Progetto di Comune Interesse (PCI), meccanismo con cui l’Europa sta pianificando le infrastrutture energetiche di interesse strategico transnazionale.
Si tratta di una pipeline per il gas di 3.300 km abilitata anche al trasporto di idrogeno, in capo a un consorzio guidato da Snam e del quale fanno parte anche Tag e GCA per l’Austria, Bayernets per la Germania e Sea Corridor, una joint venture tra Snam ed Eni cui fanno capo i gasdotti che partono dall’Algeria e arrivano a Mazara del Vallo. L’infrastruttura connetterebbe Nord Africa, Italia, Austria e Germania, portando l’idrogeno verde prodotto da fonti rinnovabili nell’Africa del nord verso quei principali punti europei (città e poli industriali energivori) che hanno una forte richiesta di energia e, insieme, di soluzioni convenienti ed efficaci per la decarbonizzazione. Il SoutH2 Corridor è stato concepito per riutilizzare per buona parte le infrastrutture già esistenti, raddoppi di linee e relativi nuovi investimenti. Il 70% della rete di Snam in Italia, ad esempio, è già abilitata al trasporto di molecole verdi. Il SouthH2 Corridor potrebbe trasportare più di 4 milioni di tonnellate annue di idrogeno verde ovvero circa il 40% del target di importazione fissato per l’intera Unione Europea al 2030 dal piano REPowerEu, che nel complesso punta a una produzione annua di 20 milioni di tonnellate (10 interne all’UE e 10, appunto, importate da altre aree geografiche).
In parallelo, al fine di agevolare la transizione energetica, sarà necessario intensificare gli sforzi per rendere l’idrogeno verde sempre più conveniente, introducendo strumenti di contrattazione di lungo termine che ne garantiscano la maggiore competitività economica.
Decarbonizzazione e trilemma energetico
Sullo sfondo resta la necessità di gestire quello che viene definito il “trilemma energetico”, cioè l’esigenza di equilibrare le tre dimensioni fondamentali dell’energia: sicurezza, competitività e sostenibilità ambientale delle forniture. Fra le aziende impegnate nella ricomposizione di tale trilemma c’è anche Snam, che con il suo Piano strategico 2022-2026 presentato lo scorso gennaio, intende da un lato garantire la sicurezza energetica dell’Italia e al contempo perseguire, entro il 2040, la propria neutralità carbonica, contribuendo alla decarbonizzazione del Sistema Paese. Oltre a lavorare sul fronte dell’efficienza energetica e dell’idrogeno, l’azienda è attiva anche nello sviluppo di un altro green gas come il biometano, e nell’avanzamento di progetti per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio della CO2.
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