Energia

L’attualità di Enrico Mattei a centodieci anni dalla nascita

29 Aprile 2016

Enrico Mattei ha riassunto attorno alla sua figura più che le qualità, le vere e proprie tipicità di quello che potremmo definire l’italiano del Novecento. Nato ad Acqualagna, un piccolo paesello tra Pesaro e Urbino, Enrico Mattei è figlio di un carabiniere e cresce nell’ambito di quella piccola borghesia che sarà l’ossatura civile di un paese che ancora stenta ad aprirsi realmente al mondo. Nel 1906 l’Italia ha completato da un anno il Traforo del Sempione e ospita L’Esposizione Internazionale a Milano. Il tema scelto per l’Esposizione è proprio quello dei trasporti, quanto mai cruciale alla nascita del Novecento. In quel tempo l’Italia è un paese prettamente agricolo per non dire agreste e Mattei cresce giocandosi le poche carte a disposizione tra tentennamenti scolastici e primi lavori. Si rivelerà da subito quale vero e proprio self made man, ma in quella chiave poco americana e molto italiana in cui l’intuizione figlia di una cultura millenaria prevale su una poco adatta mistica del successo. Mattei cresce professionalmente all’interno di una piccola fabbrica, poi si trasferisce a Milano e fonda un’azienda chimica con cui riesce a divenire fornitore per l’esercito italiano. A trent’anni Mattei è un imprenditore di successo, ma è ancora pronto a mettere tutto in gioco: vicino ai movimenti cattolici antifascisti, Mattei entra nella Resistenza e diviene una figura di spicco dei cosiddetti partigiani bianchi.

Enrico Mattei è un uomo contraddittorio eppure determinato, visionario, ma di grande concretezza. Uomo dall’intelligenza rapidissima, scaltro e al tempo stesso conscio dei propri limiti si lega a figure intellettuali in grado di definirne lo sguardo come Giuseppe Dossetti, Aldo Capitini e Giorgio La Pira, ossia il meglio dell’intellighènzia cattolica che fu l’ispiratrice della classe dirigente del secondo Novecento in Italia. Mattei però non si ferma qui, non è arginabile nei recinti della Democrazia Cristiana. Mattei è un battitore libero e quando viene nominato amministratore liquidatore di Agip intuisce le potenzialità dell’azienda attraverso quelle che sono le necessità di un paese drammaticamente affamato di energia.

Enrico Mattei è un visionario realista che legge il futuro attraverso le necessità del presente letto come un terreno di conflitto dentro al cui si aprono incredibili occasioni e spunti per una crescita economica, ma sempre in un un’unica ottica che contiene sociale e culturale. L’energia serve all’Italia per dare benzina alle sue fabbriche, per dare cibo ai suoi abitanti. Conoscenza e quindi anche potere politico per una nazione uscita a pezzi economicamente, moralmente ed eticamente dal fascismo che può così ritrovare una centralità nel dibattito decisionale globale. Enrico Mattei è un costruttore di ponti tra paesi economicamente in via di sviluppo come è allora l’Italia e paesi ricchi di materie prime. Uno sviluppo che si affianca ad una crescita democratica: certo Mattei costruisce ponti perché siano attraversati, non teme il confronto e anzi lo stimola sia con Il Giorno che entra nel gruppo Eni sia con un giornale aziendale, Il Gatto Selvatico che è tutt’oggi un esempio di rivista culturale moderna e innovativa.

Quelli che per molti sono stati (e sono) traguardi per Mattei sono strumenti necessari e utili di un’innovazione continua che ha a cuore il futuro in quanto parte organica del presente, segno vitale di una contemporaneità pulsante e non solo l’immagine sognante di un futuro privo di agganci con la realtà, con il possibile. Certo per Mattei il possibile viveva in un ambito molto più ampio di quanto generalmente viene confinato.

L’idea di azienda pubblica era un concetto di mercato regolato ai fini di una comunità attiva e non il risultato di ruoli di potere detenuti da presunti rappresentanti pubblici, Eni era per Mattei lo strumento necessario per un fine che coinvolgeva tutto il Paese in un’ottica di crescita e ambiziosa egemonia nel Mediterraneo. Mattei non concepiva le sue strategie a tavolino, ma nella polvere di una nazione che usciva dalla disperazione per entrare in un boom ancora oggi simbolo di energia e dinamismo.

A centodieci anni dalla sua nascita è sempre più evidente come Enrico Mattei simboleggi quel miracolo economico quale interprete e fautore principale di un momento storico in cui l’Italia seppe cogliere le sfide con il presente a livello politico, sociale e imprenditoriale: guidare Eni fu un modo per leggere il paese e verificarne giorno per giorno i suoi cambiamenti cogliendo al volo bisogni e occasioni. Contadino con l’anima da imprenditore, uomo di stato, ma anche scaltro uomo d’affari, uomo di potere capace di visione politica e agitatore d’idee d’incredibile apertura, tutto quello che oggi sarebbero contraddizioni insanabili e per certi versi ingestibili in Mattei si fondevano con limpida coerenza e dinamico attivismo.

Forse oggi Mattei sconterebbe un eccesso di protagonismo o più semplicemente nemmeno riuscirebbe a raggiungere posizioni di prestigio e potere. Non va sottovalutato infatti che l’eccezionalità della sua parabola è anche figlia di un pensiero condiviso a più livelli da una classe dirigente oggi vero rimpianto di un paese che allora fu capace di reagire compatto e di crescere seppur tra incredibili dimenticanze e mal celate disuguaglianze. Oggi non mancano certamente i Mattei come non mancano aziende e imprese in grado di sfidare i mercati globali. Anzi l’Italia è oggi in una condizione di competitività e agiatezza allora nemmeno immaginabile. Manca forse una certa consapevolezza e una visione realmente condivisa di cosa sia il futuro, non solo nel suo desiderio, ma nel concreto sviluppo di una contemporaneità che troppo spesso si preferisce evitare. Non va dimenticato che dire Mattei significava infatti nominare un ecosistema fatto di giovani collaboratori, politici responsabili, tecnici appassionati e soprattuto intellettuali audaci e ispiratori che oggi in parte mancano, ma soprattutto latitano nello sfidare il conformismo imperante. Oggi a mancare è il coraggio culturale che Mattei figlio del cuore aspro e contadino dell’Italia aveva in dote perché la sua storia personale era la stessa di quella terra millenaria.

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