Energia
il Piano contro Mattei
Lettura interessante quella dei Resoconti parlamentari della III Legislatura dell’Assemblea Regionale Siciliana, in specie la seduta n. 149 del 19-20 dicembre 1956. Da questa si deduce che il Piano e la Dottrina Mattei avevano come perno il multilateralismo in politica estera e per questo fu avversato da un robusto fuoco amico.
Colajanni Pompeo[1]: Nel campo del petrolio mentre viene violata in modo scandaloso la stessa legge regionale e gli interessi siciliani e nazionali premono perché le nostre proposte di creazione dell’ente siciliano e di suoi accordi con l’ente di Stato possano diventare operanti realtà, l’onorevole La Loggia raggiunge le vette della reticenza e del sostanziale ossequio al monopolio straniero senza lasciarsi sfiorare dalla preoccupazione per le gravissime conseguenze dell’aggressione imperialista all’Egitto ( pag.737 resoconti parlamentari, ARS III Legislatura)
La Loggia Giuseppe, Presidente della Regione[2]: La produzione di benzina, che nello Stato dal 1951 al 1953 è aumentata del 29 per cento, in Sicilia è cresciuta dell’88,1 per cento, passando da 87.776 tonn. a 165.056; quella del petrolio raffinato è aumentata nello Stato di poco meno di 1/3, mentre nella Regione ha presentato una variazione relativa superiore al 43,3 per cento; quella del gasolio è aumentata nello Stato del 37 per cento e in media è più che raddoppiata; quella degli altri oli, del 29 per cento dello Stato e del 60 per cento nell’Isola. (pag. 330 resoconti parlamentari)… Esito positivo hanno dato, come è noto, le ricerche petrolifere nel ragusano, essendosi rinvenuto con il primo pozzo uno strato mineralizzato della potenza di circa 200 metri, con una produttività di 110 tonnellate al giorno. Un secondo pozzo, ubicato a circa 500 metri di distanza dal primo, ha dato pure risultato positivo e la sua produttività, che è in corso di definitivo accertamento, deve considerarsi approssimativamente eguale a quello del primo (pag. 339 resoconti parlamentari)… Noi non abbiamo alcuna ragione di opporci ad investimenti per iniziative sane, che si pongano sullo stesso piano delle altre, nel libero gioco delle forze economiche, non per instaurare monopoli, ma per fronteggiarli. L’E.N.I. svolge in Sicilia la sua opera di ricerca, ha trovato il petrolio a Gela e dispone di concessioni per ricerche petrolifere su una estensione di 350mila ettari. Altre richieste di concessione saranno esaminate prossimamente. Vi sono state trattative col precedente Governo, di seguito a quelle che hanno avuto luogo col Governo nel quale io ero Assessore alle finanze e l’onorevole Bianco Assessore all’industria. Tali trattative sono state ulteriormente riprese da me stesso, pur entro i brevi limiti di tempo dei quali ho potuto disporre; darò a tempo opportuno precisazioni all’Assemblea. (pag. 714 resoconti parlamentari, ARS, III Legislatura).
Subito dopo la fine del Conflitto Mondiale, non era sfuggito agli Alleati approdati in Sicilia, nel 1943, che il suo sottosuolo fosse ricco di oro nero. Le prime ricerche iniziarono nel 1949 nell’area ragusana che si supponeva ricca. La sistematicità nella ricerca fu dovuta alla presenza di Compagnie come l’americana Gulf che nel 1953 rinvenne 20 milioni di tonnellate di petrolio, a quel tempo il maggior giacimento di petrolio dell’Europa occidentale, collegandolo alla raffineria di Augusta. Nel 1953 la sua produzione fu di circa 2500 tonnellate di petrolio, rapidamente incrementata a 493.000 tonn nel 1956 e poi a 1.437.308 tonn nel 1958. In quell’anno, la produzione del giacimento contribuiva al 90% della produzione petrolifera italiana, coprendo il 10% della richiesta nazionale di petrolio. Anche l’Azienda dello Stato AGIP nel 1956, a Gela, partecipò alle ricerche rinvenendo un giacimento caratterizzato da scisti bituminosi molto densi e con rinvenimenti a Vittoria, Castelvetrano (metano in prevalenza) mentre si allestiva il primo impianto offshore europeo, la piattaforma-pozzo Gela mare 21, realizzato nel 1959. Nello stesso periodo tra i monti di Gagliano Castelferrato, ultimo territorio visitato da Mattei prima di morire, fu rinvenuto un giacimento di gas e condensato.[3] Oggi il petrolio estratto dai giacimenti siciliani, nel 2012 incide per il 12,6% nella produzione complessiva nazionale con una capacità di raffinazione pari a 49.2 milioni di tonnellate/anno, corrispondente al 43% di quella nazionale ed una potenzialità di esportazione isolana pari al 72%. (Savà, 2014)[4]. Ma allora si riteneva che il gioco valesse l’arrivo delle Compagnie americane, Gulf in prima posizione e poi Exxon, per le concessioni.
1950. Risale a quell’anno l’origine delle concessioni, quando l’Assemblea Regionale Siciliana il 17 febbraio , ben tre anni prima della costituzione dell’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) promulga una legge (n. 30) di regolamentazione sulle concessioni minerarie e soprattutto sugli idrocarburi liquidi e gassosi, affidando alla Regione competenza legislativa esclusiva sulla materia, in ossequio alle disposizioni dello Statuto della Regione Siciliana. Il quale recita che “fanno parte del patrimonio indisponibile della Regione (…) le miniere, le cave e torbiere, quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo” (art. 33) e riconduce la disciplina di tali “materie” entro la competenza legislativa esclusiva della Regione (art. 14). Con la sentenza 4 luglio 1950, n. 4, l’Alta Corte per la Regione Siciliana, che aveva convalidato la Legge Regionale 30/50, aveva escluso che la disciplina regionale degli idrocarburi si ponesse in contrasto con l’interesse nazionale. L’efficacia della legge, sosteneva la Corte, era limitata alla Regione Siciliana e la circostanza che i risultati economici derivanti dall’esercizio delle attività petrolifere potessero ripercuotersi sull’economia nazionale era “conseguenza di ogni attività che si svolga o si ometta nel territorio dello Stato”. Ciò, pertanto, non poneva alcun problema di contrapposizione con lo Stato: la Regione esercitava “poteri suoi, costituzionalmente attribuitile, nella circoscrizione che è parte dello Stato; e l’interesse regionale è anche interesse nazionale”. Secondo Enzo Di Salvatore,[5] …“Circa, invece, la definizione della materia “miniere” ricompresa nel catalogo dell’art. 14 Statuto, è possibile sostenere che in essa siano riconducibili gli oggetti già disciplinati dalla legge mineraria e, dunque, per quel che qui interessa, anche gli idrocarburi liquidi e gassosi nei termini precisati dal D.R. del 1927”. Ossia anche gli idrocarburi rientrerebbero nei beni indisponibili della Regione? Inoltre L’art. 14 dello Statuto precisa che l’Assemblea regionale ha legislazione esclusiva “nell’ambito della Regione e nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano”. L’art. 33 dello Statuto Siciliano prevede l’attribuzione del patrimonio indisponibile consistente in miniere, cave e torbiere, senza riferimento specifico agli idrocarburi. Tuttavia il precedente art. 32 fa riferimento alle acque marine e territoriali i cui beni sono assegnati alla Regione, tranne i servizi di competenza nazionale. E la ricerca degli idrocarburi potrebbe essere considerata tra quest’ultime. Ma non tutti sono d’accordo. Se nel 1950 ci fosse stata la Corte Costituzionale, si sarebbe espressa come poi enuncerà con la sentenza n. 21 del 1968, sostenendo che “al tempo della promulgazione dello Statuto siciliano (entrato in vigore il 15 maggio 1946 ben 20 mesi prima della Costituzione Italiana) l’esistenza a favore dello Stato del diritto inerente” a risorse energetiche sottomarine fosse “internazionalmente oggetto di serie discussioni”. Secondo il giudice costituzionale non era “supponibile che lo Stato (avesse) attribuito alle Regioni una potestà legislativa e amministrativa su una materia che nemmeno esso poteva ritenere certamente ed indiscutibilmente nella sua sfera, e che comunque internazionalmente, neanche entro un minimo di utilizzabilità, era geograficamente e giuridicamente definita”. In questo modo, la Corte aveva facile gioco nel ritenere che sussistesse una materia – definita “miniera sottomarina”– niente affatto coincidente con quella considerata dall’art. 14 dello Statuto siciliano. Come si vede la quaestio appare assai vexata e oggetto di controversia fino ad oggi. Fatto sta che la LR 30/50 consentì limiti ampli allo sfruttamento a tutto vantaggio delle Compagnie Private senza nessuna norma di contenimento di possibili regimi monopolistici. Così 700 mila ettari vengono concessi alle Compagnie americane soprattutto come la Gulf Oil, concentrata sul territorio di Ragusa, 200 mila alla Montecatini e solo 4.600 all’Agip, Ente di Stato. In breve nella sola area di Ragusa si passò da un’estrazione di 2550 tonn di petrolio a più di un milione di tonn complessivamente dal 1953 al 1957, pari al 12% del fabbisogno nazionale (Basile P.L., 2011).[6]
1955-57 L’intervento di Mattei si fa sentire: l’ENI, Azienda dello Stato ha la priorità nella ricerca nel puro interesse del contribuente e cosi il Presidente dell’Ente, il 12 settembre 1957 al Convegno internazionale sugli idrocarburi, tenuto a Piacenza, ribadiva la summa della sua politica energetica osservando che al cittadino italiano va destinata l’energia al suo costo più basso, tramite intervento dell’economia di Stato a mò di calmiere del mercato. In quella occasione pronuncia aumento degli investimenti in Sicilia, in quei mesi oggetto di contesa. E afferma… È peraltro da presumere che la redditività dei nuovi investimenti nel Sud sarà più che soddisfacente, date le promettenti prospettive della ricerca in quelle zone. Rientrano in questa linea i recenti accordi conclusi dall’Eni con la regione siciliana, riguardanti la concessione di 180.700 ettari...[7] Tuttavia la LR 30/50 attribuisce chiaramente alla Regione Siciliana la prerogativa della gestione esclusiva delle risorse minerarie e di quanto contenuto nel sottosuolo. Mentre si dibatte sulle concessioni domestiche, Nell’aprile del 1955 viene eletto Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, evento che gioca positivamente per le strategie dell’ENI e il contesto politico internazionale, malgrado la guerra fredda, non nasconde sorprese. Nello stesso mese di aprile, a Bandung, Indonesia, ospiti del Presidente Sukarno si riuniscono leader di Paesi come l’Egitto, India, Jugoslavia, con i loro leader Nasser, Nehru, Sukarno, nel contesto della Prima Conferenza Afro-Asiatica di adesione a progetti di cooperazione economica ma con una motivazione politica che poi sarà definita dei “Non Allineati” qualche anno dopo, 1961, a Belgrado. Nasce il progetto del disallineamento dalla politica bipolare che era alla base della guerra fredda con un rifiuto di appartenenza coatta a uno dei due schieramenti. Mattei intuì subito questa opportunità e applicando in chiave mediterranea la politica del disallineamento, strinse in quell’anno un forte sodalizio con Nasser per avviare in Egitto la ricerca petrolifera. Sempre nel 1955, viene firmato un accordo tra la Société Coopérative des Pétroles e la IEOC per la costituzione della Cope, Compagnie Orientale des Pétroles d’Egypte. L’Agip Mineraria e la SAIP assumono una partecipazione del 20,32% nella IEOC, International Egyptian Oil Company. L’anno successivo, il 1956, verrà ricordato come l’anno dell’invasione di Ungheria ma anche del blocco del Canale di Suez, nazionalizzato da Nasser, per limitare il transito dei tanker delle maggiori Holding petrolifere, anglo-americane. La crisi di Suez di ottobre-novembre 1956 si smorzò per interesse e volontà americana di mostrare al mondo arabo la propria diversità rispetto al colonialismo della Gran Bretagna e della Francia. Ciò non impedì al nostro Paese, nella prospettiva d’un vuoto di potere in uno scacchiere strategico per la sicurezza euro-atlantica, l’occasione di precisare il proprio ruolo “neo-atlantico” esordendo con una politica estera di multilateralismo [8] [9], propugnata da Mattei e che nel Mediterraneo aveva il perfetto campo di realizzazione. Dicembre 1956. L’eco di quanto sta avvenendo nel Mediterraneo Orientale non tarda ad arrivare a Palermo e nell’ennesimo confronto in Assemblea Regionale, l’On. Pompeo Colajanni, del Partito Comunista, lancia precise accuse al Presidente della Regione Giuseppe La Loggia sulla “questione petrolio”. La questione ungherese non impedisce i riflettori puntati sul Mediterraneo e Suez, possibile teatro di guerra, mentre la Sicilia diventa terreno di scontro dei mercati. Due anni dopo nascerà il Governo Milazzo, a trazione democristiana ma con maggioranza che più atipica non si può e che fece rabbrividire anche Togliatti. Comunisti + ex-fascisti del MSI.
1958
Il Governo DC, a guida La Loggia, fanfaniano, che durava dal 1956 viene sfiduciato e nel 1958 viene eletto a sorpresa Silvio Milazzo, Assessore Regionale sin dal 1951, con l’ibrido politico di una maggioranza MSI, post-fascisti cioè e comunisti. Un ibrido che passerà alla storia come l’epoca del milazzismo. Un intreccio tra affari e politica di cui fu testimone siciliano il veneto Graziano Verzotto, coniuge della deputata Maria Nicotra di Catania che lo fece assumere all’ENI, lavorò per l’Ente in Sicilia e fu poi eletto in Senato. In sintesi l’Isola fu l’ultimo e sinistro terreno di scontro tra Mattei, le Sette Sorelle, l’allora fiduciaria italiana Montecatini e le compagini DC.
[1] Deputato del Blocco del Popolo. Comandante di Brigata partigiana nell’Ossola con lo pseudonimo di “ Barbato”. Già V.Questore di Torino per il C.L.N. Sottosegretario al Ministero della Difesa nel Governo Parri e nel primo Governo De Gasperi. Già Consigliere comunale di Palermo.
[2] Deputato per la DC all’ARS nelle prime cinque Legislature (1947-1968). Deputato alla Camera dal 1968 al 1983, Presidente della Commissione Bilancio e successivamente al 1983 Presidente dell’Ist. Poligrafico dello Stato.
[3] Vercellino J., Rigo F., Geology and Exploration of Sicily and Adjacent Areas, M 14: Geology of Giant Petroleum Fields, AAPG Special Volumes, 1970.
[4] Savà G. Quanto vale il petrolio siciliano? RGNews, Economia, 21.01.2014.
[5] Di Salvatore Enzo. Lo Stato, La Regione Siciliana e il problema della competenza legislativa sugli idrocarburi liquidi e gassosi. Istituto di Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie ”Massimo Severo Gianninì”. Institute for the Study of Regionalism, Federalism and Self-Government, ottobre 2013.
[6] Tesi di Dottorato di PierLuigi Basile, Università Tre di Roma, Dipartimento di Studi Storici Geografici Antropologici Dottorato di ricerca in Storia (politica, società, culture, territorio) XXV ciclo La Sicilia e il “milazzismo”. Regionalizzazione politica e dinamiche centro-periferia negli anni della difficile transizione italiana (1955-59).
[7] Ferrara A. Enrico Mattei , il visionario. Agora&CO, La Spezia -Lugano, 2022
Bagnato B.[8] L’Italia e la guerra d’Algeria: il governo, i partiti, le forze sociali e l’Eni di Mattei. Convegno su “Erico Mattei e L’Algeria durante la Guerra di Liberazione Nazionale, Algeri 7 dicembre 2010
[9] Sull’atteggiamento dell’Italia si veda Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri – Roma (ora ASMAE), Gabinetto del Ministro 1943-1956, b.65; Archivio Riservato della Segreteria Generale 1945-1958, b.52; Affari Politici Egitto 1956 (in particolare nn. 1053, 1057, 1062, 1063); Ministero degli Affari Esteri, Commissione per il riordinamento e la pubblicazione dei documenti diplomatici, Diplomatic Sources and International Crisis. Proceedings of the 4th Conference of Editors of Diplomatic Documents (Rome 19-21 September 1996), Roma, IPSZ, 1998, in particolare l’articolo di P. Pastorelli, Italy and the double Crisis of 1956. Si veda anche G. Calchi Novati, Il Canale della discordia. Suez e la politica estera italiana, Urbino, Quattro Venti, 1998 e B. Vigezzi, L’Italia e i problemi della ‘politica di potenza’. Dalla crisi della CED alla crisi di Suez, in E. Di Nolfo, R. H. Rainero, B. Vigezzi (a cura di), L’Italia e la politica di potenza in Europa 1950-1960, cit.; sul ruolo svolto dal ministro italiano degli Affari Esteri, Gaetano Martino, durante tutta la crisi, si veda cfr. R. Battaglia, Gaetano Martino e la politica estera italiana (1954-1964), Messina, EDAS, 2000, pp.101-126.
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