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ENI: DAL GATTINO DI MATTEI ALLA TIGRE DI SCARONI E DE SCALZI
La politica estera italiana si fa alla Farnesina od in Piazzale Mattei alla sede dell’ENI?
Bella domanda: anche perché è pleonastica. Si sa benissimo che le scelte internazionali dipendono quasi esclusivamente dal bilancio energetico che è in mano ENI. Ed in fondo è giusto così. La politica è condizionata dall’economia e di questo si deve prendere atto. Lo faceva magistralmente Enrico Mattei. Solo che…mentre Mattei cercava energia la prezzo più conveniente possibile, oggi, tra filiere, industrie di settore, interessi di vario tipo, l’energia è sempre più cara anche se il prezzo del barile scende.
ENI UBIQUITARIA
Le ricerche ENI sono a tutto campo. Innanzitutto nel mare del Nord,l’ENI è presente con un compagnia locale Statoil e la Petoro AS. L’ammontare ascenderebbe a circa 315 milioni di barili, anche se la profondità estrattiva e notevole, circa 1800 m. Questa ulteriore intesa nel midstream del gas potrà consentire a Eni di valorizzare ulteriormente le recenti acquisizioni degli asset di Arctic Gas e Urengoil. I rapporti con l’Egitto iniziano ai tempi di Mattei. Dalle sue parole, pronunciate il 27 settembre 1957 a Piacenza, Convegno Internazionale sugli Idrocarburi ( Piacenza).
…..In Egitto, dai giacimenti di El Belayim e di Abu Rudeis si ottengono ora 3500 t di greggio al giorno, e il ritmo della produzione è in continuo aumento. Si prevede che nel 1958 la produzione raggiungerà i 2 milioni di t, di cui una parte notevole sarà disponibile per il consumo italiano, dopo aver soddisfatto il fabbisogno egiziano. Già dalla fine di giugno hanno cominciato ad affluire nei porti italiani i carichi di petrolio estratto dall’Eni in Egitto, per un ammontare complessivo di circa 50.000 t mensili; e non è lontano il giorno in cui questa fonte rappresenterà un importante contributo alla copertura dei fabbisogni petroliferi del nostro Paese…. (dall’archivio ENI, Enrico Mattei, Scritti e Discorsi, Rizzoli Ed. 2012).
Dopo la politica di apertura di Scaroni verso i confini eurasiatici ( North e South Stream) e dopo la fallimentare chiusura di quest’ultimo, i primi effetti del cambio della politica dell’ENI si sono visti già nel luglio 2015 quando l’ENI annuncia la scoperta del giacimento supergigante (supergiant) di gas naturale nel delta del Nilo egiziano e in località Zohr.
Comunicato Stampa ENI del 20 luglio 2015. Importante scoperta a gas nel delta del Nilo egiziano e successivamente nel Comunicato stampa del 30.08.2015 si annuncia un’altra importante scoperta presso il giacimento Zohr.
(http://www.eni.com/it_IT/media/comunicati-stampa/2015/08/Eniscopre_offshore_egiziano_il_piu_grande_giacimento_gas_mai_rinvenuto_nel_Mediterraneo.shtml) a cura dell’Ufficio Stampa ENI.
La consociata egiziana di ENI sin dal 1954 e la IEOC, braccio operativo di ricerca dell’Oil & Gas egiziano. A prima indagine, il giacimento sembra molto consistente con una base stimata a circa 850 miliardi di metri cubi. Tuttavia la notizia sembra suscitare solo un interesse mediatico perche il giacimento Zohr verrà indirizzato alla domanda interna egiziana. Renderlo di prima pagina può (e forse deve) essere interpretato come un cambiamento di politica dall’area Eurasiatica verso lidi mediterranei e comunque in sintonia con i desiderata USA. Comunque questo ci pone ai vertici degli scambi commerciali con l’Egitto, argomentazione che non può non pesare nella ricerca delle cause della morte di Giulio Regeni.
Ma è in Libia che Eni e Total si distribuiscono i compiti. Il Paese possiede le più grandi riserve di petrolio africane e si piazza al nono posto per riserve mondiali (stimate in 48,363 milioni di barili, cui si aggiungono 1,505 miliardi di metri cubi di gas). Ma tutte le infrastrutture, dai pozzi alle pipelines, dalle raffinerie ai terminali, si trovano immerse in una delle atmosfere più esplosive del Pianeta. ENI è la compagnia straniera maggiormente coinvolta: ha interessi nei campi petroliferi di Abu Attifel e NC-125 cui si aggiunge quello di Nakhla (C97) (dove sono partner anche Wintershall e Gazprom) nella zona centro orientale e collegati con la raffineria ed il terminale di Zuetina, nei campi petroliferi di El Feel (Elephant), e con quelli a gas e condensati di Wafa e Bahr Essalam nella zona occidentale e collegati con le raffinerie e i terminali di Mellitah. Infine, gestisce gli off-shore nel campo di Bouri anch’esso collegato allo snodo di Mellitah, (L.Longo, formiche.net).
La sola produzione libica sotto il controllo Eni copre 0,3-0,35 Mboe/d, più del 70% della produzione libica complessiva odierna. Per tre quarti si tratta di gas e per un quarto di petrolio. Di questo pacchetto, il 55% viene dai giacimenti in terraferma e il 45% dai pozzi offshore. La Libia ora costituisce il 20% della produzione totale Eni (L.Longo, formiche.net.). La francese Total ha interessi nel campo di Mabrouk, nella zona centro-orientale e collegato con la raffineria e il terminale di Es Sider, ma anche – insieme alla spagnola Repsol – nei campi occidentali di El Sharara (NC-115 e NC-186) collegati allo snodo petrolifero di Zawiya vicino a Tripoli. In mare c’è il giacimento di Al-Jurf collegato al terminale di Farwah.
L’azienda che guarda agli affari energetici in Africa occidentale nel 2012 ha chiuso con un utile netto di 7.79 miliardi. Per il futuro la strategia dell’Eni è quella di proiettarsi in altri Paesi per aumentare la produzione di idrocarburi: il cane a sei zampe trotta verso il Kazakhstan, l’Angola e, appunto, un’ulteriore espansione degli interessi in Algeria.
Dunque, dal gattino di Mattei, la mutazione dell’ENI è evidente. Entra di prepotenza nel mercato del gas, negozia i contratti e raggiunge quel grado di penetrazione internazionale che era il sogno di Mattei.
L’amministrazione Scaroni, agli occhi dell’osservatore, è quella che, dopo il suo fondatore Mattei, si è più distinta per dinamismo. Ma non si possono non rilevare gli inevitabili aggravi per il consumatore, con prezzi più adeguati al mercato che non alle esigenze dell’utenza.
La mission Mattei era un’altra: essere svincolato dai mercati finanziari internazionali, condizionarli per non essere condizionato, sviluppare una politica di contenimento del prezzo dei carburanti, assicurare un alto beneficio al cittadino. «Ma io i prezzi devo abbassarli, non alzarli» disse Enrico Mattei a Eugene Dolman, presidente della Standard Oil of New Jersey, ai primi di dicembre del 1959, nel loro incontro di Montecarlo.
2014-15. Il tempo passa, arriva il Governo Renzi e la musica è tutt’altra. Maggio 2014, giro di valzer. Non ci sono dubbi che una nuova politica si imponga anche all’ENI: dunque addio di Scaroni e nuova Governance, con la Presidente Emma Marcegaglia, affiancata da Claudio Descalzi AD, Lapo Pistelli VicePresident Senior e dove ritroviamo anche Alessandro Profumo, al posto di Luigi Zingales. I primi effetti si sono visti già nel luglio 2015 quando l’ENI annuncia la scoperta del giacimento supergigante (supergiant) di gas naturale nella località di Zohr.
La consociata egiziana di ENI sin dal 1954 è la IEOC, braccio operativo di ricerca dell’Oil & Gas egiziano. A prima indagine, il giacimento sembra molto consistente con una base stimata a circa 850 miliardi di metri cubi.
Tuttavia la notizia sembra suscitare solo un interesse mediatico perché il giacimento Zohr verrà indirizzato alla domanda interna egiziana. Renderlo di prima pagina può (e forse deve) essere interpretato come un cambiamento di politica dall’area Eurasiatica verso lidi mediterranei e comunque in sintonia con i desiderata USA.
In conclusione, quanto sopra riferito sembra indicare una politica di salvaguardia del greggio e di gas dai gasdotti dell’Eurasia, anche se nella direzione opposta a quella indicata da Enrico Mattei che era quella di cercare il greggio al più conveniente prezzo per rispondere alle esigenze del consumatore italiano.
L’andamento del greggio negli ultimi anni, tranne episodici ribassi, ha mostrato un costante aumento, malgrado la crisi mondiale, dal 2008 in avanti, abbia segnalato una minore domanda industriale, proveniente da Cina e India.
Il prezzo alla pompa è, comunque, in costante e progressiva ascesa fino al 2012. Poi la crisi asiatica riduce la domanda di greggio e l’offerta è costretta a far scendere i prezzi ( 2012-2014). Ed ancora, la crisi mediorientale fa scendere il barile alla quota record di 30$ (gennaio 2016).
Concomita un altro fattore: da quella data quando gli USA hanno cominciato ad estrarre shale oil nella misura di 7 milioni di barili extra al giorno (dati 2015) hanno contestualmente ridotto le importazioni saudite ed i Paesi OPEC hanno reagito abbassando il prezzo del barile. Anche se i consumatori italiani non se sono accorti perché e’ nota la discrepanza tra costo del greggio, ridotto fino a 40$ barile (dicembre 2015) ed il prezzo alla pompa.
Inoltre negli anni antecedenti al 2008, la spesa totale era nettamente inferiore alla produzione, secondo il più elementare rapporto di domanda e offerta: oggi le due curve tendono a sovrapporsi, nel segno di uno squilibrio di mercato per il quale alla variazione della domanda non corrisponde più una spesa equiparata che cresce indipendente dall’altra variabile.
Ciò starebbe a significare due fenomeni importanti per il mercato italiano: l’aumento delle accise sui carburanti, parametro quasi fisso, e l’aumento del profitto nell’ambito della filiera, dalla produzione al dettaglio, variabile indipendente e poco controllabile. Accise e tasse gravano sul prezzo alla pompa nella misura del 68% per la benzina e 67% per il gasolio contro medie europee del 58% e 51% rispettivamente. Come scrive Rizzo sul Corriere, sulle accise, tasse statali, viene applicata l’IVA, per un totale di 84.31 cent (67.4%) almeno per il gasolio. Della serie le tasse sulle tasse (S. Rizzo, Corriere della Sera, 23.01.2016).
L’ENI dunque come braccio politico estero del Governo piuttosto che fonte di energia a basso costo in Italia? Lasciamo rispondere al Signor De La Palice.
Lettura di riferimento
Ferrara A. virgin Oil, Cavinato Editore Int. Brescia, 2016
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