Economia

Threads: il nuovo Twitter fa subito tendenza

7 Luglio 2023

Il mondo dei social è in fermento. Non è una grande novità, in fondo spesso capita quando viene lanciato un nuovo servizio all’interno di un universo così dinamico. Questa volta il protagonista è Meta, la giovane società che ha incluso Facebook, WhatsApp e Instagram, che ha deciso di sfidare apertamente Twitter in un momento di particolare debolezza del social dell’uccellino, per il quale la cura Elon Musk non sta ancora portando frutto.

Il nuovo social si chiama Threads e si basa su messaggi di solo testo; è una sorta di miniblog personale, esattamente come Twitter. Il servizio, al momento, è disponibile soltanto negli USA ed è stato un grande successo: nella giornata del 5 luglio, quella successiva alla Festa Nazionale degli States, l’applicazione è stata scaricata più di 10 milioni di volte nel giro di 7 ore.

Per non perdere mai il filo

Threads, che in italiano significa fili, è infine diventata realtà. Meta ha finalmente messo sul mercato, sebbene soltanto per la platea americana, il suo ultimo prodotto. Secondo gli sviluppatori, il nuovo proscenio virtuale sarà uno spazio per conversazioni pubbliche e aggiornamenti in tempo reale. Threads si basa sulle credenziali Instagram e si compone di post brevi e a base di testo. Supporterà messaggi di testo non più lunghi di 500 caratteri, dunque leggermente più dei 480 di Twitter, e si potranno allegare foto e video fino a 5 minuti di durata.

Ogni thread potrà essere ripostato, all’evenienza anche con l’aggiunta di commenti e osservazioni, proprio come avviene quando si fa retweeting. Dato lo stretto legame con Instagram, sarà possibile ricondividere tutti gli stati di Threads sul social più anziano e si potranno bloccare o segnalare altri profili così come sarà possibile limitare le interazioni di altri utenti. Al momento, quel che fa storcere il naso è il fatto che non sia posssibile cancellare l’account di Threads senza eliminare anche quello di Instagram. Si tratta di una pecca marchiana, tanto che non si esclude una correzione nel prossimo futuro.

Una strategia chiara

Non serve essere particolarmente addetti ai lavori per capire come il rilascio di Threads sia una sorta di dichiarazione di guerra contro Twitter. Zuckerberg e i suoi hanno intercettato il malcontento degli utenti del social di miniblogging originale, acquistato da Elon Musk l’anno scorso con la promessa di un rilancio che non è ancora avvenuto. Le prime fasi della gestione del patron di Tesla hanno sollevato polemiche. L’avvento del miliardario sudafricano è coinciso con un aumento dei licenziamenti e un’impennata dei costi per gli utilizzatori. Chi volesse mantenere la spunta blu, icona che certifica l’autenticità del profilo, è ora costretto a pagare un abbonamento, proprio come già facevano i titolari del servizio premium denominato Twitter Blue.

Lo tsunami potenzialmente distruttivo per Twitter è però arrivato soltanto di recente, quando si è stabilito di limitare la visualizzazione di post a soli 600 tweet per i non abbonati (e fino a 6000 per gli abbonati a Blue, comunque pochini per chi lavori sul social e lo tenga aperto tutto il giorno) prima del congelamento della bacheca. La decisione ha sollevato un vespaio di polemiche, il quale non è cessato neppure dopo il parziale dietrofront di Elon Musk, impegnatosi a riconsiderare la scelta.

Meta ha testato il servizio con un pugno di celebrità e creator prima di renderlo disponibile al grande pubblico. Anche i dipendenti dell’azienda hanno già avuto modo di provare Threads, per imparare a conoscerlo e metterne alla prova la stabilità. Ora è stato aperto al mondo intero – Europa esclusa, finché il garante della privacy non darà via libera – sia sul sistema operativo di Apple, sia su quello di Google.

Uno dei primi Threads di Zuckerberg recita:

“Ci vorrà del tempo, ma penso che sarà un’app di conversazioni pubbliche con oltre 1 miliardo di persone. Twitter ha avuto l’opportunità di farlo ma non è riuscita. Noi speriamo di farlo.”

La sfida pare essere davvero aperta.

Foto di Shahid Abdullah da Pixabay.

 

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