Economia

Succursale tedesca: notizie dal Veneto che dipende dalla Germania

Le principali notizie nella settimana nel Veneto, che guarda con sempre maggiore preoccupazione alla frenata dell’economia tedesca, cui è legato a doppio filo

23 Novembre 2024

Il 17°Lander

Alla fine degli anni Novanta primi Duemila con l’orgoglio di chi ha appena salito un gradino nella classe sociale, i veneti facevano sfoggio dell’ottava provincia, quella rumena. A Timisoara grazie a condizioni fiscali favorevoli e un costo del lavoro decisamente più basso che in Italia, centinaia di imprenditori costruirono capannoni e trasferirono produzioni. Era il sogno internazionale dell’industriale di provincia, l’Europa che si faceva realtà sulle gambe, le fatiche e le furbizie della classe imprenditoriale locale. Che, come quelli che si sono comprati il vestito nuovo, non vedono l’ora che arrivi domenica perché a Messa tutti lo vedano. Così, l’ottava provincia Veneta, Timisoara, era il simbolo non solo individuale, ma collettivo e sociale di una terra definitivamente uscita dalla povertà, fiduciosa dei propri mezzi e del futuro. Forse quella società si è seduta sugli allori perché a cinque lustri da quel periodo oggi la prospettiva è ribaltata. Non sarebbe improprio se un imprenditrice tedesca in volo tra le Dolomiti posando lo sguardo verso il mare si vantasse col marito: ‘guarda, il nostro 17° Lander e dentro c’è pure Venezia’.

Ma veniamo ai principali fatti della settimana. Di crisi industriale si comincia ormai a parlare diffusamente. Allo sfogo della presidente di Confindustria Vicenza, Laura Dalla Vecchia, fanno eco da un lato i dati delle trimestrali che indicano un calo netto dell’export e dall’altro l’aumento delle richieste di cassa integrazione e delle procedure di licenziamento. Alberto Baban, imprenditore e presidente del Club Deal degli imprenditori Venetwork, sul Corriere del Veneto traccia un’analisi della situazione, senza troppi complimenti: «Bologna è la nuova capitale dell’innovazione. Molto più di Milano, dentro un’Emilia esempio positivo. E in assenza di risposte dal Veneto, che non ha una città che funzioni altrettanto bene». Il Nordest oggi segna il passo perché è legato a doppio filo alla Germania, «nostro primo partner nell’export e con le nostre imprese in realtà subfornitrici del grande produttore tedesco che va sul mercato. Ma la Germania non è più un modello, non trovando più sbocchi sul mercato; e il Nordest subisce il momento». L’allarme vero, afferma Baban, è in quali condizioni arriva non solo l’economia, ma l’intero Paese, ad affrontare questa crisi: «Rispetto alla crisi del 2008, il Pil pro-capite americano è raddoppiato, in Italia non siamo ancora ai livelli del 2007. La differenza in America l’ha fatta la dimensione della finanza a sostegno dell’industria e la creazione di valore del digitale, che noi non abbiamo capito. Affrontiamo questa transizione con pochi talenti, che fuggono all’estero, capacità di sostegno finanziario governativo a zero ed Europa in grandissima confusione».

Veneto 2050: cosa serve alla regione per competere e di cosa parla Zaia

Il dorso locale del Corriere ha organizzato lunedì scorso a Mestre un forum per immaginare la regione tra 25-30 anni, intitolato Veneto 2050. Interrogati sul futuro economico del loro territorio, sono intervenuti tutti i principali attori sulla scena. Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto ha detto chiaro e tondo che il modello che ha fatto la fortuna del Boom economico riassunto nello slogan ‘piccolo è bello’, non sta più in piedi. Non per le imprese e neppure per gli stati. Per fare fronte e competere con colossi come la Cina, Gli Stati Uniti, l’India bisogna «ragionare a livello di Europa», perché «oggi il bilancio di uno Stato europeo può fare piccole cose». Quasi da contraltare gli ha fatto il presidente della Regione. Molto candidamente ha smentito tutti i report di università, istituti di ricerca (tra cui il Centro Studi Nordest compartecipato dalla Regione Veneto) fatti negli ultimi anni da cui si evince, dati alla mano, che dal 2011 c’è un esodo costante dei già pochi laureati presenti verso l’estero e verso Milano e Bologna. «La nostra regione poco attrattiva? Io non direi, anzi serve un po’ di Veneto pride», ha detto Zaia. «Bisogna evitare una narrazione pericolosa, negativa, un fado portoghese che ci dice che tutti vanno via». Eppure ogni anno 4.000 giovani tra i 18 e i 35 anni lasciano il Veneto. «Sono dati quantitativi, non qualitativi», ha chiuso il discorso il presidente. Amen, beviamoci sopra un bel prosecchino!

Non siamo ancora arrivati ai licenziamenti collettivi, per ora… 

I dati dell’Osservatorio regionale sul lavoro indicano nei primi dieci mesi del 2024 che la domanda di lavoro diminuisce nei territori di Venezia (-4%), Vicenza (-4%) e Treviso (-1%), mentre cresce a Belluno (+4%), Verona (+2%) e Rovigo (+2%). Nell’industria in particolare si registra un bilancio in ridimensionamento rispetto all’anno scorso sia nel periodo gennaio-ottobre (+10.900, mentre era +15.400 nel 2023), sia nel mese di ottobre (+2.300, era +2.800). Il rallentamento della crescita occupazionale nei dieci mesi si lega alle dinamiche negative registrate nell’industria tessile e abbigliamento e, soprattutto, nel metalmeccanico. Quest’ultimo comparto presenta un saldo positivo (+1.800) ma lontano rispetto ai risultati del medesimo periodo dello scorso biennio (+4.900 nel 2023 e +7.600 nel 2022).

E allora noi ce ne andiamo

Forse proprio le difficoltà economiche e l’avvio da parte del Governo centrale di una riduzione dei trasferimenti statali ai Comuni a riportare a galla il sogno coltivato da alcune cittadine del Veneto Orientale di ‘migrare’ in Friuli Venezia Giulia dove lo statuto speciale consente alla Regione di intervenire a sostegno del lavoro, delle infrastrutture, degli eventi locali. Senza contare l’aiuto diretto ai cittadini, con gli invidiatissimi buoni benzina. Ne scrive il Gazzettino ricordando il referendum del 2006 a Cinto Caomaggiore. A spingere, oggi, ci sarebbe anche il sindaco di San Michele al Tagliamento che pronunciato così dice poco, ma se ricordiamo che la sua frazione più importante – Bibione – attira circa 5 milioni e mezzo di presenze turistiche l’anno, assume tutt’altro valore.

Saltata la prima della Fenice

Intanto è saltata la prima della stagione lirica alla Fenice. Come riporta la Tgr del Veneto, lo sciopero dei lavoratori ha costretto il teatro a cancellare lo spettacolo Otello, previsto per mercoledì 20 novembre in cui si annunciava un tutto esaurito. Motivo del contendere tra direzione e lavoratori della Fenice, la remunerazione delle prestazioni, i contratti, la flessibilità e il completamento della pianta organica. Il Teatro dovrà rimborsare il costo dei biglietti per un valore complessivo stimato in circa 150 mila euro.

Uniti contro la violenza sulle donne

Il Consiglio regionale ha approvato l’istituzione di un Osservatorio sulla violenza contro le donne. La notizia è che la proposta di legge del Partito Democratico è stata votata all’unanimità. Il tentativo di prendersi la scena con un po’ di polemiche un tanto al chilo da parte di un consigliere eletto nella lista Zaia e oggi nel gruppo misto – ‘Qui c’è puzza di ideologia’ – è stato emarginato dalla drammatica testimonianza (qui il video dell’intervento) di una consigliera di maggioranza. Silvia Cestaro (Lista Zaia Presidente) ha chiesto la parola e ha ammutolito i colleghi: «So cosa vuol dire la violenza… è difficile dirlo. Questa cosa l’ho vissuta di persona, quando ero ragazza».

Terza corsia A4: finalmente!

Il Commissario per l’emergenza della A4, Massimiliano Fedriga, ha approvato il bando per la realizzazione della terza corsia nel tratto di 25 km tra San Donà di Piave e Portogruaro della rete di Autostrade Alto Adriatico. Si tratta dell’ultimo tratto ancora a due corsie tra Venezia e Palmanova. L’opera, del valore di 588 milioni a base d’asta su un quadro economico complessivo di 870 milioni, prevede anche un nuovo casello a San Stino di Livenza. Si andrà così a completare l’ampliamento dell’autostrada tra Quarto d’Altino e Palmanova per complessivi 83 chilometri, agganciando le direttrici del trasporto tra Centro Est Europa e il Nord Italia, lungo l’asse del Corridoio europeo 5. L’intervento comprende la ricostruzione di 9 ponti su corsi d’acqua, 12 sottopassi per viabilità e linee ferroviarie, 50 attraversamenti idraulici e l’adeguamento delle rampe dello svincolo di Cessalto. La conclusione della procedura di gara e l’aggiudicazione sono previste entro il 2025. Seguirà un anno per la redazione e approvazione del progetto esecutivo, con l’avvio dei lavori previsto entro il 2026. Di terza corsia si parla dall’inizio degli anni Novanta, ma si è cominciato a considerarla seriamente e quindi a reperire le risorse necessarie, solo dopo il terribile incidente dell’8 agosto 2008 che a Cessalto costò la vita a sette persone.

Poltrone contese e politiche dimenticate

Ampio spazio è stato dato in settimana alle schermaglie politiche interne alla Lega e tra questa formazione e Fratelli d’Italia dopo le regionali in Emilia Romagna e Umbria, entrambe perse dal centrodestra. Nel primo caso sembra che Zaia abbia alzato la voce con Salvini chiedendo di tornare ai temi originari, alla rappresentanza del Nord e al sindacato del territorio. Nel secondo caso per giorni carta stampata e televisioni locali sono state riempite con dichiarazioni uguali e contrastanti tra gli esponenti dei due partiti. Entrambi rivendicano il Veneto, Zaia si incapriccia sul quarto mandato, ed è pronto a incollarsi alla poltrona. L’alternativa in tono minore è la richiesta di prolungare ad arte la legislatura regionale in scadenza il 20 settembre 2025 fino a marzo 2026, per consentirgli di inaugurare le Olimpiadi. Tante rivendicazioni e prove muscolari su chi abbia maggiore diritto di governare la Regione. Manco una parola su cosa si vuol fare e su come affrontare le decine di crisi aziendali che minacciano il Veneto, come dare un medico di base alle decine di migliaia di cittadini che ne sono privi, come contenere il costo dell’assistenza agli anziani, come attirare lavoratori con competenze di alto livello per compensare i 4.000 giovani tra i 18 e 35 anni che ogni anno se ne vanno. Come?

Una casa per chi lavora

Se la politica pensa ossessivamente al potere, senza poi davvero sapere che farsene, tocca alle parti sociali il ruolo di supplenza per occuparsi delle questioni aperte. Confindustria Veneto ha presentato al governo la richiesta di un piano per arginare i costi delle abitazioni, uno dei fattori di debolezza nell’attrazione dei lavoratori. Ne riferisce puntualmente il Corriere del Veneto. Il ‘Piano-Casa’ di cui da giorni parlano gli industriali, a partire dal presidente nazionale Emanuele Orsini e dal presidente veneto Enrico Carraro, qui ha già gettato le basi e, in piccoli ma diffusi casi, è una realtà. «Il tema casa è urgentissimo – sottolinea Vincenzo Marinese, vicepresidente di Confindustria -, mette le persone in condizione di pianificare il proprio futuro e costruire una famiglia, con la certezza di un’abitazione a canoni sostenibili. L’impatto fiscale non sarà forte ma quello sociale sarà positivo e rilevante. E crediamo che possa portare con sé anche un grande piano di riqualificazione urbana che non favorisce solo l’impresa, ma la collettività».

Non basta, però: sono situazioni puntuali, come quella dell’imprenditore di Bardolino sul Garda che ha di recente acquistato un terreno per costruire un condominio ad uso dei propri dipendenti e collaboratori. Per affrontare di petto il problema occorre un investimento massiccio, con una solida garanzia pubblica, per consentire a chi lavora nelle aziende locali di spostarsi (da un altro Paese, da un’altra Regione) e avere un alloggio sicuro a costi abbordabili, considerato che il mercato residenziale sta toccando picchi fuori misura in molte città. L’emergenza abitativa, secondo le domande di alloggio pubblico tocca 10.360 nuclei familiari in Veneto, dalle 351 domande ferme di Belluno alle 2.276 di Verona. Il solo ricorso all’edilizia residenziale pubblica non è più sufficiente. Gli enti che gestiscono gli alloggi riferiscono di avere 8 mila alloggi sfitti su quasi 41 mila totali. Abitazioni che hanno bisogno di lavori di ristrutturazione lunghi e costosi o addirittura irrecuperabili.

Lo studio universitario in futuro

La rettrice dell’Università di Padova, Daniela Mapelli è intervenuta alla Conferenza dei Rettori delle Università italiane, dedicata al tema della didattica innovativa. Lo riporta Radio Veneto 24 sottolineando le parole della rettrice secondo cui l’innovazione non si esaurisce nella tecnologia: «Gli strumenti digitali sono utili, ma dietro di essi ci sono l’uomo, lo studio, l’impegno e l’esperienza». La sfida per il futuro, secondo la rettrice, è integrare approcci esperienziali con l’uso consapevole delle tecnologie, rispondendo alla richiesta degli studenti di percorsi formativi sempre più coinvolgenti. Le università italiane, ha concluso Mapelli, non devono limitarsi a trasmettere conoscenze, ma creare ambienti che favoriscano l’apprendimento attivo, rinnovando un approccio che le ha sempre contraddistinte.

Gruppo finanziario texano pensa a rilevare l’Hellas

Infine uno sguardo all’economia dello sport. Secondo Bloomberg, il gruppo di private equity texano Presidio Investors starebbe raccogliendo 75 mln per rilevare la quota di controllo del club scaligero attualmente in Serie A. La società di patron Setti sarebbe aperta sia alla cessione della maggioranza che di una quota di minoranza. Nel bilancio 2022/23, ultimo disponibile, il club ha registrato una perdita di 19,9 mln, aumentata rispetto ai 5,1 dell’esercizio precedente.

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