Economia
Non fornitori, ma “good partners”. La business roundtable si fa sostenibile
Nelle scorse settimane la Business Round Table – l’associazione dei CEO delle primarie corporations americane – ha pubblicato una dichiarazione programmatica su quello che, per i membri dell’associazione, dovrà intendersi quale scopo istituzionale delle corporations.
La notizia ha destato particolare clamore; da più parti, si è segnalato come lo statement segni la presa di distanza del Business Round Table da una visione aziendale profitto-centrica.
Il purpose delle corporations non sarà più solo la produzione di utili per gli azionisti.
Anzi, lo statement si declina nell’impegno a servire tutti gli stakeholders e, quindi, i clienti, i lavoratori, i fornitori, le comunità di riferimento, nonché, infine, i soci.
Va detto che la Business Round Table arriva buona ultima nella formulazione del principio.
Sorprende che, per una volta, sono stati i legislatori nazionali ed internazionali ad intercettare, prima dell’associazionismo, una esigenza della società ed un trend culturale.
A questo riguardo, non si può fare a meno di notare l’incredibile assonanza tra lo statement e la section 172 dell’inglese Companies Act 2006.
Dall’oltre oceano, provengono, invece, le esperienze delle B-Corporations, recepite in legge in Maryland e, poi, più recentemente, proprio in Italia.
Ancora, non può tacersi lo sforzo profuso nella promozione della responsabilità sociale di impresa da parte della Unione Europea.
C’è, però, nello statement, un punto che colpisce e che sembra foriero di importanti implicazioni.
I Ceo del nuovo American dream dichiarano, infatti, il loro committment (“impegno”) a “dealing fairly and ethically with our suppliers. We are dedicated to serving as good partners to the other companies, large and small, that help us meet our missions”, vale a dire a trattare in modo equo ed etico con i fornitori ed a comportarsi da “buoni partners” per quelle società, grandi e piccole, che aiutano le corporations a sviluppare la loro missions.
Con riferimento ai rapporti con i fornitori, lo Statement è perfino più esplicito delle già ricordata Section 172 del Companies Act 2006 che pone, tra gli obiettivi degli amministratori, quello di “foster the company’s business relationships with suppliers, customers and others”.
Il punto è significativo; sembra un acknowledgement di come, talvolta, le esigenze del profitto e della redditività siano scaricate a valle sui fornitori, mediante l’imposizione di condizioni economiche inique e capestro o la richiesta di rinegoziazioni al ribasso.
Più facilmente che nel caso dei lavoratori – la cui voce di stakeholders è, almeno nei paesi industrializzati, amplificata dalle istituzioni sindacali che operano come contrappeso – lo spazio dei fornitori è infatti governato da mere logiche di rapporti di forza.
Evidentemente, in un’ottica di responsabilizzazione dell’attività di impresa, anche la posizione dei fornitori è strategica e merita valorizzazione.
La ragione è intuitiva: una impresa che agisca responsabilmente con i fornitori è, seppur mediatamente, un’impresa responsabile nei confronti della comunità.
In tal senso, valgono, del resto, talune indicazioni legislative; si veda, ad esempio, la Direttiva 2014/95/EU che invita gli enti di interesse pubblico a dar conto delle iniziative intraprese, sulle tematiche di sostenibilità, nei confronti della supply chain.
Il documento del Business Round Table guarda però alle relazioni con fornitori non come rischio da presidiare o materia da rendicontare, ma come elemento da salvaguardare.
Pur nella – inevitabile – genericità del linguaggio colpisce l’impegno a comportarsi con correttezza (“fairly”) e di serving come buoni partners.
Dovranno avere un ripensamento le modalità di negoziazione impostate solo sulla forza economica di uno dei due partners a scapito delle ragioni dell’altro.
Ci si aspetta quindi, anche in quest’ambito, l’avvio sistematico di prassi di ascolto, condivisione ed engagement.
Tuttavia, l’individuazione degli strumenti con cui si potrà concretizzare questa nuova direttiva sono il terreno dove si cimenterà la sfida dell’innovazione.
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