Economia

La Nuova Cortina di Ferro: il voto tedesco e la frattura sulla modernità

“Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico, una cortina di ferro è calata attraverso il continente”. (Winston Churchill, 1946)

26 Febbraio 2025

Domenica 23 marzo 2025 potrebbe essere ricordata come una data simbolica per la politica internazionale. Le elezioni tedesche hanno mostrato una frattura netta tra Est e Ovest: nelle regioni orientali la vittoria schiacciante dell’estrema destra segna un divario profondo, come se una nuova Cortina di Ferro fosse calata sul cuore dell’Europa. Ma questa volta la divisione non è tra capitalismo e comunismo, bensì tra sostenitori e oppositori della modernità.

Non è più solo una questione ideologica, né un semplice dibattito tra progressisti e conservatori. C’è una nuova linea di faglia che attraversa le democrazie occidentali, dividendo chi abbraccia la globalizzazione, l’innovazione tecnologica e la diversità, da chi si sente minacciato da un mondo in costante trasformazione. In questo schema, le metropoli e i centri di innovazione emergono come bastioni della modernità, mentre le regioni più periferiche e meno integrate nell’economia globale si chiudono in un atteggiamento di difesa, spesso espresso con il voto a forze politiche radicali.

I risultati elettorali tedeschi mostrano con chiarezza questa frattura. L’Est, storicamente meno sviluppato e ancora segnato dalle difficoltà della riunificazione, ha votato in massa per partiti anti-establishment, mentre l’Ovest ha confermato il suo sostegno a partiti tradizionali e progressisti. Ma come ci ricorda Andrés Rodríguez-Pose,  l’AfD è in espansione anche nel Sud e nell’Ovest industriale. Il populismo cresce non solo per il declino economico, ma per un senso diffuso di abbandono e perdita di status. Anche nelle regioni un tempo prospere, il divario tra passato glorioso e un presente di rapide trasformazioni alimenta il malcontento sui territori. L’AfD sfrutta la percezione di una classe politica distante e indifferente alle periferie e un senso di esclusione dal futuro.

La nuova polarizzazione evidenzia così un malessere profondo che non può più essere ignorato. Non si tratta solo di economia, ma di percezione del futuro: chi sente di far parte di un sistema vincente sostiene il cambiamento, mentre chi si percepisce come lasciato indietro lo respinge.

Se fino a pochi decenni fa la divisione economica era tra paesi ricchi e poveri, oggi la frattura si sta manifestando all’interno degli stessi Stati. Le città globali sono hub di innovazione, attraggono talenti e investimenti, e si posizionano come motori dell’economia del futuro. Al contrario, le regioni periferiche e post-industriali vivono una crisi di identità e di prospettive. La loro risposta politica è un rigetto delle élite urbane e delle loro politiche, viste come strumenti che favoriscono solo una parte della società.

Questa tendenza non è solo tedesca. Negli Stati Uniti, la spaccatura tra le coste progressiste e gli stati interni conservatori è evidente da anni. In Francia, le periferie e le città medie votano in modo diametralmente opposto a Parigi e Lione. In Italia, la vera frattura non è più solo tra il Nord produttivo e un Sud in difficoltà, ma tra Milano come emblema della modernità e della tensione positiva verso il futuro e le aree interne e montane del Paese.

Questa nuova geografia del malcontento rappresenta una sfida enorme per la tenuta democratica delle nostre società. Se la politica non sarà in grado di ricucire il divario tra territori che avanzano e territori che arrancano, il rischio è quello di un’ulteriore polarizzazione, con conseguenze imprevedibili. Per questo, anche per questo, la vera politica industriale che oggi serve al Paese riguarda la riduzione delle disuguaglianze territoriali. La Germania ci offre oggi una fotografia brutale di questa spaccatura, ma il problema riguarda tutto l’Occidente. Con gli Stati Uniti che sembrano aver rinunciato ad essere un modello di vita, libertà e progresso: l’American Way of Life non era solo consumismo e tecnologia, ma anche democrazia, diritti, innovazione. Modernità. L’abbraccio tra Trump e Putin segna anche la fine del sogno americano? L’Europa saprà trovare il suo spazio?

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