Economia
Il cammino lento della storia
“È sorto il sole su un piccolo mondo
E vecchi banchieri stanno pranzando
Ti devi spingere ancora più fuori
Che qui sei cacciato o cacciatore”
Il deficit pubblico in certi momenti è necessario poi si torna anche ai tempi della normalità poiché non c’è solo l’economia di guerra. Anche un flagello come la pandemia può essere foriero di opportunità. Il forum internazionale sul Women’s empowerment, che si terrà ad ottobre a Milano, attribuisce un ruolo centrale alle donne, in una società sempre più complessa che vuole sfruttare al massimo l’intero suo potenziale.
La pandemia ha amplificato le disuguaglianze già esistenti. Le donne in tutto il mondo hanno pagato il prezzo più alto del diffondersi del virus in termini di perdita dei posti di lavoro, aumento della violenza domestica, carico di lavoro familiare. Aspetto quest’ultimo che già Emma, ingegnera fumettista, col suo libro “Il fallait demander”-“Bastava chiedere, storie a fumetti per spiegare ai papà la fatica delle mamme”- aveva anticipato trattando il tema dello stress da sovraccarico mentale delle donne.
Proprio durante la pandemia, queste ultime hanno dimostrato di essere la parte di società capace di reazione, resilienza, e tenuta sociale. Non è un caso che in Italia i primi risultati scientifici nella ricerca li abbiano ottenuti le donne, c’è un‘energia inespressa, e oggi metterla in campo, abilitarla, permettere alle donne di diventare protagoniste di questo percorso di ripartenza non sarà un bene solo per la società.
Il fumetto è disponibile anche in inglese pubblicato sul The Guadian. C’è da credere che il fenomeno Fallait demander/You should’ve asked sia destinato a diventare globale. Nel frattempo le strisce di Emma sono già diventate un libro “Un autre regard” che ha presentato, insieme a “Il Fallait demander”, una raccolta di storie che affrontano temi importanti come la violenza ostetrica e ginecologica, la discriminazione delle donne sul posto di lavoro, la vita dei giovani immigrati nelle banlieue.
C’è davvero bisogno di uno sguardo diverso per trasformare la realtà. L’alterità è sempre sinonimo di estraneità, intendo il perturbante freudiano, l’unheimlich, quel qualcosa che è altro non solo rispetto a quello che vorremmo che l’altro fosse, ma anche rispetto a quello che noi stesso siamo. Un-heimlich è l’inconsueto, l’estraneo, il non familiare, che solitamente suscita terrore e spavento, il perturbamento che nasce appunto dal non essere familiare.
L’altro è sempre là, presente perché anche se non ci piace ammetterlo è parte di noi. Ed è proprio quando accettiamo quest’altro che ci portiamo dentro che riusciamo a fare la pace con noi stessi e che diventiamo più tolleranti anche nei confronti delle altre persone. La vita cessa di essere quella lotta quotidiana in cui a forza di dire “io sono”, si finisce per dimenticarsi di quell’altro, che è quell’io che talvolta non vuole che io voglio.
Forse le società per non implodere, dovrebbero guardare più alle ragioni dell’essere umano che a quelle dell’economia, dovrebbero porsi come obiettivo quello della sua felicità che significa avere i mezzi di sostentamento necessari e relazioni che lo gratificano, che lo fanno sentire utile e importante. Fare della stima, della benevolenza, della gratitudine, il pane necessario alla propria vita.
Formativo in tal senso, è stato il mio viaggio a Cuba dove uomini e donne sono liberi di essere se stessi, senza essere giudicati in base a quanto posseggono, la storia ha messo loro nelle condizioni di essere più o meno tutti uguali. Il tempo che avanza, visto che non esiste la possibilità di far carriera- a limite un laureato lo trovi a guidare un autobus- viene impiegato per rendere normale servizio alla comunità. Non si accettano soldi per un servizio reso che va al di là di quello pattuito. C’è pudore nel confronto del denaro. E se per caso incontri un ex professore che per qualche ragione desidera la tua biro, ti fa capire che non accetterà il regalo se non scambiandolo con il suo sigaro. Il baratto è eretto a sistema di vita. Vivere con poco è regola non scambiabile, né derogabile in quanto è accompagnato da un alto tasso di moralità, di impenetrabile rigore. In quella sagra del poco, in quell’ umiltà e disponibilità verso il prossimo, che non conosce differenza di razza o religione, si dispiega il carnevale della vita in cui incontri volti gioiosi insieme a corpi festosamente in movimento.
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