Economia

Dall’oro della Svizzera a quello dell’ISIS? Favole dorate globali

17 Novembre 2014

Prima che scoppiasse la Crisi globale, andava per la maggiore la Goldilocks economics, che evocando la famosa favola raccontava di un’economia  a bassa disoccupazione, crescita moderata, politica monetaria favorevole e crescita stabile. Ora, invece, sull’orlo di una Seconda Grande Recessione, oro e petrolio scendono inesorabilmente, mentre la seconda fase di apprezzamento del dollaro americano (sotto 1,25 contro euro) è frenata dalla corsa all’oro della Svizzera. Per non parlare delle ambizioni dei “nuovi califfi”.

Non so come sia fatto uno gnomo svizzero ma lo immagino un po’ come un coniglietto della Lindt elegante e sorridente. Tuttavia, il perché vogliano complicarsi la vita con un referendum sulle riserve auree sfugge ai più. Il referendum, che si terrà il 30 novembre, è basato su tre assunzioni. Primo, le riserve d’oro non potranno essere vendute. Secondo, le riserve dovranno essere detenute in Svizzera, mentre attualmente sono nei forzieri inglesi e americani. Terzo, le riserve in oro, che attualmente ammontano a 1.040 tonnellate, dovranno rappresentare il 20% delle riserve internazionali detenute dalla Banca nazionale svizzera (Bns), mentre attualmente viaggiano intorno all’8 per cento. Se passasse il referendum, per colmare il deficit occorrerebbe acquistare altre 1.500 tonnellate di metallo giallo. Piccolo dettaglio: la Bns è schierata per il No. Per capire le ragioni della contrarietà della banca centrale elvetica, un’occhiata allo scenario internazionale non guasta. Per prima cosa, ci troviamo di fronte ad un calo fisiologico delle riserve auree mondiali  (ossia la quantità di oro detenuta dalle banche centrali). Le riserve in oro sono scelse dal 33% del 2000 all’attuale 10 per cento. Anche sul fronte dei consumi, non è un gran momento: in Cina, in particolare, il consumo di oro è crollato del 37% per cento. È iniziato così il calo dei prezzo dell’oro, che oggi è ai minimi dal 2009 (1.190 dollari/oncia, circa 30 euro al grammo). Solo la domanda in India tiene compensa con un +39% la correzione cinese.

Il report del World Gold Council fotografa un calo del 2% della domanda globale, mentre nell’ultimo anno e mezzo i deflussi sugli investimenti finanziari in oro tramite Etf sono stati ingenti. Quanto alle previsioni, a fine ottobre uno dei primi sondaggi dava il fronte del Sì in testa, con il 45%, con il No assestato al 39% (Gfs-Bern/SRG). Se il voto dovesse confermare questo primo orientamento, per la Bns sarebbe un bel problema. Bisogna ricordare, infatti, che dal 6 Settembre 2011, per mettere un freno all’eccessivo apprezzamento del franco svizzero che stava danneggiando l’economia, la Bns fermo l’apprezzamento della valuta elvetica e si impegnò a mantenere il cambio l’euro a 1,20 (currency floor). Se vincesse il Sì, a fronte di un mantenimento del cambio a 1,20 contro euro, i tassi di deposito diventerebbero negativi e ciò limiterebbe ulteriormente eventuali interventi valutari. In tale scenario, la Bns avrebbe comunque necessità di un approvvigionamento di almeno 300 tonnellate all’anno a prezzi in calo. Per inciso, proporrei all’Italia, quarto Paese al mondo detentore di riserve auree di dargli le nostre, così loro risparmiano i costi di trasporto, e noi compensiamo con dei dollari di carta.

Ma come in tutte le favole c’è sempre il “genio della lampada”: ed il recente annuncio ripreso dal Daily Mail , spiega come l’IS, lo Stato Islamico, sarebbe intenzionato ad emettere  una nuova moneta entro la fine dell’anno in tutte le zone controllate dal califfato. Ripristinare quindi il vecchio Dinar dell’era califfale che richiama la grandeur dell’Islam al suo apogeo dell’ottavo secolo. Ma se il Gold Standard è una pessima idea, questa decisione dimostra la debolezza e la vulnerabilità di un movimento terroristico che cerca alleati in Libia e nel Sinai e che vive di appropriazione indebita di petrolio e taglieggio sui territori conquistati. Nessun sistema bancario darebbe spazio a tale moneta e tantomeno ai relativi scambi. A meno che, come nel caso delle sanzioni russe,  “qualcuno” si presti neutralmente dall’esterno. Come suggerisce il titolo di quel libro dello scrittore francese Jean Ziegler: c’è sempre qualche paese che… lave plus blanc.

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