Economia civile
Ugo, dalla Borsa alla Vita
Poco più di 10 anni fa Ugo era un manager affermato di Virgilio.it, il portale di Telecom Italia, che aveva da poco deciso di seguire Renato Soru nell’iniziativa imprenditoriale Tiscali. Si era quindi trasferito a Cagliari con sua moglie Petra, a valle della quotazione in borsa del Gruppo. Meno di 40 anni, una brillante carriera, soldi, stock options, un business in crescita in una nuova azienda “cool”, amicizie importanti, una famiglia serena e felice. Poi tra il 2005 e il 2005 Ugo e Petra decidono di allargare la loro famiglia e valutano la possibilità di un affido. Si recano quindi al Tribunale dei minori di Cagliari.
Mi immagino quei momenti. Loro che entrano in Tribunale e rimangono scioccati dalla sensazione di vuoto, dal livello di abbandono di una struttura pubblica. Li, in uno stanzone incontrano dieci, quindici bambini abbandonati dai genitori o sottratti alle famiglie perché vittime di violenza. Guardano i loro occhi spenti. Pensano: come si fa a scegliere, come si fa a dare la possibilità di una vita migliore solo ad uno di loro?
Lui è un imprenditore e manager di successo di grande sensibilità, lei una moglie volitiva e sensibile. La decisione è una di quelle che cambierà loro la vita, per sempre.
Mollano tutto. Lasciano la vita ricca ed agiata. Ugo dà le dimissioni da Tiscali, si fa liquidare le sue azioni, investe tutto quello che ha per creare e sviluppare Domus de Luna, oggi il sistema di case famiglia più qualificato della Sardegna e tra i più importanti d’Italia. Prima apre “Casa delle stelle”, struttura di accoglienza per minori e mamme che hanno urgente bisogno di aiuto, in grado di ospitare bambini da 0 ai 12 anni e garantire loro cura e assistenza, poi “Casa cometa” centro anti-violenza per minori e mamme, “Casa del Sole” centro di sostegno a piccoli gruppi famigliari. Lancia programmi di prevenzione nelle scuole, costruisce laboratori nel carcere minorile di Quartuccio, apre “Casa Pegaso”, per rieducare i ragazzi dai 14 ai 18 anni sottoposti a misure giudiziarie, ristruttura un mercato rionale abbandonato in uno dei quartieri più difficili di Cagliari nelle quali spaccio e delinquenza rappresentano la normalità. Li costruisce un luogo di incontro per i ragazzi del quartiere nel quale fare teatro, assistere a spettacoli, suonare in gruppo, produrre contenuti audio-video. Chiama la struttura “Ex Me”, che significa ex mercato, ma soprattutto “quello che ero io una volta ed ora non sono più, perché ho costruito qualcosa di nuovo e di positivo per il mio futuro”. Oltre all’aiuto in condizioni di emergenza, esplora modelli alternativi per l’indipendenza economica delle mamme e dei ragazzi ospitati nelle strutture di Domus del Luna. Nel 2011 lancia “La locanda dei buoni e cattivi” un ristorante con Bed & Breakfast. Ma non pensa al “classico” modello da terzo settore, ovvero basso prezzo, bassa qualità, basso servizio. Sulla scia dell’esperienza di Jamie Olivier e dei suoi Fifteen Restaurants, coinvolge lo chef stellato Roberto Petza per formare le persone che lavorano in cucina e a curare l’offerta gastronomica del ristorante. Si tratta di un progetto di business che ha come specifica finalità sociale l’inclusione lavorativa di soggetti svantaggiati di Domus del Luna e che indirizza tutti i profitti generati alle attività sociali delle case -famiglia. Il progetto partecipa al concorso nazionale “il lavoro più bello del mondo” di Make a Change e vince. Dopo un solo anno di attività, la Locanda riceve riconoscimenti importanti: il premio Qualità Prezzo del Gambero Rosso come uno dei dieci migliori ristoranti per rapporto qualità/prezzo, il premio per Buona Cucina del Touring Club Italiano e Slow Food l’ha inserita nella sua guida “Locande d’Italia”.
Ugo è un imprenditore sociale ed è l’uomo dei “nonostante”. Con l’aiuto di sua moglie e di selezionati professionisti locali ha creato tutto questo nonostante non sia né un prete mancato, né un ideologo del non profit, nonostante la politica, le leggi e la burocrazia della macchina pubblica non lo abbiamo favorito, nonostante le logiche del mercato gli ricordavano che non ce l’avrebbe mai fatta. E nonostante si senta responsabile dei ragazzi che ospita nelle sue strutture ed ogni giorno entri in contatto con sofferenze terribili, Ugo mantiene sempre un sorriso ed una disponibilità totale verso gli altri. Oggi è un uomo soddisfatto della sua giornata, più povero economicamente, ma certamente più felice e completo di quanto lo fosse dieci anni fa. La sua storia ci insegna che fare qualcosa di concreto per migliorare la vita delle persone non è prerogativa esclusiva delle strutture pubbliche o delle organizzazioni tradizionali di charity, ma anche di uomini e donne capaci di assumersi questa responsabilità attraverso iniziative indipendenti di imprenditoria sociale.
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