Economia civile
Solidarietà, l’utopia necessaria nella carestia
La solidarietà è una narrazione che non c’è più.
Nel tempo del coronavirus stiamo scongiurando l’epidemia stando in casa per evitare il contagio, ma sappiamo che dopo ci aspetta la carestia.
Lo dicono le proiezioni degli economisti, lo constatano i dati implacabili di una redditività inesistente, perché le epidemie sono come le guerre.
Ed allora vi è una necessità: bisogna essere solidali, predicare questo valore, riscoprire l’intervento dello Stato nell’economia, rimuovere le ideologie liberiste che pensano all’interesse del più forte e schiacciano il debole, aiutarci a vicenda.
Comprendere che solo avendo l’anelito di realizzare una possibile eguaglianza, riportando la cultura di un umanesimo integrale, come diceva un grande filosofo francese Maritain, al centro delle azioni politiche, potrà avviarsi il cammino della ripresa.
Utopia è una parola inventava da Tommaso Moro e significa: non luogo.
Ma se nella parola c’è sempre un sotteso insegnamento, l’utopia rappresenta un sogno, una spinta propulsiva cogente che deve muovere l’agere dell’uomo.
E la solidarietà è un valore inestimabile, predicato dalla dottrina sociale della Chiesa– penso alla Rerum Novarum, Sollicitudo rei socialis, Caritas in veritate, Laudato si-ma anche dal miglior pensiero marxista e dal socialismo liberale.
Fu il compianto Stefano Rodota’ a scrivere per i tipi della Laterza Bari un libro bellissimo che aveva il suo ubi consistam, nucleo concettuale, tematica centrale, nella solidarietà.
Anche il titolo riassumeva lo spirito informatore in tutta la sua plastica evidenza: “utopia necessaria”.
Si,perché se l’utopia non si può realizzare, deve almeno sorreggere e permeare i nostri sogni, le ambizioni politiche di votarsi ad una palingenesi, rinnovamento che consideri e contempli chi è rimasto indietro, chi non ce l’ha fatta.
Vivere secondo solidarietà significa riprendere una narrazione sociale che contempli:
1-i più deboli,
2-quelli schiacciati dalla sfortuna,
3-quelli che si sono impoveriti senza loro colpa,
4-quelli che sono stati vittima degli usurai,
5-quelli distrutti dalle banche,
6-quelli massacrati da professionisti dal colletto bianco,che hanno succhiato sangue, perché curatori di fallimenti che badano solo all’interesse dei creditori ed alle loro laute parcelle,
7-quelli che hanno perduto il lavoro per effetto della carestia,
8-quelli che hanno perduto, la casa, gli esecutati, perché la giustizia non è giusta.
La solidarietà deve essere un valore diffuso: dobbiamo produrla, predicarla, attuare.
Bisogna riprendere la forza di un’idea riformista che vede lo Stato come amico,come risorsa, non come nemico, come un mostro Leviatano che distrugge e annichilisce il suo cittadino.
Lo Stato persona che predicava Lelio Basso, l’autore ispiratore dell’art.3 della Carta Costituzionale, secondo cui” è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Un principio che pone la dignità della persona al centro di ogni forma di attività : lo Stato deve aiutare chi non ha la forza di emergere, di concorrere.
Si pensi a quelle famiglie che non possono assicurare gli studi a ragazzi meritevoli,perché non hanno risorse per mantenerli,a quei giovani che possono solo sperare di strappare un contratto che pone la drammatica e periclitante condizione del precariato.
Le forze politiche non offrono più esempi e disegni che pongono al centro la dignità sociale, che invece dovrebbe essere un valore preminente come insegna la stessa Costituzione europea, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione: “la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”.
Ma la dignità deve trovare anzitutto la sua declinazione nei diritti sociali,quelli da attuare e garantire, perché nessuno resti indietro, inciampi e non si rialzi più.
Un grande prete, che fece della sua vita un costante impegno sociale, diceva:”Chi sa volare, non deve buttare via le ali per solidarietà con i pedoni. Deve piuttosto insegnare a tutti il volo”.
Si chiamava Don Lorenzo Milani.
La solidarietà è la carità sociale che dovrebbe presidiare ogni disegno politico: almeno era così dai tempi della Rivoluzione Francese.
Oggi con la carestia alle porte, se non c’è solidarietà si rompe quell’afflato, quello spirito, quella coazione culturale che sorresse i nostri padri durante il dopoguerra e ci portò negli anni ‘60 al boom economico.
Questo è il mantra, la molla che deve spingere tutti, politici, operatori economici,a creare, produrre solidarietà.
Nel rispetto dell’uomo come persona.
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