Costume
Quei panini di Mc Donald’s per i terremotati
La macchina degli aiuti nel nostro Paese è ormai una macchina collaudata e non a caso da anni non ci sono più polemiche sul “ritardo” dei soccorsi. Poche ore dopo il terremoto che ha colpito Amatrice, Accumoli ed Arquata del Tronto partivano decine di ambulanze della Croce Rossa di Roma, per esempio, con operatori sanitari, squadre pronte al montaggio delle tende, con strutture per raccogliere il sangue che di lì a poco sarebbe servito.
Pochi – per esempio – sanno che per garantire subito il pranzo alle vittime del terremoto delle 3.36 i volontari della Croce Rossa partivano da Roma con 3000 panini e 6000 bottiglie di acqua donati da Mc Donald’s.
Si spera si trattasse di panini da preparare visto che i manuali interni della catena di fast food prevedono un tempo massimo entro cui panini e patatine possono essere venduti.
Prima che diventino immangiabili, dicono i manuali e sanno bene i dipendenti Mc Donald’s, si devono buttare.
Ma il fatto che quelli di Mc Donald’s fossero pronti e che la Croce Rossa fosse pronta a riceverli dimostra che la macchina degli aiuti evidentemente è collaudata. E’ invece significativo che la notizia non quasi stata diffusa. Mc Donald’s non ne ha fatto cenno nei suoi comunicati ufficiali, la Croce Rossa di Roma ne parla quasi distrattamente solo nel primo comunicato dopo il terremoto.
Anche se continua a sorprendere la generosità che in casi come questi si manifesta. Il problema della solidarietà è che in Italia non c’è coordinamento.
Per esempio in questo terremoto ci sono moltissime diverse agenzie che raccolgono fondi – dalla Protezione civile, cui vanno i soldi del cosiddetto “sms solidale”, fino alle testate giornalistiche (La7 insieme al Corriere della Sera), passando per la Croce Rossa, che già gode di un lungo e consolidato rapporto di partnership con aziende.
E non solo Mc Donald’s: big della grande distribuzione come Lidl o Auchan, multinazionali come Amazon o Paypal o CocaCola, compagnie aereo come Alitalia o Easyjet, fino alla Fca.
Questo elenco non deve sorprendere: al contrario di quel che si pensa comunemente anche nel nostro Paese la cultura della “donazione” è ormai ampiamente diffusa. Quel che è meno diffuso è un approccio laico alla beneficienza e alle risposte alle tragedie.
Subito dopo il terremoto, per esempio, è straordinariamente salito il numero dei donatori di sangue tanto già il 25 agosto, meno di 48 ore dopo il sisma, c’erano code di donatori in moltissimi ospedali italiani. Per associazioni come la Fidas, che ogni anno si impegnano in campagne per invogliare a donare il sangue, devono essere stati giorni positivi. Ma nella cultura del nostro Paese la gioia associata ad un evento luttuoso come un terremoto è inconcepibile.
Tutti penserebbero inevitabilmente alla “speculazione sulla tragedia”, alle risate al telefono di due imprenditori edili dopo il terremoto dell’Aquila.
E se anche siamo certi che molti volontari delle organizzazioni che si battono per diffondere la cultura della donazione di sangue avranno riso confrontando le file dell’agosto 2016 con la carenza di sangue dell’anno precedente, non lo confesserà nessuno di loro.
Perché con gli aiuti siamo bravi ma poi preferiamo non farlo sapere, come per i panini di Mc Donald’s. Sono stati il primo pasto caldo – ci auguriamo fossero caldi– di migliaia di sfollati. Ma quasi nessuno lo ha saputo.
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