Economia civile
Liberati dal male: nullità della fideiussione in violazione all’Antitrust
Grande clamore sta suscitando la recente sentenza del Tribunale di Belluno del 31.1.2019 n.53, in merito alle nullità delle fideiussioni. Il provvedimento in parola, da un lato conferma l’orientamento che si sta ormai consolidando nei diversi tribunali di merito,[1] relativamente alle contestazioni sui moduli fideiussori redatti in modo conforme allo schema ABI, censurato dalla Banca d’Italia con provvedimento n. 55 del 2.5.2005 su parere del 20.04.2005, perché contenente clausole di “ reviviscenza di deroga all’art. 1957 c.c. e di “sopravvivenza”, lesive della concorrenza dell’Antitrust, riconoscendo la competenza del Tribunale ordinario a decidere ( in sede di opposizione a decreto ingiuntivo) sulla nullità delle specifiche clausole fideiussorie, in quanto si tratta di eccezione riconvenzionale idonea a paralizzare la domanda di pagamento introdotto con il ricorso monitorio ( in linea con la precedente decisione del Tribunale di Padova del 29.1.19 – v. articolo). Dall’altro, la sentenza è rilevante, in quanto, conformemente alla giurisprudenza Salernitana (Trib Salerno n. 3016/2018 del 23.8.18), viene sancita la nullità assoluta del contratto fideiussorio per violazione della normativa antitrust. In materia, a ben guardare, si sta man mano consolidando un orientamento giurisprudenziale favorevole alla difesa del fideiussore, nel senso che le fideiussioni, che contengono determinate clausole, generalmente indicate agli artt 2, 6 e 8 dei moduli usati in modo uniforme dalle banche, sono da considerarsi in contrasto con la normativa antitrust, in quanto vietate dall’art. 2 della L. del 10.10.1990, n. 287 (Tribunale Padova, 13 novembre 2018; Trib. Padova, 5 giugno 2018; Trib. Salerno, 23 agosto 2018).
Analisi della sentenza
Il G.I. Dott. Ruben D’Addio del foro bellunese, è stato chiamato a decidere su una opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Belluno nel 2014, con formula di provvisoria esecuzione a favore di una banca e a carico solidale di una società, s.n.c. nonché di un fideiussore, per una pretesa creditoria derivante da rapporti di conto corrente e mutui, facenti capo alla s.n.c. Si costituiva l’istituto di credito, che preliminarmente eccepiva l’incompetenza territoriale per deroga pattizia. Il fideiussore, si opponeva tempestivamente al decreto ingiuntivo, contestando la validità del modulo della fideiussione specifica prestata a favore della società debitrice principale, in quando regolata con riferimento agli artt 2, 7 e 9 delle condizioni generali, difformemente dalla normativa concorrenziale vigente, ed in particolare dall’art. 2 della Legge n. 287/1990 ( c.d. legge antitrust).
Sulla competenza del Giudice che decide dell’opposizione a decreto ingiuntivo
Il Giudice si è preliminarmente pronunciato sulla eccezione della competenza territoriale sollevata dalla banca, ritenendola infondata, in quanto la deroga alla competenza territoriale è idonea a concedere unicità al foro eletto dalle parti solo laddove risulti inequivocabile l’esclusività della scelta. Inoltre in merito alla competenza per materia, il giudicante afferma, che pur essendo consapevole della competenza delle sezioni specializzate in materia d’impresa rientra ( in base al combinato disposto degli artt 2 e 33, c.2 L. n. 287/1990 e dell’art. 3, commi 1, lett. c del D.lgs. n. 168/2003) l’accertamento in via principale e con efficacia di giudicato della nullità delle “intese” in sé. Tuttavia nella controversia in questione, trattandosi della nullità dell’intesa che costituisce oggetto di un accertamento incidentale, in sede riconvenzionale, all’accertamento della nullità derivata delle specifiche clausole fideiussorie, su cui il Tribunale in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, è di certo competente a giudicare trattandosi di eccezione in riconvenzionale, idonea a paralizzare la domanda di pagamento introdotta con il ricorso monitorio ( cfr. Cass. 9174/1987; Trib Padova ord. Del 13.11.18 e Trib. Salerno sent. 3016/18 del 23.08.18). Va da sé che l’accertamento richiesto non è sottratto al vaglio del giudice dell’opposizione al monitoro, investito già della controversia relativa all’efficacia della fideiussione e, prima ancora sotto il profilo logico e tecnico sollevato per eccezione riconvenzionale, della sua validità.
Al riguardo, si ricorda la chiara ed articolata motivazione del Tribunale di Salerno che, attraverso la citata pronuncia del 23 agosto 2018, ha chiarito che:
a) la nullità della fideiussione omnibus conforme allo schema ABI vietato, afferendo alla validità di un atto che rappresenta elemento costitutivo della domanda, può essere rilevata d’ufficio in qualsiasi stato e grado di giudizio (Cass. Civ. Sez. III, 19.06.2008, n. 16621);
b) l’eccezione di nullità delle fideiussione omnibus, non costituisce autonoma domanda da farsi valere solo avanti il Tribunale delle Imprese, bensì integra una eccezione riconvenzionale, rilevabile d’ufficio e idonea a paralizzare la domanda di pagamento azionata in monitorio, che ben può essere decisa da un Giudice diverso da quello competente, in via esclusiva, sulla relativa autonoma azione (Cass. Civ., 11.12.1987, n. 9174);
Sulla nullità delle fideiussioni
Il tribunale di Belluno, con la sentenza in commento ha dichiarato che le clausole – tipo censurate da Banca d’Italia (già autorità garante) coincidono nell’esatta sostanza con le condizioni generali predisposte dalla banca convenuta opposta ed accettate dall’opponente ed ha quindi ritenuto nulle, le clausole contrattuali contenute nelle fideiussioni prestate dall’opponente.
La suddetta nullità vizio, deriva dalla loro natura meramente riproduttiva degli schemi contrattuali uniformi ABI censurabili per il loro “scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa,” nonchè per carenza di un legame di funzionalità” con negozio fideiussorio e – dunque – nulli quali intese vietate dalla normativa antitrust, per il disposto degli artt. 2, c. 2, lett. a), e 3 della L. n. 287/1990 (cfr. Cass. 29819/20179).
Si ricorda che tali violazione furono accertate dalla Banca d’Italia, con provvedimento n. 55/2005, all’esito dell’istruttoria svolta ai sensi degli artt. 2 e 14 della L. 287/1990 nei riguardi dell’ABI (l’associazione delle banche italiane), su parere conforme dell’AGCM, che ha così dichiarato “ gli articoli 2,6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussioni omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengono applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90” .
Tradizionalmente, l’art. 2 dei predetti moduli fideiussori sottoposti alla firma della clientela, contiene la cosiddetta “clausola della reviviscenza”, in base al alla quale il fideiussore è tenuto “a rimborsare alla banca le somme che alla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”. Ebbene, con questa pattuizione, così gravosa per il fideiussore, la banca ha la certezza di avere prima o poi la soddisfazione della propria pretesa creditoria, indipendentemente dagli avvenimenti successivi all’adempimento;
– con l’art.6, si evidenzia ancora di più uno squilibrio delle posizioni tra banca e fideiussore, posto che “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ. che s’intende derogato”;
– per ultimo, vi è l’articolo 8 che crea un effetto “espansivo ed estensivo” della garanzia sugli obblighi di restituzione del debitore principale in caso in cui il rapporto principale fosse stato dichiarato invalido, stabilendo che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”.
Non può non disconoscersi l’indirizzo assunto dalla Suprema Corte, espresso attraverso la nota decisione nr. 29810/2017 che si rileva sia inequivocabile: tutte le fideiussioni stipulate successivamente all’entrata in vigore della legge antitrust, attuative di comportamenti concertati vietati, sono da considerarsi nulle anche se stipulate prima dell’accertamento della violazione della disciplina antitrust compiuto dall’Autorità garante. Tutto ciò purché l’intesa «a monte» si sia compiuta prima della stipulazione del contratto di fideiussione «a valle».
Sulla nullità integrale delle fideiussioni
Non ci sono dubbi sull’estensione della nullità dell’intero modulo fideiussorio. Di fatti, la sentenza afferma che pur essendo evidente, che la nullità attinge inizialmente solo tre clausole delle fideiussioni, essa sia suscettibile di estendersi all’intero negozio fideiussorio, a norma dell’art. 1419 c. 1 c.c. per cui “la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità” (applicabile ex art. 1234 c.c. anche agli atti unilaterali Cass. 10690/2005) laddove, come nel caso di specie, non sia possibile la sostituzione di diritto di tutte le clausole con norme imperative ex art. 1419, c. 2 c.c. Sul punto il giudice rileva che le clausole censurate costituivano una marcata tutela del creditore avverso i rischi da inesigibilità delle obbligazioni principali e accessorie in deroga a quanto previsto dagli artt. 1956 e 1957 c.c.: esse tratteggiano elementi essenziali nell’economia del negoziale, di efficacia sostanziale e temporale della garanzia fideiussoria.
Inoltre l’inclusione di simili pattuizioni nelle condizioni generali di contratto (unilateralmente predisposte e destinate per loro natura a disciplinare in maniera uniforme quel tipo di rapporti negoziali, cfr. artt. 1341 e 1342 c.c.) contenute in formulari predisposti dalla banca convenuta opposta all’adesione generalizzata dei contraenti (fra cui l’opponente) induce a concludere che le parti non avrebbero stipulate il negozio senza tali clausole, perchè specificamente funzionalizzate al raggiungimento dell’obiettivo negoziale delle parti. Ne deriva il rilievo per cui le clausole colpite da nullità erano da reputarsi irrinunciabili per queste ultime, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1419 c. 1 c.c.
Per cui la nullità dovuta alla violazione della normativa sulla libera concorrenza, attuata nelle fideiussioni omnibus con la generalizzata adozione delle clausole di reviviscenza, sopravvivenza e di rinuncia al termine decadenziale di cui all’art. 1957 c.c., si riverbera sull’intero contratto di fideiussione; sebbene Cass. 29810/2017 non precisi se le clausole vietate determinino la nullità dell’intero contratto o la sostituzione delle stesse con la normativa codicistica, deve tout court escludersi l’applicabilità della nullità parziale ex art. 1419 c.c. perché:
A) le parti che hanno dato luogo alla lesione anti consumeristica non coincidono con quelle che hanno posto in essere il negozio “a valle”;
B) la gravità delle violazioni in esame, – che incidono pesantemente sulla posizione del garante – rispetto ai superiori valori solidaristici, ben giustifica che sia sanzionato l’intero agire dei responsabili di quelle violazioni; poiché qualsiasi forma di distorsione della competizione del mercato, in qualunque modo posta in essere, costituisce comportamento rilevante per l’accertamento della violazione dell’art. 2 della normativa antitrust, è inevitabile concludere che l’intero portato, a valle di quella distorsione, debba essere assoggettato alla sanzione della nullità.
Verifica che, nella pratica, si concretizza nel rispetto, da ambedue le parti contrattuali – fideiussore e creditore – dei principi di correttezza e buona fede che ispirano l’intero sistema di diritto positivo.
Nell’ambito delle fideiussioni omnibus, la banca ha peraltro un particolare onere di controllo della situazione finanziaria del debitore, non potendo, nell’accordare la fideiussione, limitarsi a fare affidamento esclusivamente sul patrimonio del garante, a fronte della manifesta incapienza del patrimonio dell’obbligato principale.
La Cassazione ha, infatti,affermato che “l’istituto di credito, ancorché garantito da fideiussione, ha il dovere di comportarsi nei confronti del debitore principale secondo i criteri di una sana gestione del credito e che si ha un comportamento contrario alla buona fede (oggettiva) – sanzionato con l’inefficacia della garanzia fideiussoria – se, nonostante la prevedibile inadempienza del debitore, il creditore decide di procedere all’operazione fidando soltanto nella responsabilità del fideiussore ” (Cass. Civ., 01.07. 1998, n. 6414).
Il caso di specie dimostra chiaramente come l’Istituto di credito abbia adottato un comportamento in contrasto con i principi di buona fede e correttezza che dovrebbero permeare i rapporti di natura negoziale.
Naturalmente, il grado di diligenza richiesto alla banca, nella valutazione delle condizioni economiche del debitore, è particolarmente rigoroso in considerazione della professionalità che è legittimo pretendere da chi gestisce la raccolta del risparmio e l’esercizio del credito.
Sul punto, si rileva che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito, senza lasciare alcun dubbio in merito, che la fideiussione può assumere validità solo se diretta a garantire operazioni poste in essere nell’esercizio normale dell’attività bancaria; all’astratta validità del negozio fideiussorio corrisponde, infatti, l’obbligo della banca di comportarsi secondo buona fede nel momento esecutivo, con la conseguenza della esclusione dall’ambito di operatività della garanzia di tutte quelle operazioni che discendano, come nella fattispecie dedotta nell’odierno contendere, da una esplicazione anomala e fraudolenta dell’attività creditizia (in tal senso, cfr. Cass. Civ., Sez. I, 18 luglio 1989, n. 3362, in Foro It., 1989, I, 2750; Cass. Civ., Sez. I, 20 luglio 1989 n. 3385, in Foro It., 1989, I, 3100; Cass. Civ., Sez. I, 20 luglio 1989 n. 3386, in Foro It., 1989, I, 3100; Cass. Civ., Sez. I, 20 luglio 1989 n. 3387, in Giur. Civ. 1990, I, 395; Cass. Civ., Sez. I, 20 luglio 1989 n. 3388).
Peraltro, nell’ambito delle fideiussioni omnibus, la Banca ha un onere di controllo ancor maggiore della situazione finanziaria del debitore, non potendo, nell’accordare la fideiussione, limitarsi a fare affidamento esclusivamente sul patrimonio del garante, a fronte della incapienza del patrimonio dell’obbligato principale. La Cassazione ha, infatti, affermato che “l’istituto di credito, ancorché garantito da fideiussione, ha il dovere di comportarsi nei confronti del debitore principale secondo i criteri di una sana gestione del credito e che si ha un comportamento contrario alla buona fede (oggettiva) – sanzionato con l’inefficacia della garanzia fideiussoria – se, nonostante la prevedibile inadempienza del debitore, il creditore decide di procedere all’operazione fidando soltanto nella responsabilità del fideiussore ” (Cass. civ., 1.7. 1998, n. 6414).
Ad avviso di tale giurisprudenza, in siffatte ipotesi, la violazione del canone di buona fede nell’esecuzione della clausola in esame comporta non solo l’inefficacia, bensì la liberazione dei garanti in conformità alla previsione di cui all’art. 1956 c.c.
Conclude la sentenza, anche alla luce di quanto argomentato da recente giurisprudenza di merito, afferamando che discende la nullità integrale delle fideiussioni contestate, con tavolgimento dell’obbligazione accessoria da loro portata a carico dell’opponente.
[1]Trib. Venezia, 6 giugno 2016, in Foro pad., 2017, p. 192 ss., con nota di G.SICCHIERO, Sulla nullità della deroga all’art. 1957 c.c. – e di altre clausole delle fideiussioni omnibus – per violazione della disciplina antitrust – art. 2 l. n. 287/1990 – ; Trib Salerno n. 3016/2018 del 23.8.18; Tribunale di Padova, 05 Giugno 2018, così massimata: “Il mutamento giurisprudenziale di cui alla sentenza della Cassazione n. 29810 del 2017, che sancisce la nullità delle fideiussioni omnibus quando dalla loro conformità al modello ABI ne derivi una violazione della normativa antitrust, costituisce circostanza idonea per l’accoglimento della richiesta di sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto in relazione alla posizione dei fideiussori” (così in ilcaso.it); vedasi altresì la recentissima ordinanza del Tribunale di Roma del 26 luglio 2018 che dispone a favore del garante rigettando la richiesta di provvisoria esecutività con riguardo ad una fideiussione stipulata nel 2006, dandosi della
pronuncia della Cassazione una lettura assai radicale: “con ordinanza n. 29810 del 2017, la Corte di Cassazione ha affermato il principio in base al quale sono nulli, per violazione dell’art. 2 della l. n. 287 del 1990 (legge antitrust) – il quale dispone la nullità ad ogni effetto delle intese fra imprese che abbiano ad oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in modo consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante – i contratti di fideiussione che contengano le norme bancarie uniformi predisposte dall’ABI, e ciò in quanto tale applicazione avrebbe come conseguenza la concretizzazione delle summenzionate vietate intese”.
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