Economia civile
Il volontariato ai tempi della pandemia: intervista con Bo Guerreschi
Bo Guerreschi, economista internazionale, presidentessa della ong Bon’t worry, ha sempre sottolineato l’importanza dell’aspetto economico come una delle cause delle violenze. Per questa ragione Bon’t worry ha sempre cercato di basare lo sviluppo dell’attività associativa sullo sviluppo o sul recupero di attività economiche nei paesi, luoghi o città dove la ong assiste le vittime di violenza. Come tutte le onlus cerca donazioni, ma predilige investitori con cui poter dividere l’importanza dello sviluppo economico, anche ” old economy”. È quindi un osservatorio privilegiato per esaminare la situazione in cui versano le parti più fragili della nostra società.
Buongiorno. Può dirci come la recente emergenza sanitaria nazionale, sta impattando su di lei e sulla associazione da lei fondata?
Nell’attuale situazione di emergenza a livello nazionale il governo si sta muovendo per dare concretezza, con direttive corrette e indiscutibili per la tutela della salute. Purtroppo però le iniziative prese a livello economico/finanziario offrono pochissimo aiuto concreto per i cittadini in situazioni di reale difficoltà. Per la nostra specifica attività, la nostra casa protetta, un edificio pensato e strutturato allo scopo di garantire sicurezza e tranquillità alle vittime di violenza di genere durante il periodo del procedimento giudiziario, è stata chiusa per l’impossibilità di rispettare le direttive governative atte alla prevenzione del Covid-19 a causa del soprannumero di ospiti. Abbiamo dovuto far rientrare le ragazze protette al loro paese di appartenenza applicando la procedura “assistita all’estero” attraverso ambasciate e Consolati dei loro paesi; in alcuni casi nei quali questo non era possibile abbiamo dovuto spostarle in un luogo sicuro, sempre a nostre spese.
Dalla sua diretta esperienza, può dirci quali sono le conseguenze della situazione attuale delle componenti più fragili della nostra società, che associazioni come la sua cercano di tutelare?
Bon’t worry è una Ingo contro la violenza, ci occupiamo molto della violenza economica che, quasi sempre, consegue a quella fisica. Cerchiamo di aiutare le vittime a ricostruirsi una vita con un lavoro che le possa rendere autonome. Per la loro condizione di fragilità psicologica ed economica, le vittime di violenza entrano spesso nel mondo del lavoro dalla porta più stretta: contratti a tempo determinato, dipendenti di cooperative, attività nel settore dei servizi. Nelle ultime tre settimane molte delle vittime che abbiamo ricollocato, non prendono stipendio. Come se non bastasse, sono massacrate dai direttori di banche e dai recuperi crediti con cui avevamo condiviso piani di rientro per debiti. Le ultime rate per qualche decina o poche centinaia di euro (spesso derivanti da prestiti ai persecutori e non alle vittime), sono rimaste insolute, a causa dell’assenza di entrate. Abbiamo dovuto intervenire personalmente e con PEC di avvocati per limitare questa persecuzione. Bisogna tenere presente che queste ragazze sono abituate a rivolgersi a noi per assistenza. Ma quanti altri soffrono in silenzio? Alcune di loro hanno già perso il lavoro, quelle che erano alla ricerca di lavoro si sono viste sparire, da un giorno all’altro, la possibilità di tentare una nuova vita. Sono tutte persone che stanno vivendo nella precarietà totale e molte non hanno nemmeno il denaro per fare la spesa per se stesse e per i loro figli. In questi giorni particolarmente difficili per tutto il paese e i suoi cittadini, la maggioranza degli enti e delle autorità stanno cercando di unirsi per impedire al sistema economico di collassare; sconcerta che istituti di credito e società di recupero crediti insistano, a volte ai limiti dello stalking, per recuperare i crediti, ignorando la situazione di emergenza in cui ci troviamo. La vita è, di fatto, congelata. Come si può pensare che i debitori, molti dei quali hanno perso la fonte del proprio reddito, adempiano le proprie obbligazioni? Sarebbe auspicabile che, in un simile contesto, in cui lo stato richiede a tutti un sacrificio, anche questi istituti si astenessero da simili condotte.
Si poteva evitare questa situazione? E cosa si può fare adesso, secondo lei?
In tempi non sospetti ho proposto a diversi politici di limitare sfratti e aste fallimentari: si sarebbe posto un limite al massacro sociale. Sospendendo nelle situazione di difficoltà affitti e rate dei mutui, consentendo ai proprietari di non pagare le tasse per le case e bloccando per un anno i mutui, con annessi interessi, si sarebbe consentito alle persone di riprendersi per poi rinegoziare il mutuo. Si sarebbero rispettate obbligazioni e impegni senza tracollo. Oggi sento che l’hanno applicato, ma la mia domanda è: perché non applicarlo prima, in modo da concedere una ripresa evitando questo massacro sociale. Oggi le nuove sofferenze andranno ad aggiungersi a quelle pre-esistenti. Il rischio è una crisi economica e una crisi sociale molto più grande di quelle del 2008 e del 2012. Post Covid-19 ci troveremo al tracollo, rischiando una sciagurata svendita dell’Italia al miglior offerente.
Quali prevede saranno le conseguenze di questi possibili danni economici sul tessuto sociale del paese? Secondo lei è possibile che ci sia una correlazione tra malessere economico e violenze domestiche e di genere?
La perdita del lavoro e la chiusura di diverse aziende porteranno all’aumento delle violenze domestiche. Sono anni ormai che sostengo che l’aspetto economico è una delle maggiori cause di violenze domestiche e di molte altre tragedie: abusi, suicidi, omicidi. Se questa situazione di disperazione e abbandono dovesse proseguire, nei prossimi mesi aumenteranno le situazioni di violenza domestica e le relative denunce.
(ha collaborato Libero Pastore)
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