Cooperazione
Un libro racconta le cooperative di comunità che resistono. La voce di Valnure
Siamo all’ultimo giro di parole, incontri e osservazioni di questo reportage sulle cooperative di comunità dell’Emilia Romagna. Le distanze dal punto di partenza ravennate si allungano, si guarda all’estremo nord ovest della regione, verso il piacentino che nell’immaginario collettivo è già Lombardia, ma che invece proprio per quella regione rappresenta il contatto con un simbolo enogastronomico emiliano di grande interesse. Come vedremo tra poco è questo il caso della cooperativa Valnure che ha sede amministrativa a Ponte Dell’Olio e che raggiungiamo stavolta attraverso una telefonata al suo giovane presidente Samuele Risoli. Aveva meno di 30 anni quando ha deciso per il grande passo e ha fondato assieme ad alcuni soci, col sostegno di Confcooperative di Piacenza, questa realtà nata nel settembre 2017 in uno dei quattro comuni dell’alta Val Nure, accomunati da produzioni nel settore agroalimentare e comunque rivolti anche ai servizi alle loro comunità. Oggi la cooperativa conta 14 soci, 4 addetti tra cui un dipendente che è lavoratore svantaggiato e – come racconta lo stesso Risoli nel libro sulle cooperative di comunità emiliano-romagnole uscito grazie a un immenso lavoro congiunto guidato da Confcooperative – oggi rappresenta una realtà in via di sensibile sviluppo, dopo le due annate amare della pandemia.
Una voce giovane e determinata quella di Samuele che inizia speditamente il racconto della genesi della cooperativa: “Dopo anni passati nel volontariato per l’organizzazione delle fiere principali della nostra zona io – in veste di collante tra le diverse produzioni che conoscevo – assieme a un gruppo di soci-produttori, viste le tantissime richieste di partecipare a fiere ed eventi anche al di là del piacentino, abbiamo capito che si poteva fare un salto di qualità proprio perché c’era una forte richiesta di nostri prodotti soprattutto dalla bassa Lombardia, ma anche da Milano stessa e dal Veneto. C’era in ballo già a metà del 2017 una richiesta di partecipazione ad altre fiere, altri eventi; stiamo parlando di prodotti alimentari di qualità tra cui la famosa pancetta piacentina, che piano piano si erano fatti conoscere principalmente attraverso canali informali ma anche le fiere stesse organizzate nella nostra zona; ci trovavamo spesso davanti a una forte domanda ma nessuno di quelli che sarebbero poi diventati futuri soci della cooperativa poteva mai fare molto al di là del proprio lavoro, specie la domenica, quando magari potevano nascere le occasioni più favorevoli; così, grazie a Confcooperative di Piacenza, abbiamo valutato che si poteva dar vita a una cooperativa di comunità; siamo nel settembre 2017, si diffondevano le prime forti testimonianze su questa forma di economia sociale già affermata nell’Appennino reggiano; i casi di Cerreto e Succiso vicino a noi rappresentavano ottime guide da seguire.
Abbiamo così fondato la cooperativa Valnure tra i piccoli produttori alimentari dei quattro comuni di Ponte dell’Olio, Bettola, Farini e Ferriere; siamo riusciti a dotarci di uno stand e a formare alcuni giovani per la vendita diretta in fiere ed eventi a connotazione gastronomica, riuscendo così nell’intento primario per la cooperativa, quello di far lavorare persone del territorio nella promozione e vendita dei nostri prodotti. I soci si sono all’inizio autofinanziati con una quota individuale che ha permesso l’acquisto dello stand, poi la cooperativa ha partecipato a un bando Gal Gran Ducato riuscendo ad avere il proprio progetto finanziato: da lì abbiamo proseguito con l’acquisto di attrezzature per l’allestimento vero e proprio dello stand. Il bando faceva parte dei bandi (GAL) che utilizzano fondi europei per distribuire risorse sul territorio, accettano progetti e danno spesso concretezza alle idee proposte da questo tipo di realtà comunitarie. Abbiamo dotato la nostra squadra di un furgone a noleggio e via, dopo circa un anno è arrivata la nostra prima fiera come cooperativa Valnure, nel 2018. Siamo poi riusciti a fare almeno una fiera al mese, dando possibilità di lavoro a due ragazzi più una persona svantaggiata. In tutto questo, ci tengo a ripetere che Confcooperative – sia provinciale che regionale – è stata fondamentale, non ci ha abbandonato un giorno solo.
Gli domando come se la siano cavata durante il periodo Covid.
“E’ stato certamente un iniziale punto d’arresto. Noi avevamo tutti un nostro lavoro e così ci siamo messi in stand by, a riflettere. Per fortuna ci eravamo già fatti conoscere come cooperativa agroalimentare e dunque continuavamo a ricevere diverse richieste di forniture. Abbiamo così trovato canali di vendita e consegna a domicilio, spingendoci oltre che nella bassa lombarda anche a Milano città. Tutto senza e-commerce, attraverso scambi WhatsApp e canali informali: una volta al mese si partiva per un giro di consegne giornaliero. Insomma siamo rimasti in qualche modo attivi, ma è stata dura. Dopo il Covid è ripartita la partecipazione a fiere ed eventi, senza che comunque si fermassero anche le consegne ai privati… molti organizzatori hanno poi iniziato a chiederci di fare anche da mangiare all’interno di feste paesane, quindi dalla vendita siamo passati anche alla somministrazione: si sa che chi assaggia poi compra più volentieri. Abbiamo dunque aperto anche un canale di somministrazione che ci ha fatto crescere ulteriormente.”
Questa storia quindi parte da piccoli produttori locali di quattro comuni ai piedi dell’Appennino ligure-emiliano che si uniscono per promuovere i loro insaccati, il miele biologico, i vini, le farine e i formaggi della Val Nure, ciò che tradizionalmente questa terra ha sempre prodotto, dandogli però un risalto e un riscatto in termini di distribuzione sui territori limitrofi e sulle piccole o grandi città della bassa Lombardia appassionate da sempre di “emilianità”.
(Samule Risoli al lavoro nello stand)
“Ho riassunto bene?”
“Certo – prosegue entusiasta Samuele – essenzialmente siamo una cooperativa di comunità a base agroalimentare ma ci sono anche nuovi spiragli che si aprono. Abbiamo aperto altri canali di cooperazione con le amministrazioni locali come la cura e la manutenzione del verde, avviando formalmente una nuova categoria di lavoro per noi. Questa scelta ha permesso di nuovo di creare lavoro e anche di sostenere i comuni che spesso hanno pochi operai per questo tipo di attività, talvolta urgenti in alcuni periodi di primavera-estate. Poi ancora abbiamo raccolto la sfida di gestire il palazzetto dello sport comunale di Ponte dell’Olio che soffriva per carenze di vario tipo. Ci siamo così trovati a gestire e tutt’ora gestiamo questo spazio, almeno finché non si presenti una società sportiva che lo faccia al posto nostro. E’ stato un servizio molto apprezzato dalla collettività, perché ha permesso specie nei periodi più critici a livello sanitario di poter fare sport in questa sede.”
Gli domando del rapporto con le amministrazioni locali, trattandosi di paesi piccoli ma governati da consigli e giunte.
“Siamo nati su sollecitazione dell’amministrazione di Ponte dell’Olio e dell’Unione Alta Valnure che appunto include Ponte dell’Olio, Bettola, Farini e Ferriere, per un’area complessiva che si spinge fino al confine con Liguria. Capisci che non siamo quindi tanto legati a un singolo paese ma un’intera vallata e ai suoi produttori sparsi sui quattro comuni detti sopra, che offrono formaggi, farine di montagna, vini e salumi in uno “Stand di Vallata itinerante”, unendo in un solo paniere salumifici, viticoltori, apicolura biologica, e ora anche una sezione di gastronomia. Basta entrare nel nostro sito per vedere i principali eventi e le fiere a cui partecipiamo ogni anno, oltre a conoscere nello specifico le nostre eccellenze.”
“Un’altra curiosità: il vostro raggio di vendita quando uscite per le consegne?”
“Tutto si vincola alla possibilità di consegnare effettivamente i prodotti senza dovere dormire fuori, quindi non ci spingiamo mai troppo distanti dalla nostra sede: i viaggi devono consentire di rientrare la sera alla base. A volte comunque spediamo; diciamo che consegniamo direttamente sulle province di Piacenza, Parma, Brescia, Milano, Cremona. Lo stesso vale per le fiere a cui partecipiamo, per lo più concentrate nella bassa Lombardia. Da ricordare l’evento clou per noi ogni anno a novembre, Golosaria, famosa fiera enogastronomica a Milano-city. Oltre alla stessa Milano, le città che apprezzano molto i nostri prodotti sono Crema, Cremona e tutta quella zona che da Piacenza va verso Mantova e poi il Veneto, dove tradizionalmente amano moltissimo la nostra gastronomia. Pensa che la domenica arrivano in valle da Milano e dalle zone limitrofe diverse centinaia di appassionati buongustai diretti ai nostri ristoranti e questi clienti rappresentano circa il 90% di quelli del fine settimana.”
Chiedo a questo punto se anche qui a Valnure, come per altre comunità incontrate in Emilia-Romagna, affrontino problemi di spopolamento e chiusure di attività preziose.
“Sì, diciamo per fortuna non ancora in maniera drammatica. Dobbiamo far sì che non si arrivi all’annientamento dei servizi e allo spopolamento nemmeno in futuro. Abbiamo ancora molti negozi attivi, una ottantina tra botteghe e piccole attività ad esempio che ancora resistono solo a Ponte dell’Olio. Abbiamo grandi possibilità di ulteriore sviluppo economico-turistico, specie sul versante lombardo e non dobbiamo lasciarci scoraggiare dal momento contingente non così favorevole in generale. Ci stiamo anche orientando al settore turistico che proprio durante la pandemia ha rivelato interesse per questi luoghi vicini ai grandi centri e allo stesso tempo appartati e tranquilli. C’è ancora molto da fare in tal senso.
Pensando ai problemi di spopolamento, il comune di Farini è forse quello che ha sofferto di più negli ultimi anni; ha visto molti abitanti lasciare il comune, ha un trend economico negativo nonostante non sia ai confini della provincia; ci sono quindi alcuni problemi, dobbiamo lavorare anche nella direzione della salvaguardia del tessuto economico e sociale.
Accennavi poco fa al turismo, credi sia una direzione importante anche questa in termini di sviluppo?
“Ha delle potenzialità ulteriori certamente; si avverte che la gente ha voglia di conoscere meglio il nostro territorio e di inoltrarsi nei nostri boschi e tra i monti vicini; ci sono molte seconde case, c’è gente che viene qui spesso nei fine settimana, per camminare, per il cibo ovviamente, ma anche solo per relax. Come dicevo abbiamo avuto un boom di affitti durante il periodo Covid, comprensibilmente; a momenti si affittavano anche le cantine. Noi ci stiamo lavorando, anche con la creazione di una rete escursionistica sui quattro comuni di 450 chilometri tabellati e puliti; ogni paese ha il proprio anello e tutti gli anelli saranno collegati tra loro. Poi abbiamo in corso una collaborazione con il centro sportivo di Farini con cui collaboriamo e già prepariamo cene e pranzi nei mesi estivi. A luglio e agosto si crea quindi una sorta di festa permanente a Farini dove si uniscono gli eventi sportivi al buon cibo che prepara la nostra cooperativa. L’idea di futuro è quella di mettere a sistema le cooperative di comunità del piacentino e dar vita a un consorzio di cooperative; ne parliamo con le amministrazioni da tempo, speriamo che si individuino attività che possiamo fare unendoci come consorzio: progetti di vallata ovviamente e non solo di paese. Io credo riusciremo così a diventare una cooperativa di secondo livello, per uno sviluppo futuro congiunto.”
Dimenticando una domanda che volevo porre all’inizio e che parte dal presupposto ormai chiaro di una forza giovanile necessaria a queste esperienze, domando l’età media dei soci della cooperativa.
“L’età è piuttosto variabile – mi risponde Samuele – non siamo tutti giovani diciamo… Io sono stato tra i promotori più giovani di sicuro, ero quello che riceveva tutti gli inviti a partecipare agli eventi in qualità di dipendente di un salumificio; ho fatto da mediatore diciamo tra operatività e rappresentanza; un obiettivo comune è anche quello di abbassare via via l’età media facendo lavorare dei ragazzi giovani, facendo riscoprire la passione che nutre le piccole aziende alimentari. Penso a un giovanissimo eroe del mondo agricolo di Farini: un ragazzo che si chiama Francesco Chinosi e che da il cognome anche alla sua azienda agricola. Lui ad esempio produce una farina di montagna a 800 metri d’altezza con vecchie attrezzature e riesce in un’impresa impensabile. L’azienda riesce a vendere le proprie farine ad un prezzo più alto della media ma non fuori mercato, perchè c’è alta qualità; per me lui è un eroe e un esempio potente da seguire.”
Gli domando se desidera restare presidente della cooperativa.
“Al momento non credo di aver scelta – sorride – ma lo faccio molto volentieri. Mi piace pensare di riuscire ad attirare nuove risorse però, far lavorare i ragazzi ancora universitari che magari attraverso le fiere prendono contatto con il mondo del lavoro e nello specifico possono valutarne le opportunità future per restare con noi, nella loro terra. Tengo sempre sott’occhio i bandi pubblici con l’obiettivo di arrivare presto a una forma più strutturata della cooperativa, dove possano lavorare persone fisse in veste di lavoratori a tempo pieno, così da potermi avvalere anch’io di un aiuto concreto; oggi abbiamo solo un lavoratore a tempo indeterminato e più ragazzi che fanno fiere ma non lavorano costantemente, si tratta di lavori a progetto o a chiamata. Non abbiamo ancora segreteria, non siamo così strutturati, per fortuna ci aiuta Confcooperative di Piacenza. Ci manca appunto tutta la parte amministrativa a cui cerco di far fronte io che comunque traggo reddito primariamente attraverso il salumificio. Tutto il nostro consiglio di amministrazione non ha stipendi, solo io come presidente spendo ore e impegno con rimborso spese anche perché ho le possibilità e il tempo per farlo; gli altri soci sono solo fornitori e insomma dovremo appunto strutturarci in “termini aziendali”, per noi e per dare maggior lavoro all’esterno”.
Un’ultima curiosità Samuele: “Quale formazione ha un giovane presidente di una cooperativa di comunità come la vostra?”
Samuele sorride: “Sono laureato in scienze internazionali e delle istituzioni europee ma oggi lavoro nell’alimentare perché realmente mi appassiona fin da ragazzo. Non credo sia una coincidenza che la mia tesi di laurea sia stata proprio sullo sviluppo della cooperazione in Danimarca nel 1800… E’ così, l’agroalimentare è sempre stato un filo conduttore dei miei interessi, ma la politica forse non mi si s’addice altrettanto; seguo il lavoro amministrativo ma non in prima persona, ero già nell’associazione che organizzava le fiere e quindi era naturale il passaggio dal volontariato all’operatività; sono stato credo un buon mediatore, dialogare con le amministrazioni che cambiano non sempre è facile; allo stesso tempo siamo pur sempre una realtà aziendale, bisogna saper dialogare con la politica. Il bene della cooperativa mi preme al di là delle dinamiche della politica stessa: se le proposte favorevoli arrivano da chi un tempo non ci appoggiava, io tendo comunque ad accoglierle, a dialogare con chi ci può sostenere, dare lavoro.”
Lo saluto pensando che contrariamente a quanto crede lui, Samuele sia un ottimo leader “tessitore” di nuove possibilità per la cooperativa di comunità che presiede con grande entusiasmo e sane motivazioni. Racconta lui stesso in prima persona la storia di Valnure, nel libro cui si accennava all’inizio dal titolo “Territori generativi. Storie di cooperative di comunità dell’Emilia Romagna raccontate dai protagonisti”. E’ un libro voluto da Confcooperative per la propria collana divulgativa Idee-Progetti , realizzato con il contributo di Fondosviluppo, curato dal giornalista e scrittore Elio Pezzi.
A conclusione di questo reportage sulle cooperative di comunità emiliano-romagnole, vogliamo dare risalto a questa pubblicazione presentata pochi giorni fa alla Dallara Academy a Varano de’ Melegari in provincia di Parma, alla presenza del Presidente di Confcooperative Emilia Romagna Francesco Milza. Introducendo il libro, Milza ha riconfermato l’importanza di questo modello di sviluppo sociale ed economico soprattutto per le aree interne spesso sofferenti per la chiusura di attività economiche primarie e per la loro fisiologica tendenza allo spopolamento. Dalla Val Trebbia piacentina all’Alta Valmarecchia riminese, il volume di oltre 200 pagine, racconta dalla voce diretta dei protagonisti di queste realtà comunitarie, la genesi e il presente di numerose cooperative, tracciandone un profilo ben dettagliato e corredato di materiali fotografici e dati interni. Si tratta di ben 24 storie (sulle circa 35 cooperative fondate in regione), alcune delle quali hanno appunto incontrato anche Gli Stati Generali in queste settimane, come la cooperativa di San Zeno, presente anch’essa al seguito di due classi di una scuola superiore in gita, alla presentazione del libro giovedì 4 maggio scorso. Nessuna delle province della regione è esclusa, si toccano anche Ravenna, Ferrara, Modena.
Con un’intensa introduzione del Presidente Nazionale di Confcooperative Maurizio Gardini, questo libro racconta storie di un’economia generativa capace di un impatto diretto sulle comunità di territori spesso in difficoltà per mancanza di lavoro, di servizi e per il conseguente rischio di sparizione. Grazie alla legge regionale dell’autunno scorso (presente per intero nell’appendice del volume), queste realtà comunitarie hanno oggi un solido inquadramento giuridico in attesa di essere riconosciute dal Parlamento italiano; nel frattempo la regione sta preparando un nuovo bando rivolto alle cooperative di comunità prima del quale verrà pubblicato l’albo regionale delle stesse.
Il futuro di questo modello emergente è dunque incoraggiato non solo dalla politica regionale ma anche da un insieme di possibilità a livello nazionale ed europeo, e soprattutto da un presente che a ben guardare sta volgendo lo sguardo a stili di vita extraurbani, alternativi rispetto ai consumi e all’abitare stesso, privilegiando quando possibile una vita in luoghi più salubri, meno densi, sgravati dall’oppressione del traffico, del rumore industriale, dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, oltre che dalla frenesia che normalmente segna la vita urbana.
Leggere questa densa pubblicazione il cui editing e coordinamento editoriale sono a cura di Giovanni Bucchi, con interventi di varie personalità della politica, della cooperazione e delle università, dà in una certa misura fiducia; incoraggia speranze verso una possibilità d’incontro tra comunità territoriali, politica ed economia, nell’attenzione non solo materiale ma anche emozionale rivolta al “piccolo” all’”isolato”, a ciò che dell’Italia periferica rischia di scomparire tra le maglie della grande distribuzione e quelle virtuali non meno feroci della digitalizzazione.
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