Commercio
‘Tampon Tax’: finalmente l’Italia riduce l’Iva al 10% sugli assorbenti
L’imposta sul valore aggiunto viene abbassata per l’acquisto di assorbenti ed affini, alleggerendo una tassa iniqua per il diritto ad essere donna
Essere una donna significa tante cose. Tra queste, ve ne è una particolarmente importante per la nostra fisiologia, che ci rende diverse dagli uomini in maniera irrinunciabile: il ciclo mestruale. Sull’argomento si sono incrostati per molti anni, tabù e speculazioni di ogni tipo, su tutti quelle riferibili al costo degli assorbenti, considerati come beni di lusso e non invece, beni di prima necessità, tanto da tassarli con l’ Iva al 22%. Ora, finalmente, dopo tante battaglie ed appelli caduti nel vuoto, il Governo presieduto da Mario Draghi, ha approvato, nella giornata del 19 ottobre 2021, la tanto agognata riduzione dell’imposta sul valore aggiunto, portandola al 10%. Un primo fondamentale passo, verso, si spera, l’abbattimento di un costo iniquo per quello che rappresenta per la donna, un appuntamento con la natura irrinunciabile, dalla cadenza mensile e che certamente prescinde dalla propria volontà, accompagnandola per tutta l’età fertile.
La situazione negli altri paesi Ue ed extra Ue
Sebbene in altri paesi membri dell’Unione Europea, quali l’Ungheria, la Norvegia, la Svezia, la Danimarca, la tassabilità sul costo di assorbenti, tamponi, coppe mestruali, sia addirittura superiore a quella vigente in Italia fino a ieri, sfiorando addirittura il 27 %, vi sono alcuni altri stati che hanno fatto dell’apertura e della solidarietà verso il sesso femminile, un esempio da emulare. Trattasi dell’Irlanda che, già da 15 anni, ha abbattuto completamente l’imposta sul valore aggiunto per l’acquisto degli assorbenti. La scorsa estate, anche da Bruxelles, era stata approvata una risoluzione di tipo non legislativo, per evidenziare come vi sia l’esigenza improcrastinabile di provvedere all’azzeramento di tutte quelle sovrastrutture fortemente condizionanti per il benessere e la salute sessuale e di carattere riproduttivo. Il Regno Unito ha incluso la possibile riduzione dell’Iva, tra gli effetti positivi che la recente Brexit ha prodotto in termini di libertà di autodeterminazione dei prezzi. Mentre altre nazioni come Cipro e la multietnica Francia hanno, dal canto loro, compiuto un importante sforzo, riducendo rispettivamente l’Iva sugli assorbenti al 5% ed al 5,50%. Diversa ma ragionevole la situazione in Portogallo , Belgio e Paesi Bassi che si attestano al 6 %, mentre in Grecia è stata fissata al 13%. Senza dubbio, però, il riferimento più virtuoso lo merita la Nuova Zelanda, che grazie ad una guida politica al femminile, come quella messa in atto dalla Premier, Jacinda Ardern, ha iniziato a distribuire gratuitamente a tutte le ragazze frequentanti le scuole neozelandesi in età mestruale, assorbenti e tamponi. Ritornando alle reazioni avute nel nostro Paese, dopo la diramazione della nota di Palazzo Chigi, entro cui si apprende che la riduzione dell’Iva al 10% sul costo degli assorbenti ,sarà prevista nella prossima manovra finanziaria del 2022, con l’inserimento nel Dpb (il documento programmatico di bilancio), nel quale poi verrà dettagliatamente illustrata, si è registrata soddisfazione, seppur moderata , perché c’è ancora molto da fare, da parte di esponenti femministe a vario titolo, facenti parte di associazioni di genere , ma anche membri istituzionali, come Lucrezia Iurlaro, Presidente della Associazione ‘Tocca a noi’ e Laura Sparavigna, consigliera del Comune di Firenze, che dalla scorsa estate portano in giro per l’Italia, ‘La Tampon Tax in tour’, per una corretta informazione e sensibilizzazione sul tema.
Il costo medio degli assorbenti sulle tasche delle donne
Tutti gli appelli rivolti in passato ai vari Governi che si sono succeduti ,hanno prodotto un nulla di fatto, per timore di adottare una misura troppo spregiudicata ed eccessivamente esosa. Ma basti pensare che una donna nell’arco temporale di 12 mesi, per l’acquisto di una confezione di assorbenti o affini di 14 pezzi, spende tra i 4 ed i 5 euro, e considerando che una confezione non riesce a coprire la durata complessiva del ciclo mensile, tanto da richiederne l’acquisto anche di una seconda , si arriva ad un dispendio del valore di 126 euro ogni 28 giorni di media. Di questa cifra, almeno 22, 88 euro, sono riconducibili all’Iva . L’auspicio è che non si indietreggi da questa strada di alleggerimento appena intrapresa, ma si giunga finalmente sempre di più a riconoscere alle donne e alle madri, il diritto di esserlo pienamente, senza dover pagare il prezzo umiliante di un pregiudizio che ci vuole diverse, ma non inferiori, rispetto agli uomini anche per un aspetto fisiologico, voluto ab origine da Madre Natura.
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