Commercio
Santambrogio (Gruppo Vegè): Amazon acquisirà un’azienda retail italiana?
Un viaggio attraverso la GDO, dall’inizio della pandemia a oggi, per indagare il prossimo futuro e le sfide che il settore deve affrontare. Ci fa da guida Giorgio Santambrogio, AD di Gruppo Vegè, Direttore Generale di Vegè Retail, Former President ADM, Vice Presidente di Retail Institute e membro del Comitato Esecutivo di Federdistribuzione, GS1 e ADM.
1) Una delle immagini che tutti ci ricordiamo dei primi mesi della pandemia, sono sicuramente le file fuori dai supermercati e gli scaffali vuoti. Cosa avete vissuto voi, “da dentro” in quei primi mesi, quando era tutto da organizzare, ma non c’era il tempo, e forse per alcuni, non c’erano gli strumenti per farlo?
Ho molte immagini evocative di quel drammatico periodo, le stesse mi fanno dividere quel semestre in tre momenti: il primo lo definirei come il periodo dell’economia di guerra. Tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo abbiamo visto immagini che si vedono raramente, ma di norma si riferiscono a momenti riconducibili all’arrivo di eventi eccezionali come uragani, tornadi, come quelli visti in Florida, dove tutti barricano le finestre di casa e saccheggiano merci dai supermercati, come se ci si trovasse in un’economia di guerra. In quel periodo si acquistava di tutto, mi sono arrivate immagini di clienti che acquistavano fino a 5-6 litri di latte fresco nei supermercati, quantità eccessive probabilmente, non totalmente consumate. I consumatori vivevano una situazione di panico, condita da ansia di accaparramento, riconducibile al timore che mancassero merci di prima necessità. Qui valeva tutto, non c’erano logiche di prezzo, valeva la regola di comperare qualsiasi tipo di prodotto. Un’immagine diventata poi iconica era quella di un tipo particolare di pasta: la penna liscia che, chissà perché, restava l’unica referenza presente sullo scaffale completamente vuoto. Le cose sono poi peggiorate dal punto di vista sanitario e siamo entrati nel momento che definisco “l’economia da claustrofobia”, dovuta anche al Decreto del Ministro dell’Interno Lamorgese, che aveva chiuso i comuni in Italia. Nel mondo del retail la densità abitativa, destinata ai consumi, è ovviamente distonica rispetto a quello che rappresenta la densità dell’offerta. Accadeva ad esempio che i grandi ipermercati, ubicati all’esterno delle grandi città, magari in comuni marginali, avevano pochissimi clienti pur in presenza di larghi spazi (favorendo il corretto distanziamento sociale) e merci in abbondanza, mentre in altri comuni esistevano piccoli punti di vendita, tantissimi consumatori, che generavano file lunghissime.
In questi luoghi ricordo un’altra immagine di un prodotto che andava a ruba: il lievito di birra che mancava, generando corse ad accaparrarselo, dando vita al periodo “cuochi in casa”. Il terzo momento lo definirei quello della saggezza. Il consumatore ha cominciato a prendere coscienza che il periodo non sarebbe stato breve e ha cominciato ad organizzarsi, realizzando che, per alcuni prodotti, era meglio rivolgersi ai negozi vicino a casa, dal panificio alla macelleria, dal fruttivendolo, oppure inviando un messaggio whatsapp al commerciante organizzato per la consegna a domicilio. In questo periodo c’è stata una esponenziale crescita della piccola distribuzione e dei piccoli punti vendita. Per altri prodotti il consumatore accettava di fare la fila nei negozi della grande distribuzione.
Un’alternativa era rappresentata dagli acquisti on-line. Si è scoperto che anche un’eccellenza rappresentata da Amazon Prime, come altre forme di acquisto simili, si siano trovate impreparate. L’utente magari era costretto a registrarsi nel cuore della notte su un portale per garantirsi una spesa, la cui consegna poteva avvenire anche tre giorni dopo. In questo panorama molte aziende della grande distribuzione hanno dovuto rivedere gli assortimenti, moltiplicando gli abituali fornitori di un singolo prodotto. Ad esempio si è dovuto aumentare notevolmente la numerica di fornitori di farina, di lieviti, di surgelati, ect. Era necessario poi rivedere l’approccio al mercato on-line. E’ stato, ed è tuttora, un periodo complicato. Ci lascia in eredità però una crescita affascinante, nel campo della creatività, dell’innovazione dei processi, e dell’innovazione dei prodotti.
Si doveva agire rapidamente nell’organizzare l’intera offerta, la distribuzione ha reagito bene soprattutto per il ruolo di responsabilità sociale che ha avuto in quel periodo. Come Presidente di ADM (Associazione Distribuzione Moderna) ho avuto la possibilità di essere a servizio delle insegne della GDO, intervenendo mediaticamente a tranquillizzare il consumatore, verificare che la filiera logistica non avesse falle e garantisse l’arrivo dei prodotti nei supermercati, e la sicurezza negli stessi. Nel contempo, stoicamente decine di migliaia di commesse, commessi e personale di punto di vendita affrontavano i primi giorni della pandemia con poche armi, in attesa delle prime mascherine, guanti, igienizzanti e plexiglass. Per questo affermo che la distribuzione ha giocato un grande ruolo di responsabilità sociale.
2) Come sono cambiate le abitudini di consumo e le modalità d’acquisto a seguito del Covid e cosa vi aspettate che succeda quando tutto tornerà alla normalità?
Nel primo lockdown e nella prima parte del secondo, abbiamo fatto cambiare gioco forza le abitudini dei clienti, in primo luogo chiedendo al cliente di recarsi il meno possibile nei punti vendita, di conseguenza nei pdv abbiamo aumentato lo scontrino medio e diminuito la frequenza dei consumatori a parità di fatturato complessivo. Per buona parte del 2020 abbiamo avuto uno scontrino medio più elevato, un numero maggiore di prodotti per singolo acquisto e conseguentemente la frequenza sia nei piccoli sia nei grandi mercati è diminuita. Ci si aspettava una visita settimanale da parte del consumatore, ma spesso la realtà ci ha smentito, probabilmente ha contato anche la voglia di uscire da parte delle persone che consideravano il recarsi a fare la spesa un momento di evasione. C’è stata poi una diminuzione della pressione promozionale, il cliente comperava lo stretto necessario, anche perché diventava disagevole cambiare punto di vendita per rincorrere le promozioni. Il governo avanzò a noi, attori della Distribuzione Moderna la richiesta di togliere le promozioni più profonde tipo “il sottocosto”, perché avrebbe creato rischiosi assembramenti. La modalità di acquisto del cliente, in quel periodo, è dunque cambiata. Ridotte le restrizioni, le catene hanno ricominciato a creare le promozioni per cercare di riconquistare quei clienti, che per ovvie ragioni, avevano frequentato altri mercati. Una volta che il cliente ha ricominciato a muoversi più liberamente si è tornati ad una situazione di quasi normalità. Da fine settembre 2020 ai primi di ottobre è cominciata poi la grande escalation dei discount. Il consumatore italiano, in quanto cittadino, vive con preoccupazione la possibilità della fine del blocco dei licenziamenti e quindi si dirige verso un’offerta che gli consenta di risparmiare, scegliendo il canale discount o rincorrendo le offerte e le promozioni della distribuzione classica, che per un certo periodo erano sparite. Non ci sono stati grandi cambiamenti strutturali, salvo il mercato dell’e-commerce, che ha subito il fascino per gli acquisti di molte merceologie, teniamo presente però che il nostro settore vende generi alimentari, prodotti in gran parte deperibili, spesso freschi e freschissimi, come la carne, il pesce, i formaggi e l’ortofrutta. Ci auguriamo che i consumatori continuino a comperare questi prodotti nei nostri punti vendita. Siamo confortati dagli ultimi dati Nielsen, che affermano che, fatto cento il mercato della moderna distribuzione in Italia, l’on-line rappresenta il 2,8%. Dal nostro osservatorio rileviamo che, se il cliente ha a disposizione un luogo oltre la propria casa, dove farsi consegnare la merce, probabilmente sceglierà l’acquisto on line per i prodotti secchi, grocery, detergenza, cura della persona, prodotti alimentari, con un’elevata shelf life, come la pasta, il riso, la farina, scatolame etc, investendo in quantità elevate per creare scorta. Se non avrà la possibilità di ricevere la merce a casa, si affiderà al servizio tipo click&collect, prenotando l’acquisto per essere comodamente ritirato con la propria auto, senza entrare nel supermercato. Per i prodotti freschi e freschissimi, invece, continuerà a rivolgersi alla distribuzione classica, che dovrà evolversi e non essere più solamente un luogo fisico, dove fare la spesa, ma un mercato che dovrà necessariamente diventare un Luogo, dove il consumatore potrà avere un approfondimento di filiera con la complicità del gastronomo e dello specialista, che racconterà, con competenza, la qualità e la provenienza dei prodotti, accompagnandolo nella scelta migliore.
Il punto vendita dovrà diventare un luogo per ritrovare il piacere di fare la spesa, dove non dovrà mancare il dialogo con lo specialista dei freschi, il macellaio, il pescivendolo, l’esperto che ti saprà consigliare, questa sarà la più importante difesa nei confronti dell’on-line. Dovremo fare in modo che ogni processo di acquisto diventi uno storytelling, dovremo offrire una cultura alimentare al cliente, solo così la distribuzione moderna avrà grandi chance in futuro.
3) Quali sfide dovranno affrontare i colossi, come Amazon, che vogliono portare online il comparto Food e come deve reagire la GDO a questi nuovi ingressi? Ci possiamo aspettare anche in Italia qualche acquisizione da parte di Amazon di catene di retail fisici?
La sensazione è che non ci sarà soltanto Amazon. Nei prodotti freschi e freschissimi, Amazon potrà avere una chance solo quando riuscirà a convincere i retailer fisici a essere partner. Per arrivare al sud Italia con il sistema Prime, Amazon deve cercare una collaborazione con delle piattaforme di retail. Non ho la sensazione che ci sarà una sfida tra il retail fisico e Amazon perché il retail si sta organizzando per offrire sempre di più touch point. Se un qualsiasi supermercato, cito le insegne di Gruppo VéGé, perché l’abbiamo realizzato, vuole offrire al cliente più modalità per fare la spesa, da noi può farla in sei modi: cinque non esclusivamente fisici e uno rappresentato dal punto vendita fisico. I non fisici possono essere il click& collect, l’home delivery, il locker, Glovo con il quale abbiamo fatto un accordo nazionale, oppure Supermercato24, anche qui con un accordo nazionale.
Ad Amazon manca il punto vendita fisico. Noi abbiamo sia il punto vendita e sia la possibilità di raggiungere il consumatore attraverso i cinque modi sopra descritti. La mia sensazione è che, come negli Stati Uniti anche in Europa, l’Italia potrebbe essere la testa di ponte, Amazon potrebbe comprarsi un’azienda eccellente del retail italiano.
4) Cosa significa oggi fidelizzare il consumatore?
E’ importante migliorare la convenienza, la qualità, l’ampiezza e la profondità
dell’assortimento, la cortesia del personale di vendita, la location. A parità di tutte queste condizioni la mia sensazione, che è quasi un auspicio, è che le nuove leve, che permettano di fidelizzare un cliente, una persona ad un’insegna, non possano prescindere da importanti aspetti valoriali che sono: responsabilità sociale, sostenibilità economica sociale e ambientale, e lotta allo spreco. A parità di condizioni commerciali, se la catena dimostra un’attenzione a questi temi, spinge il cliente a preferirla, perché sa che fattivamente, non demagogicamente o solamente a parole, è attiva a favore del territorio, della comunità, attenta ad accogliere ogni tipo di diversità nella forza lavoro, attenta al fatto che ci sia il minor spreco possibile nella filiera tra agricoltura e industria di trasformazione, che sappia fare educazione alimentare ed educazione al consumo e alle famiglie, perché lo spreco non si genera solamente nella filiera, ma
anche a casa. Le spese e gli acquisti dovranno essere più intelligenti, in modo da ridurre gli sprechi. Sarebbe bello che un cliente dicesse: vado nell’insegna A, piuttosto che nell’insegna B, perché lì sono attenti a questi valori, in quel caso saremo riusciti a creare una vera fidelizzazione, non spinta solamente da logiche commerciali come il 3×2, offerte sottocosto e altre iniziative, che spingono il consumatore a cambiare spesso la destinazione dei propri acquisti. Se riusciremo a valorizzare gli altri importanti aspetti valoriali, mi piace pensare che il consumatore si legherà in modo indissolubile all’insegna che li metterà in pratica
5) Ha scritto una lettera al presidente Draghi per invitarlo a riaprire i Centri Commerciali anche nei weekend e soprattutto a vaccinare i dipendenti della GDO che stanno a stretto contatto con il pubblico. Un appello sentito, in cui mette in luce il ruolo che i collaboratori dei punti vendita hanno giocato in questi mesi, offrendo un servizio ai cittadini. Ci sono stati riscontri? Quali potrebbero essere i vantaggi, ma anche gli svantaggi?
Ho la sensazione, una quasi certezza, che il mondo del retail in Italia non abbia un peso politico. Ho riscontri che l’intero mondo del commercio, anche dal punto di vista associativo, strutture come Federdistribuzione, ANCC, ANCD, Confcommercio, Confesercenti, Confimprese, non suscitino un grande appeal al mondo della politica.
Esistono dei retaggi di pensiero, per cui il commerciante guadagna sempre, la grande distribuzione non gode di una buona nomea e questo mi fa dispiacere, perché nel periodo complicato, che ancora non ci ha abbandonato, abbiamo fatto l’impossibile per i cittadini italiani. Pur in condizione di drammatica emergenza, abbiamo garantito assoluta sicurezza, verificando un tasso di assenteismo infinitesimale: i commessi, le cassiere, gli addetti ai punti vendita sono stati sempre presenti, per dare un servizio puntuale, dimostrando di avere un magnifico ruolo di reale responsabilità sociale. La logistica garantiva nel primo lockdown le consegne a Bergamo e a Brescia, in un periodo particolarmente drammatico. Ho la sensazione che questo impegno non sia stato correttamente riconosciuto dalla classe politica. Altri settori sono stati più considerati. In merito alle vaccinazioni resto perplesso che altre categorie hanno beneficiato dei vaccini, come ad esempio il personale amministrativo di alcuni comparti dell’istruzione, non mi riferisco certo al corpo docente, mentre le nostre cassiere, ad esempio l’ho scritto anche al presidente Draghi, documentando che esiste un numero preciso di casse all’interno dei punti vendita, con un numeri precisi di scontrini medi emessi dal personale preposto, considerando la turnazione, ecco questa analisi conferma che più o meno ogni giorno, ogni cassiera, vede di fronte a se circa duecento persone. In quanto tempo il personale amministrativo di altri comparti incontra un numero così elevato di persone quotidianamente?
Ancora oggi non ho visto risposte agli appelli presentati.
Per quanto riguarda i Centri Commerciali, penso che la situazione sia politica. Esistono forze politiche che osteggiano i centri commerciali, considerati non positivamente in quanto sfruttano il territorio, rappresentano la globalizzazione, sono un agglomerato di consumismo.
Se dovessimo fare una comparazione tra le vie di un centro storico e la galleria di un centro commerciale è evidente che nel primo diventa impossibile contingentare la presenza delle persone, cosa invece possibile nei centri commerciali rendendoli più sicuri dal punto di vista dei potenziali assembramenti. Pensate che in Italia abbiamo circa 1.300 centri commerciali che ospitano 36.200 negozi.
7) Sostenibilità, digitalizzazione e comunicazione sono temi trasversali che accomunano tutti i settori. Il futuro di molte aziende sembra ruotare sempre più attorno a questi argomenti. Cosa succede nella GDO? Quali sono i trend da seguire per essere al passo con i tempi e soddisfare le esigenze dei consumatori?
Bella domanda e grazie quindi di avermela posta: è terminato il momento dove si fanno cose e non si comunicano. E’ importante comunicare al cliente e renderlo edotto e consapevole, su ciò che fa l’insegna. Tutte le attività, rivolte ad esempio a ridurre gli sprechi, oltre ad essere comunicate vanno condivise con il cliente. La nascita di una nuova applicazione, per rendere più agevoli gli acquisti, deve essere comunicata e condivisa con il cliente, noi siamo l’industria del commercio, ci deve essere un’evoluzione del modo di comunicare.
Anche il management si deve evolvere: non può più esistere il mero negoziatore muscoloso, il cui unico obiettivo è di negoziare al meglio le condizioni con l’Industria di Marca, per ottenere le condizioni migliori, l’ideale è essere virtuosi con tutta la filiera, dove devono ridursi alcune inefficienze che partono dall’agricoltura, al settore della trasformazione, alla logistica, al retail, fino ad arrivare al cliente.
8) Per il rilancio e la ripresa del paese, quale sarà il ruolo della distribuzione?
La distribuzione può avere un ruolo paragonabile ad un grandissimo megafono: spesso non ci si pensa, ma ogni settimana, 60 milioni di Italiani, ci visitano per grandi o piccole spese, in tutti i canali, abbiamo quindi la concreta possibilità di essere latori di messaggi. Il punto vendita potrebbe essere utilizzato quindi come un grande media. Il settore crea poi deflazione, spesso assorbe gli aumenti dei listini dei fornitori, senza scaricarli sulla clientela. Il nostro ruolo poi deve diventare educativo, il punto di vendita dovrà essere un point of meeting di molti temi, questo diventerà più facile se esisterà un corretto appoggio politico.
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