Commercio

Per il black friday su Amazon non compro niente, ma Amazon non c’entra

23 Novembre 2017

Il mio viaggio stamani parte da qui, dalla ricerca di news su Amazon, interrogo Google, e la cosa in me genera già una qualche forma di conflitto, due colossi del digitale che io intendo far parlare l’uno dell’altro, ma funzionerà, mi chiedo, mentre aspetto che il motore di ricerca mi restituisca i risultati della mia prima interrogazione della giornata. Ecco, trovato, leggo i titoli, cose che avevo sentito solo di passaggio ieri sera prima di chiudere tutto e andare a dormire. Leggo che per il prossimo black friday ci sarà uno sciopero nel centro Amazon di Castel San Giovanni di Piacenza. E premetto che io black friday lo scrivo minuscolo, perché non capisco cosa ci debba essere di maiuscolo nel black friday. Poi ho lì, aperta sul mio desktop,  un’inchiesta dell’Espresso, quella che ho postato proprio ieri sera, quella in cui viene intervistato il segretario della Fisascat di Parma-Piacenza. Mentre leggo, nelle cuffie ho una musica che meglio non ci potrebbe stare, i Porcupine Tree, Circle of Manias (se non la conoscete andate a sentirla e insieme leggeteci l’intervista che cito). E leggo con il cuore in gola, vedendomeli davanti tutti quei casi di cui la rappresentante sindacale parla nell’intervista. Ieri questa intervista l’avevo postata su Facebook commentando che se avevo dei dubbi sul black friday, adesso, dopo aver letto l’intervista, il dubbio si era mutato in certezza: per il prossimo black friday non comprerò proprio niente su Amazon.

Io preferisco i miei negozi, meglio quelli di periferia, solo in secondo ordine quelli del centro, dove la merce la puoi toccare con mano, anche quella fatta in maniera seriale, come un disco, un libro, oppure un phon. Qualcuno ha commentato il mio post dicendo che in Italia la gente non sa lavorare. Poi con il passare delle ore la discussione si è fatta molto più ampia. A me è venuto da sorridere, perché in alcuni casi quella osservazione, la prima che è arrivata, può essere vera, ne ho sentiti di imprenditori a volte lamentarsi in questo senso, e mettiamo anche che sia vero, mettiamo anche che ci possa essere un tasso di assenteismo elevato, dentro uno stabilimento come quello di Castel San Giovanni, dovuto alle mansioni che lì si devono svolgere. Nell’intervista, però, si parla anche di malattie professionali non dichiarate per evitare ritorsioni, e di malattie professionali che diventano giorni di malattia normale, e di un Inail che fa fatica a riconoscere il livello abnorme di malattie registrate in casi come questo. Ecco, di fronte ad una situazione del genere non viene anche a voi da chiedervi: ma è davvero tutto normale, davvero noi viviamo in un mondo normale, in cui l’economia ha un ciclo normale ed il lavoro pure? Perché di fronte ad una domanda del genere, dopo aver letto un’intervista del genere, a me qualche dubbio viene.

A leggere il comunicato dell’azienda, quello con cui viene commentata la decisione di scioperare proprio nel black friday, tutti i toni poi si smorzano, e conviene dare atto anche di questo comunicato. “Il centro di distribuzione di Amazon di Castel San Giovanni fa parte di un network italiano ed europeo. Restiamo focalizzati nel mantenere i tempi di consegna ai clienti per la giornata del Black Friday e per le giornate successive” afferma Amazon in una dichiarazione. “In Italia così come avviene negli altri Paesi in Europa in cui siamo presenti, manteniamo relazioni con le rappresentanze dei lavoratori e le organizzazioni sindacali; allo stesso tempo portiamo avanti la nostra politica di porte aperte che incoraggia i dipendenti a trasferire commenti, domande e preoccupazioni direttamente al proprio management team. Crediamo fermamente che questo rapporto diretto sia il modo più efficace per capire e rispondere alle esigenze del nostro personale” si legge ancora nella nota. “In questi anni ci siamo impegnati a costruire un dialogo continuo e una positiva cooperazione con tutti i dipendenti e a creare un ambiente attento e inclusivo nei nostri luoghi di lavoro. I salari dei dipendenti di Amazon sono i più alti del settore della logistica e sono inclusi benefit come gli sconti per gli acquisti su Amazon.it, l’assicurazione sanitaria privata e assistenza medica privata” prosegue Amazon che ricorda di offrire “opportunità innovative ai propri dipendenti come il programma Career Choice, che copre per quattro anni fino al 95% dei costi della retta e dei libri per corsi di formazione scelti dal personale”. “Il modo migliore per rendersi conto delle condizioni di lavoro nel magazzino di Castel San Giovanni è effettuare un tour” concludono dalla multinazionale americana.

Io però, anche mentre leggo le ragioni dell’azienda, continuo ad ascoltare i Porcupine Tree e resto incline al dubbio, per esempio, come vengono gestiti i picchi di lavoro? Centinaia di migliaia di ordini in più nelle giornate di picco, come quella del black friday, di Natale o di qualsiasi altra festività, credo che una qualche pressione in più la mettano all’intera struttura, e credo che le pressioni dalla struttura vadano a ricadere inevitabilmente sui dipendenti. Intanto la discussione al mio post su Facebook si è allungata, ha cominciato a partecipare tanta gente. Da una parte c’è chi dice che sono i sindacati ad abusare della parola sfruttamento e che, in realtà, qualsiasi tipo di lavoro richiede un impegno che, nella media, noi italiani non sappiamo mettere. Qualcuno ha perfettamente esemplificato come anche nel commercio le condizioni possano essere stressanti, specialmente in città dove i negozi fanno orario continuato sei giorni su sette, e l’orario si svolge dalle 10 alle 21. Anche nel turismo le cose non sembrano andare meglio, tipo in ristoranti da 200 coperti, in cui si fanno turni dalle 6 alle 12 e poi nuovo dalla 18 alle 22.30 dello stesso giorno. E qualcuno, nei commenti, ha citato anche le catene di produzione di motorini oppure i postini. Io aprivo il mio post dicendo che non avrei comprato niente su Amazon per il black friday, a considerare le varie osservazioni che sono venute fuori non dovrei nemmeno recarmi a comprare una sciarpa, non dovrei andare a pranzo a quel solito ristorante, oppure mi dovrei rifiutare di ricevere la posta in cassetta. Il motorino non lo ho, per cui mi ritengo esentato da qualsiasi forma di responsabilità. Forse però è vero, Amazon non c’entra, è questo sistema economico che ci siamo creato che non regge, e che non reggiamo. Perché qui gli utili sembra che vengano prima di tutto e di tutti. Da quel post che ho fatto stamani emerge questa considerazione, è bastato un post per aprire gli occhi, anche i miei. Bene, e adesso che facciamo?

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