Commercio

Il supermercato ai tempi degli smartphone – una riflessione vintage

24 Novembre 2015

Deloitte, nota società di consulenza, ha recentemente pubblicato una ricerca sull’influenza delle dimensione digitale nei comportamenti delle persone, intitolata enfaticamente The dawn of mobile influence, considerando che l’iPhone ha esordito 8 anni fa, parlare di alba mi pare un po’ eccessivo, un titolo più adatto sarebbe stato the breakfast of mobile influence o meglio ancora spuntino di metà mattina della influenza degli smartphone.

Ne approfitto, in linea con il principio che nulla si crea nulla si distrugge ma tutto si ricicla, per ripubblicare un articolo apparso nel numero di Aprile del 2011 sulla rivista cartacea Food.

Il display ai tempi di internet

La forza di persuasione dello scaffale ha fatto la fortuna dei retailer, ma le nuove tecnologie offrono punti di contatto alternativi con il cliente. E Tesco, prendendosi dei rischi, ha deciso di approfittarne.

Ho lavorato per anni nel retail e la domanda più comune sul mio lavoro è se davvero la posizione dei prodotti a scaffale influenza le vendite. Come tutti sanno la risposta è affermativa. I retailer ci hanno impiegato un po’, ma alla fine su questa evidenza hanno costruito un impero: i più brillanti come Tesco e Walmart forniscono dati, informazioni e in qualche modo consulenza ai produttori, ma quasi tutti i distributori sono diventati col tempo esosi nei confronti delle marche industriali e hanno sviluppato private label sempre più pervasive.

Non è solo una questione di rapporti di forza. L’industria ha scoperto che per quanto si bombardi di spot il telespettatore, l’impronta sbiadisce nel giro di poche ore o giorni: quando il cliente è davanti allo scaffale non è affatto detto che si ricordi bene cos’ha visto in televisione la sera prima. Se poi quello stesso cliente davanti al piccolo schermo ci passa meno tempo, allora il presidio del punto vendita diventa determinante per il successo di un prodotto. Tra i media che competono con la televisione commerciale per attirare l’attenzione del consumatore, il web è quello che i produttori seguono con maggiore preoccupazione, più di quanto facciano con la tv a pagamento, dove pure lo spazio è poco per tutti, o dei videogiochi, dove lo spazio è quasi inesistente.

Nel web al contrario si parla tanto di prodotti e di acquisti tra recensioni on line, forum e chat con amici e conoscenti. Ma le marche, con rarissime eccezioni, sono in difficoltà perché il web è impermeabile alle logiche di comunicazione di un tempo, fondate su una struttura top-down della diffusione delle informazioni e sull’oligopolio dello spazio di discussione. Il web è liberale e laico: anche i miti forti e indiscutibili devono sgomitare per stare davanti al blogger di turno, rischiare in ogni momento di essere invadenti per intervenire – senza essere invitati – in discussioni dove si parla di loro.

Insomma il web, venuta meno la minaccia dell’e-commerce, si sta rivelando il miglior alleato della distribuzione. Al web va l’attenzione del cliente finché resta a casa, al retailer il monopolio dell’attenzione una volta che il cliente è nel punto di vendita.

Alla luce di tutto questo, fa riflettere la scelta di Tesco: invece di aspettare che qualcuno approfittasse delle nuove opportunità del mobile, il retailer inglese si è mosso per primo con l’intento di offrire un servizio migliore ai suoi clienti, anche se questo significa perdere parte del potere di persuasione di un display accortamente costruito.

Il servizio – a disposizione di tutti coloro che abbiano scaricato TescoApp sul proprio smartphone – consente di conoscere prezzi e promozioni in tempo reale, per esempio mentre si visita un altro punto vendita o si è in macchina per andare a fare la spesa.

Ma soprattutto consente a chiunque di sapere la posizione di un prodotto a livello di corsia, scaffale e ripiano.

In un prossimo futuro il cliente, lista della spesa sullo smartphone, si aggirerà per il punto di vendita, efficiente come un provetto pickerista, facendo diventare irrilevante la leva del percorso merceologico.

La sfida per i retailer è di procedere a ritroso nel processo di acquisto, presidiando tutti quei punti che il web mette a disposizione e che le marche finora non sono riuscite a presidiare correttamente.

 

Pubblicato per la prima volta su FOOD Aprile 2011

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