Commercio
il consenso e l’interesse legittimo sono basi giuridiche
L’orrore, il disgusto, la falsità sono i veleni della vita. Avvelenano la tua psiche che presiede a funzioni vitali quali ad esempio il ritmo sonno veglia, dolori diffusi nel corpo, l’inappetenza.
Si prova di tutti da tisane naturali a farmaci veri e propri affinché stati di tremori, ansie, incubi possono essere leniti. Per una donna camminare sola è un delitto, proibito muoversi senza l’intercessione, il permesso che un uomo può accordarti. Camminare sulle proprie gambe è un delitto, soprattutto se tra le gambe stringi un libro di cui hai sposate le idee. Idee che parlano di rifiuto di un mondo in cui globalizzazione e massificazione significa fare del neoliberismo e della logica capitalistica i cardini intorno a cui far girare gli assi della propria vita. La vetrina su cui esporre il libro mi interessa poco, mi interessa che il contenuto di quel libro sia per o più metabolizzato. Sarà che il mio mestiere non è vendere libri, né quello di grafico che deve rendere una copertina affascinante. Il mio mestiere è quello di insegnante.
Si è parlato diverso tempo fa di mettere le telecamere in aula, un’idea che sollevò non poco gli animi. Sorvegliare il comportamento degli alunni sembrò poco etico, limitativo della loro possibilità di movimento, soprattutto , a meno che non stai facendo uno shooting fotografico di qualche prodotto che dura un tempo limitato, porre una telecamera in classe avrebbe significato alterare il comportamento di alunni che non sono certamente attori.
La pubblicità riguarda i prodotti, i soggetti che si prestano a esporsi a riprese filmiche o fotografiche danno il loro consenso.
Il problema di tante donne risiede proprio nel consenso. Non essere consenziente a ricevere un uomo in casa, sebbene l’uomo in questione non si sia dichiarato libero, non abbia mostrato nessun interesse per te se non quello di fare del sano esercizio fisico ed è rinomato per la sua infedeltà, è un’offesa al loro grande ego. Un’onta che va punita con la ritorsione. Del resto se tante donne sono compiacenti perché proprio questa, avrà pensato, di cui ricordo una buona intesa, deve sfuggire alla regola dell’accoglienza in un bel lettone in cui poter allenarsi e bruciare qualche caloria? Il merito per tante donne senza marito pare sia assicurato dal passaggio in letti di rilievo, stile baldacchino con veli che simulano le tende di un teatro.
Sono la prima a lamentarmi degli stipendi degli insegnanti ancora troppo ridotti rispetto al carico di lavoro e alla media europea. Ma l’arrotondamento facendo la squillo di notte non l’avevo mai considerato.
L’insegnante ha un peso sociale poco rilevante perché purtroppo in una società basata sul guadagno appare come un ostinato secchione che crede ancora in certi valori. Ma se l’insegnante non indossasse la postura scomoda con cui ogni giorno si reca a lavoro, in cosa consisterebbe il suo mestiere, cosa dovrebbe insegnare ai suoi alunni? Quelle notizie raccattate su un libro o un computer che apparirebbero sterili e fine a se stesse. Quello che consente ad un insegnante di credere in ciò che fa è la capacità di formare persone la cui identità è in essere, fornire opportunità di crescere entrando in relazione con loro, rispondendo ai bisogni di ciascuno sebbene tanti e diversi, impegnandoli in progetti che siano finalizzati ad acquisire competenze, capacità di raccogliere le sfide di un mondo sempre più complesso e ingannevole. Preservare e dare impulso a valori che sono squisitamente umani.
La bieca logica affaristica non entra nella scuola che, invece, è il luogo della collaborazione, della progettazione finalizzata al raggiungimento di obiettivi ampiamente condivisi. La scuola accoglie anche il rifiuto, e lo analizza. Cerca strade alternative per arrivare a ciascuno, non obbligando nessuno a reprimere, contrarre o espandere la sua natura.
Valori in cui credo fermamente, che mi sono stati tramandati con un esempio di vita, una vita fatta di opere, azioni, non di fotografie.I valori che mi ha trasmesso mio padre. Valori ritenuti pesanti, sicuramente non confacenti a certe leggerezze.
Adottata dai nazisti, la politica di espulsione e di esclusione continuò a ispirare tutte le iniziative antiebraiche fino al 1941. Ma proprio quell’anno segnò una svolta dell’antisemitismo attivo, perché i nazisti, allora, si trovavano posti di fronte a una situazione di guerra totale. Diversi milioni di Ebrei erano rinchiusi nei ghetti, e l’emigrazione diventava impossibile. Un progetto dell’ultim’ora, che consisteva nell’imbarcare gli Ebrei verso il Madagascar, era completamente abortito. Bisognava inventare un altro mezzo per risolvere il problema ebraico. In quel periodo cruciale, si sviluppò nella mente di alcuni capi nazisti l’idea di una situazione territoriale, o come la si nominò in seguito, la soluzione finale della questione Ebraica in Europa – prevedeva molto semplicemente la morte di tutti gli Ebrei europei.
La distruzione degli Ebrei d’Europa tra il 1933 e il 1945 ci appare oggi un avvenimento senza precedenti. Ed è vero che la storia non offre esempi di questo genere che possano per dimensione e per il carattere della sua organizzazione esservi paragonati: un’impresa organizzata che ebbe come risultato lo sterminio di cinque milioni di persone, portato a termine solo nel giro di pochi anni. L’operazione fu conclusa prima che qualcuno potesse recepirne l’enormità e, ancora meno, le implicazioni per l’avvenire.
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