Commercio
I matrimoni saltano. Chi ci rimette?
Gli avvocati in questi mesi di pandemia sono chiamati a trovare soluzioni in merito a gli effetti derivanti dalla portata dei divieti di
contrarre nuovi matrimoni, o celebrare eventi e di esercizio di molte attività commerciali a essi connessi. La problematica investe due profili di cui si è molto sentito parlare in queste settimane, noti ai giuristi, meno noti al pubblico:
la sopravvenuta impossibilità di
adempiere a contratti a esecuzione differita, conclusi prima del
lockdown e da eseguirsi durante lo
stesso, e l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione posta a carico di uno dei contraenti in contratti a prestazioni corrispettive e a esecuzione continuata.
I divieti hanno colpito una moltitudine di contratti tra cui i mateimoni concordati con ristoranti e wedding planner.
Gli organizzatori di matrimoni o feste prenotate anche un anno fa, stanno ricevendo disdette da parte di sposi, che non potranno festeggiare l’evento con familiari e amici e neppure celebrare l”evento. In questi casi come si procede? Gli organizzatori degli eventi o i ristoratori possono proporre una nuova data del ricevimento purché entro l”anno (31 dicembre 2020) o con uno sconto prenotare una nuova data per il 2021, al fine di evitare di perdere la caparra. In genere nei contratti che si stipulano tra i fornitori/ristoratori e i nubendi o festeggiati, sono previste penali in caso di recessi non imputabili al fornitore. Ma in questo momento di divieto di contatto sociale siamo sicuri che il rispetto dei nubendi del divieto di celebrare il matrimonio configuri una ipotesi di recesso e colpevole inadempimento, spesso posto a fondamento dell’onere a loro carico di somme da versare a titolo di penali?
Se da un lato i nubendi possono difendersi richiamando la previsione, che per factum principis, ossia per causa di inadempimento non imputabile al debitore, non intendono rimandare la data del matrimonio, stante il rispetto delle misure di contenimento di cui al decreto legge 6/20 prima e 18/20 dopo, e che verrebbero meno le eventuali decadenze o penali connessi a ritardati oppure omessi adempimenti. È anche vero che l”impossibilita” di offrire la prestazione della ristorazione e dell”evento non è imputabile nemmeno al fornitore stesso, il quale a sua volta si trova ad aver impegnato le proprie risorse, per l”acquisto di merce, noleggio di allestimenti, pagamento dei canoni di locazione e che a causa della chiusura forzata, si trova anch”egli a dover subire, oltre che una mancata entrata di flussi di cassa, anche a dover rispondere alle richieste di restituzione della caparra, che è già stata utilizzata per smaltire, in acconto, i costi correnti.
La negoziazione e la mediazione civile sono l”unica soluzione praticabile per
queste vicende. I questi casi il confronto – meglio se mediato e coadiuvato da un professionista con abilitàddi negoziatore o avvocato d”affari, – è un’ottima strada da percorrere per dare continuità alle relazioni personali e ai rapporti contrattuali in essere e costruire una
soluzione su misura, nei limiti dei
diritti disponibili. La rimodulazione contrattuale delle condizioni iniziali, con applicazione di sconti e/o proposte alternative e prorogate della fruizione dei servizi può essere la panacea delle liti che possono nascere e intasare i tribunali. Tuttavia c”è anche chi ha colto l”occasione dell”emergenza e ripensarci e non sposarsi più
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