Economia e Lavoro
Caro Renzi, sappilo: stavolta non te la cavi con due coccole alle partite Iva
La questione, ormai, è di pubblico di dominio, e arriva a descriverla anche la grande stampa. Il caso, quando succede questo, è proprio conclamato. Matteo Renzi infatti ha un problema serio, e ce l’ha “in casa”, perché riguarda soprattutto il suo mondo, le generazioni di figli degli anni ‘70 e ‘80 che sono stati i suoi più grandi alleati, fin da quando la maggioranza (generazionalmente trasversale) considerava il renzismo una pericolosa avventura prima di convertirvisi quando è diventato la nuova maggioranza. Parlo di noi, di molti di noi e, ovviamente, non è solo una questione anagrafica. Neanche, solamente, è una questione ideale. No no. Biecamente, brutalmente, vivadio politicamente, è una questione di interessi e di struttura socio-economica di un paese e, per molti, di sopravvivenza.
La questione generazionale è in Italia una questione strutturale, nel senso tecnico del termine. La questione dei contratti di lavoro, delle modalità dei contratti di lavoro, della previdenza, della mancata rappresentanza dei sindacati, delle Partite Iva e dei lavoratori atipici, dei sindacati che non rappresentano alcuni milioni di lavoratori – che coincidenza: quelli con meno diritti – sono questioni che combaciano con la cosiddetta questione generazionale. Da queste parti la pensiamo e la diciamo così da quando siamo nati. Perché sappiamo quanti, tra noi, non possano stare né con lo Stato nè con il sindacato, nè con chi insiste raccontandoci che il Jobs Act cambierà il mondo in meglio, né con chi ci racconta che è colpa degli atipici se il sindacato se li è dimenticati.
Questa storia, su queste pagine, l’abbiamo raccontata da quando siamo nati. Lo ha fatto a più riprese, con la sensibilità e la competenza di chi attraversa questi mondi da un pezzo Roberto Ciccarelli, provando a spiegare con parole chiare che luogo fragile sia, oggi, quel che chiamiamo lavoro. Lo ha fatto, dando voce ai freelance per cui con Acta è impegnata da anni, Anna Soru, che ha spiegato quanto male farà l’aumento dell’aliquota previdenziale a iscritti a una gestione separata che serve, di fatto, solo a mantenere la pensione degli altri. Lo ha fatto la nostra sensibilissima comunità di brains.Lo ha fatto, primo tra i tanti che poi hanno denunciato l’assurdo dei nuovi minimi per le partite Iva, Giorgio Infranca, puntando il dito sull’assurdo tecnico che diventa legge – guarda un po’ – sotto la guida sicura del coetaneo Renzi. Quello che gli 80 euro li ha dati a chi ha la busta paga: scommettendo sulla ripresa economica o sulla vittoria alle Europee? A questo punto potrebbe anche dircelo. Quello che continua a raccontare il Jobs Act come una riforma che cambierà la vita a milioni di atipici: lo sa che il cambiamento potrebbe essere in peggio, o davvero ci crede?
Siccome, modestamente me senza modestie false, possiamo dire che il tema ce l’abbiamo a cuore da ben prima che fosse mainstream, e siccome conosciamo le abilità comunicative del nostro coetaneo e gliele riconosciamo da quando le primarie le amava e le pardeva, vorremo – proverbialmente – mettere le mani avanti. Caro Matteo (perdonaci la confidenza, siamo abituati così da quando alcuni amici frequentavano quella stazione di Firenze, e noi idealmente eravamo lì con voi), stavolta non te la cavi con due paroline sulle partite Iva che hanno bisogno di essere aiutate. Non te la cavi con qualche promessa di futuro, perché il futuro è Adesso(!) che governi, come hai fatto con #labuonascuola, #bastaprescrizione, e inviti alla serenità vari.
Noi siamo quelli che sanno – non ci piace, non ci dispiace: semplicemente lo sappiamo – che al momento un’alternativa forte, ragionevole, accettabile a te (inutile dire al tuo partito: il tuo partito sei tu, sempre di più) al momento non c’è. Ma questo non ci renderà più pazienti, più tolleranti, non ci farà turare il naso (lo dicevano quando eravamo piccoli, lo ricorderai anche tu), non ci permetterà di fare sconti. Probabilmente tu lo sai, caro Renzi, e pensi che vincerai le prossime elezioni – a proposito: se vuoi dirci quando si vota, noi siamo tutto orecchi – anche senza di noi. E probabilmente hai perfino ragione. Solo che in tanti, maledetti ingenuotti, credevamo davvero che tu fossi lì per cambiare davvero questo paese incasinato e che facessi forza sulle clamorose ingiustizie che riguardano, per cominciare, i tuoi coetanei. Tu vincerai le elezioni ma, per quanto non ti interessi, ai nostri occhi sembrerai uno qualsiasi, uno di quelli, uno che ha continuato sulla strada sbagliata. Vivrai bene, tu, l’Italia molto meno.
E i patti non erano questi.
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