Artigiani
..poi infine tutti avremo due metri di terreno (Canzone di notte N.2 F. Guccini)
A destra della bara.
Schierati per ordine di importanza.
Fasce intorno al corpo come simboli di rappresentanza. Visi tesi.
Attori di circostanza che per due ore recitano la loro parte. Una parte di presenza. Qui non potevano mancare.
Assolutamente. Presenza obbligata per far sentire la momentanea vicinanza. Presenza obbligata in mezzo al gotha dell’imprenditoria veneta. Sconvolti anche loro. Come tutti.
Increduli. Come molti.
Io loro però non li ho mai visti ai funerali dei piccoli. Nessuna bandiera regionale. Nessuna parata. Nessuna fascia. Nessuna presenza ufficiale obbligata.
Ai funerali degli Imprenditori sconosciuti non c’era nessun rappresentante della classe politica o associativa veneta.
Nessuno. NESSUNO. Forse qualche sindaco in veste personale e non ufficiale.
Forse a marcare – se ce ne fosse ulteriore bisogno – la differenza tra gli imprenditori di serie a e gli imprenditori di serie b. Quella differenza tra morti di serie a e morti di serie b.
Sui suicidi degli Imprenditori veneti dai cognomi sconosciuti credo di aver già dato. In termini di parole scritte e di lacrime. In questi giorni si è riaperta la ferita. La ferita dei ricordi che in alcuni casi non è ancora diventata cicatrice.
Purtroppo vivo in un paese che dimentica facilmente. E’ più facile dimenticare che provare a capire.
E’ più semplice insinuare le motivazioni di gesti estremi che provare a capire perché l’essere umano li compie.
E’ più facile scrivere tesi e ipotesi che passare ore con gli imprenditori (di serie a e di serie b .. perché che fatturino 60 milioni – 6 milioni – 600.000 € il dna è sempre lo stesso) e starli ad ascoltare.
Ascoltare e provare a sentire quello che dicono. Provateci se vi capita, o regalatevi l’esperienza.
Certo 60% del discorso si baserà su discorsi di Stato Fiscale ingiusto, di lontananza delle istituzioni, dei problemi del far azienda e vi sembrerà di perder tempo sentendo una cantilena stonata che da anni riempie pagine di giornali e bocche di imprenditori.
Un altro 30% si baserà sulle meraviglie dei loro prodotti e delle caratteristiche delle loro creazioni, del nuovo macchinario che hanno acquistato, di quali concorrenti hanno chiuso o dichiarato fallimento e vi sembrerà anche qui perder tempo sentendo un disco rovinato che suona storie di prodotti tutti uguali, senza tanta innovazione, di storie di fabbrica e di mani che producono e poca testa o attenzione agli altri aspetti di gestione aziendale.
Ma la fatica dell’esperimento di parlare con un imprenditore veneto, sta nel restante 10%. Quel restante che vale la pena. Quel restante che solo chi se l’è regalato gli permette ora di parlare in piassa del fenomeno Nord Est e non per sentito dire. Quel restante che ti apre gli occhi. Quel restante che rischia o di riempirti il cuore di speranza o di farti incazzare ancora di più. Quel restante che mescola le origini dell’azienda e le prospettive di futuro. Quel restante che mescola la vita dell’azienda con la vita personale. Spesso di vari rami dell’albero genealogico.
Quel restante fatto di smisurato orgoglio che scorre nelle vene più del sangue e che move il sole e l’altre stelle più dell’Amor.
Quel restante che rende umano anche l’imprenditore – di serie a e serie b – più bastardo e cinico.
I signori con le fasce a destra della bara ogni tanto parlano con gli imprenditori.
Peccato che sia solo durante le campagne elettorali.
Peccato che sia solo con quelli di serie a.
Peccato che sia solo con quelli dai cognomi importanti.
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