Artigiani
BRAMBILLA (CONFARTIGIANATO): il futuro è l’impresa a valore artigiano
Enrico Brambilla, Segretario Generale di APA Confartigianato Milano Monza e Brianza, ex sindaco di Vimercate, Consigliere regionale nella Legislatura IX e Capogruppo del PD-Ambrosoli Presidente, ci racconta lo stato di salute delle imprese artigianali in Lombardia, del suo amore incondizionato per la Brianza e di cosa non funziona nella politica del nostro Paese.
Dal suo curriculum sembrerebbe che non si sia mai spostato dalla Brianza, nato, cresciuto e tutt’ora residente a Vimercate dove è stato Sindaco per molti anni. È l’amore incondizionato per questo territorio che l’ha portata a occuparsene così tanto, sotto diversi punti di vista, o sono le altre sue passioni, la politica e la vita sociale, che l’hanno trattenuta lì?
Non ho mai pensato di poter vivere in un altro luogo che non fosse Vimercate, per via degli affetti, delle relazioni, della sua giusta dimensione di città a misura di persona. Forse anche per un po’ di pigrizia e del sentirsi bene se circondato dalle proprie cose, nel proprio ambiente.
Il suo ingresso in Confartigianato risale al 1975, poi si è dato alla politica con importanti incarichi in Regione Lombardia, ora è ritornato ad occuparsi degli imprenditori, quali aspetti, di entrambe le carriere, le piacciono di più e quali esperienze del suo primo lavoro in Confartigianato, le sono stati utili durante il suo periodo politico. Oggi, invece, quali insegnamenti dell’esperienza politica, le tornano preziosi per il suo nuovo ruolo in Associazione?
I nove anni da Sindaco sono stati per me l’esperienza in assoluto più bella. In quella posizione si può esprimere la politica della concretezza, vivendo in presa diretta coi cittadini ed i loro bisogni. L’esperienza nel mondo delle piccole imprese, in Confartigianato, mi è stata di grande utilità per mantenere sempre quel legame con la realtà che spesso sfugge a chi fa della politica solo una professione. Non voglio fare del qualunquismo antipolitico: anche questa è un’attività che richiede competenze ed attitudini specifiche, tuttavia se si è progressivamente allargato il distacco coi cittadini, come il crescere dell’astensionismo evidenzia, occorre capirne le ragioni. Tra queste c’è sicuramente un eccesso di autoreferenzialità e lontananza dai problemi reali.
Non ha mai pensato di approdare in Parlamento?
Sono stato candidato tre volte, nel 2006, 2008 e 2018, ma sempre con candidature “di bandiera”. Non ho mai avuto la possibilità di giocarmi sul serio l’elezione, non solo perché in Lombardia il centrosinistra alle politiche non ha mai vinto ma anche a causa delle liste bloccate. In Comune e Regione sono stato sempre eletto raccogliendo il voto di preferenza, che per Roma non è previsto.
Nella sua attività politica ha seguito il percorso canonico, con tutti i passaggi che purtroppo i politici di oggi non fanno più e spesso ci ritroviamo figure discutibili, soprattutto non preparate, a ricoprire ruoli importanti e strategici. Cosa pensa sia cambiato, se qualcosa è cambiato, e quale futuro vede per la nostra politica?
Ho iniziato a far politica al liceo, nei primi anni settanta, in una stagione di grande partecipazione collettiva ed ho fatto quindici anni di consiglio comunale in minoranza prima di candidarmi a Sindaco. Oggi per forgiare nuovi politici mancano sia le spinte sociali di allora sia l’apprendistato nelle sezioni di partito o nelle stesse istituzioni. Tutto è fortemente personalizzato e la selezione non sempre avviene con criteri di merito. La buona politica non si fa senza partiti forti ed organizzati.
Perché il PD non riesce a trovare una giusta direzione e sembra sempre così tormentato da lotte intestine?
Il PD risente di quello che ho cercato di spiegare prima, inoltre non ha ancora del tutto risolto alcuni problemi che si trascinano dalla sua fondazione. Deve essere più chiaro nel trasmettere una visione di società che dia speranza e futuro soprattutto a chi oggi fatica ad averne. Ciò detto pur con tutti i suoi problemi e limiti è l’unica forza politica organizzata su tutto il territorio nazionale ed alla quale l’intero Paese possa fare riferimento.
Torniamo a Confartigianato, il territorio di Monza e Brianza è da sempre un fiore all’occhiello dell’imprenditoria lombarda e nazionale. Ci vuole riassumere un po’ il quadro con qualche numero?
In Monza e Brianza sono registrate circa 75.000 imprese; nella città metropolitana di Milano, altro territorio da noi rappresentato, ce ne sono circa 380.000. Stiamo parlando, complessivamente, della metà di tutta l’imprenditoria lombarda e della più alta concentrazione a livello nazionale, paragonabile solo alle più importanti aree di sviluppo europee. Le imprese artigiane sono oltre 22.000 in brianza ed occupano oltre 43.000 addetti, a Milano e provincia 69.000 per oltre 125.000 addetti.
Come è andato l’anno e mezzo di pandemia? quali sono state le difficoltà più grandi da affrontare? La pandemia ha aiutato la riscoperta dell’artigianato di zona?
L’anno della pandemia ha colpito in maniera asimmetrica le nostre imprese, mettendone in ginocchio alcune ma facendo crescere il fatturato di altre. Le diverse filiere hanno infatti subito differentemente i contraccolpi delle chiusure. E’ stato complicato muoversi tra i vari decreti e, soprattutto, programmare le attività. E’ necessario ritrovare stabilità ed anche per questo la gran parte dei nostri imprenditori ritiene prioritario il contrasto alla pandemia. L’artigianato in genere ha subito meno contraccolpi rispetto al commercio ed al turismo ma per alcuni settori come il tessile-abbigliamento è saltata una stagione. E’ comunque vero che uno degli effetti della crisi è stata la valorizzazione di catene corte di fornitura, sia da parte dei consumatori che delle imprese.
C’è chi dice che le imprese che hanno sofferto sono quelle che già soffrivano prima della pandemia e che non si erano adeguate all’evoluzione digitale. Si trova d’accordo con questa affermazione?
È un’affermazione in gran parte condivisibile: la pandemia è stato un acceleratore di processi già in atto ed ha trovato alcuni più pronti di altri ad affrontare il cambiamento. Soprattutto l’e- commerce ed il delivery hanno permesso a molti di resistere ed in alcuni casi crescere. E’ una evoluzione necessaria che attraversa un po’ tutti i settori e che richiede alle associazioni di categoria come la nostra di essere in grado di accompagnare i processi.
Negli ultimi anni c’è stato un considerevole aumento dell’imprenditoria al femminile, quali sono i numeri per la Lombardia e soprattutto come Confartigianato avete dei sostegni o dei bandi ad hoc?
Nel 2020 alla Camera di Commercio di Milano e Monza si sono iscritte oltre 5.000 imprese femminili, circa il 20% della nuova imprenditoria. Un dato comunque importante, se si pensa che per le donne la pandemia ha reso ancor più difficile la conciliazione dei tempi per la famiglia ed il lavoro. Inoltre molte delle attività chiuse per decreto rientrano nell’area tipica di lavoro femminile (si pensi alle estetiste). Noi abbiamo da poco rinnovato i vertici del nostro movimento Donne Impresa, che ha una propria organizzazione all’interno dell’associazione. In questo ambito le donne imprenditrici possono mettere a fattor comune le proprie esperienze, i bisogni, le buone pratiche. Quanto alle misure pubbliche ci sono periodicamente bandi dedicati, non in misura sufficiente rispetto alle necessità.
Quale futuro prevede per il vostro territorio e quali sono le leve sulle quali l’imprenditoria del domani deve puntare?
Formazione, digitale, sostenibilità: sono le tre leve fondamentali per l’imprenditoria dei prossimi anni. Ed aggiungo: sapere fare rete e sapersi fare rappresentare. Questo è il nostro mestiere, che torna importante dopo anni di disintermediazione .La piccola impresa produce la maggior parte del valore aggiunto nazionale ma non è adeguatamente sostenuta ed ascoltata. Anzi spesso viene indicata come fattore di debolezza del nostro sistema produttivo anziché riconoscerne il valore, che ci viene invidiato da molti. Io sono convinto che il futuro sarà dell’impresa a valore artigiano, mix di innovazione e tradizione, manualità e digitale, prossimità e flessibilità.
Come ultima domanda vorrei tornare alla politica. Ci sono state difficoltà a trovare i candidati sindaci dell’opposizione per le prossime elezioni, anche in grandi città come Milano e Roma. Secondo lei da cosa dipende? Può dipendere, ricollegandoci anche alle domande precedenti, dal timore di essere troppo esposti e in pasto a persone poco preparate. Penso per esempio al caso del Sindaco di Lodi, Simone Uggetti, condannato dall’opposizione e diventato un caso mediatico, per poi essere assolto, cinque anni dopo, con una sentenza (“il caso non sussiste”) che ha ribaltato completamente la sentenza di primo grado, che prevedeva 10 mesi di reclusione e 300 euro di multa.
Sono amico di Simone Uggetti e non ho mai avuto dubbi sulla sua innocenza. Andai a trovarlo a San Vittore portandogli la solidarietà di tutto il gruppo dirigente del PD Lombardo, mentre altre forze montavano in piazza una canea vergognosa. Spero che questa vicenda serva a rivedere molte cose nel funzionamento della giustizia in primo luogo, ma anche nel dotare chi si assume responsabilità rilevanti (e con scarsa paga) come i sindaci di adeguate tutele. Il che non significa impunità, ma evitare la spettacolarizzazione della giustizia ed i processi di piazza. La ricostruzione di una classe dirigente per l’Italia di domani passa attraverso le città, dobbiamo fare in modo che lì si selezionino le figure migliori e che le si metta nelle condizioni di operare.
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