Agroalimentare

Un anno di Milan Urban Food Policy Pact: a che punto siamo?

15 Ottobre 2016

Un anno fa a Milano 113 sindaci da tutto il mondo firmavano un patto per migliorare le politiche urbane del cibo. Il Milan Urban Food Policy Pact comprende sei aree di intervento – governance, diete sane e sostenibili, giustizia sociale ed economica, produzione alimentare, distribuzione, sprechi – e definisce delle linee guida per le amministrazioni locali, tese a:

“sviluppare sistemi alimentari sostenibili, inclusivi, resilienti, sicuri e diversificati, per garantire cibo sano e accessibile a tutti in un quadro d’azione basato sui diritti, allo scopo di ridurre gli scarti alimentari e preservare la biodiversità e, al contempo, mitigare e adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici”

L’obiettivo è dare alle amministrazioni un’agenda di impegni e facilitare il confronto tra città, in modo che lo sforzo sia congiunto e condiviso. Milano ha il ruolo di città promotrice del patto ed è un merito che va riconosciuto all’amministrazione Pisapia, che ha saputo sfruttare il momento di attenzione sul tema del cibo degli anni scorsi e tradurlo in qualcosa di utile per la collettività.

A un anno di distanza, le città firmatarie sono diventate 130 e rappresentano quasi mezzo miliardo di cittadini nel mondo (470 milioni). I sindaci di quelle città si sono appena incontrati a Roma, nella sede della FAO, per fare il punto su quello che è stato fatto e definire i prossimi passi. Uno degli obiettivi principali è arrivare a stabilire degli indicatori per misurare l’efficacia delle policies e quindi riuscire a confrontarsi con dei dati in mano. Ragion per cui, proprio la FAO, nel corso dell’anno ha svolto un monitoraggio sulle città firmatarie per capire cosa valutare e come valutarlo.

Matteo Brambilla, coordinatore del gruppo di lavoro della Food Policy di Milano, raggiunto al telefono fa qualche esempio: “in tema di dieta e nutrizione verranno monitorati i dati sull’obesità o l’allattamento; in ambito di equità sociale ci saranno indicatori di crescita come il pil o l’indice di Gini; sulla produzione di cibo probabilmente si andrà a vedere quanti sono i mercati di produttori locali, quanti prodotti locali sono venduti in città e quante aziende agricole ci sono nell’area metropolitana; sugli sprechi verrà monitorato ad esempio il volume di organico recuperato. L’elemento cruciale però è anche riuscire a tenere conto del diverso grado di maturità delle città, perché non puoi pretendere da tutte la stessa capacità di monitoraggio degli indici o gli stessi risultati. I parametri andranno adattati al contesto.”

“Il lavoro dei prossimi mesi – prosegue Brambilla – sarà selezionare gli indicatori più efficaci, accogliendo anche i commenti espressi nel frattempo dai sindaci che hanno partecipato al dibattito.”

Oltre a quello degli indicatori, un altro fronte cruciale del Patto è quello di coinvolgere altri attori e reti istituzionali sui temi delle politiche urbane del cibo. Spiega Brambilla: “in questa prima fase la logica è stata quella di appoggiarsi su network già esistenti e radicati e contaminarli con i temi del cibo. Ad oggi i tre network su cui ci siamo attivati sono C40, Eurocities e Città Sane. Tutti e tre hanno già aperto dei gruppi di lavoro sul cibo e l’idea è proprio stimolare questi gruppi, o la Fao, per facilitare gli scambi di buone pratiche tra città. E poi c’è la conferenza Habitat 3, a Quito dal 17 al 20 ottobre, una conferenza cruciale sui temi urbani, che avviene circa una volta ogni vent’anni e che ha già messo in agenda il tema del cibo. Il punto è: cercare altre sponde per spingere questo tema anche all’interno di altri network.”

Il summit dei sindaci firmatari del Milan Food Policy Pact, Roma 14 Ottobre.
Il summit dei sindaci firmatari del Milan Urban Food Policy Pact, Roma 14 Ottobre.

Il summit si chiude con la premiazione delle città che hanno fatto meglio in termini di food policy urbane, la cerimonia è presentata da Danielle Nieremberg di Food Tank. La città migliore di quest’anno è Baltimora, per le sue politica urbane tese alla resilienza e all’equità sociale. Il secondo premio, dedicato alle città che operano in un contesto svantaggiato, va a Città del Messico, per la sua lotta alla povertà alimentare.

E poi ci sono i riconoscimenti dedicati a ciascuna delle sei aree del patto: Quito viene premiata per il suo sistema di produzione alimentare grazie a una rete di orti urbani familiari; Birmingham vince su dieta nutrizione per il suo programma di contrasto all’obesità; Riga porta a casa il premio sugli sprechi alimentari grazie alla sua discarica futuristica (Eko Getlini) dove crescono addirittura le verdure, dentro serre alimentate dall’energia prodotta dagli scarti; Lusaka viene premiata in tema di giustizia sociale per il suo programma di coinvolgimento e formazione di donne da contesti svantaggiati; e infine il Canada, che è bravo due volte perché gli si premia Toronto per il suo portale online per la distribuzione di cibo locale (Food Reach) e Vancouver per le pratiche di food governance efficaci.

Prossime tappe? Il lavoro del nuovo comitato direttivo, formato da 13 città e guidato da Milano, che nei prossimi due anni dovrà definire le regole interne al patto. E la conferenza del 2017, che si svolgerà a Valencia. Proprio il sindaco di Valencia dice arrivederci alla platea con questo messaggio: “Una concezione sbagliata dello sviluppo ha portato alla possibilità di non riuscire a dare ambiente abitabile alle prossime generazioni. La consapevolezza di questo ci obbliga a riorganizzarci con l’obiettivo di garantire la dignità di tutti. E ricordandoci che le più grandi conquiste sono sorprendentemente quelle più quotidiane.”

Immagine di copertina tratta dal video che illustra la food policy di Vancouver.

twitter @dilettasereni

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.