Agroalimentare
Se il ‘Granchio Blu’ non si combatte, fattelo amico. E vendilo
In una stagione estiva segnata – proprio al suo albore – dall’alluvione che si è abbattuta con ferocia sulla Romagna, proseguita con un andamento turistico altalenante – e gli italiani costretti a fare i conti con un’inflazione stellare, i rincari delle bollette, il mutuo a tasso variabile che schizza verso l’alto e l’aumento generalizzato dei prezzi – sull’Emilia-Romagna ci mancava giusto la calata del ‘Granchio Blu’ – vorace ‘degustatore’, tra le altre leccornie marine, di vongole e cozze – che rischia di ‘mettere in ginocchio’ il settore della pesca a partire dal Delta del Po e giù, giù lungo la costa. Dal nome scientifico Callinectes Sapidus, fa parte di una specie invasiva in arrivo dalle acque atlantiche del Nord America e da alcuni anni è ormai presente nell’Adriatico, trasportato dalle grandi navi che solcano mari e oceani e dove, alla luce del surriscaldamento delle acque, ha trovato il suo habitat ideale. Da queste parti non ha predatori che lo contrastino, divora cozze, vongole, gamberi, latterini, seppie, sogliole e le sue chele, forti come come tenaglie, strappano senza particolare sforzo le reti e danneggiano i letti di alghe che servono da vivai per i pesci locali. Un cliente, davvero poco gradito con cui fare i conti. E che spinge, come si suol dire, a fare di necessità virtù. Già perché fedeli al motto, ‘se non puoi sconfiggere il tuo nemico, fattelo amico’, gli emiliano-romagnoli che, certo, non mancano di inventiva hanno ribaltato il tavolo e da ‘minaccia’ – che comunque resta ben presente – hanno trasformato il ‘Granchio Blu’ in opportunità di mercato. Tonnellate del ‘fastidioso’ crostaceo sono infatti in partenza dalla costa adriatica in direzione Miami, sulle cui tavole – come in ogni parte d’America – è apprezzatissimo. Un po’ come ‘vendere il ghiaccio agli esquimesi’ in versione ittica. Dall’Emilia-Romagna, spiega la Regione sul suo sito ufficiale, è partito ed è attualmente in viaggio verso le coste della Florida, il primo container, carico di 15,75 tonnellate di crostacei semilavorati. Pescati dalle imprese ittiche della Sacca di Goro, del territorio di Comacchio e nel Delta del Po, saranno venduti nel Paese di cui sono originari e molto richiesti dai consumatori. A svolgere il ruolo di regista della partita ‘Mariscadoras’, una start-up riminese tutta al femminile, con cinque socie ‘Under 40’ nata nel 2021 e ideatrice del progetto ‘Blueat – La Pescheria Sostenibile’, per promuovere l’utilizzo alimentare e gastronomico delle specie aliene marine invasive, a partire appunto dal ‘Granchio Blu’, tra le più dannose presenti nel Mediterraneo. Un modo per trasformare una sorta di ‘flagello’ in una opportunità economica e commerciale con un occhio all’ambiente e ai diritti. Già dal nome stesso scelto per la start-up di Rimini: le ‘Mariscadoras’, infatti, sono le donne che si occupano della raccolta di vongole e molluschi sulle rive della Galizia: un lavoro, duro, spesso sottostimato e sottopagato. E ‘Mariscadoras’ è anche il nome dell’associazione galiziana creata da donne che lottano per la parità di genere nel mondo della pesca. Per lanciare il consumo alimentare del ‘Granchio Blu’ le ragazze di ‘Mariscadoras’ hanno dato vita a una micro-filiera del settore stringendo una collaborazione con un’azienda mestrina, la Tagliapietra che acquista il granchio, e lo trasforma da materia prima a prodotto finito in
polpa e sughi che stanno approdando sul mercato domestico ed estero. “Questa prima spedizione di quasi 16 tonnellate di ‘Granchio Blu’, è la dimostrazione concreta che ci sono le condizioni per provare a creare una filiera in grado di fornire prodotto semilavorato di qualità e una redditività anche alle nostre imprese ittiche – ha commentato l’assessore all’Agricoltura e pesca dell’Emilia-Romagna, Alessio Mammi- E’ un obiettivo cui come Regione siamo fortemente impegnati: trasformare quella che attualmente è un’emergenza in una possibile opportunità. Per fare questo stiamo lavorando in più direzioni, in stretta collaborazione con il mondo della pesca e dell’acquacoltura. Un primo passo è stata l’autorizzazione alla cattura, al prelievo e alla commercializzazione, ma questo non basta. Non tutto il prodotto ha le caratteristiche per essere venduto – ha chiosato Mammi – mentre i danni che questa specie sta provocando a un intero settore pongono in primo piano il tema degli indennizzi, oltre a quello dello smaltimento del prodotto non adatto alla vendita”.
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