Agroalimentare

I mercati rionali di Roma rischiano di scomparire

11 Febbraio 2018

Sono “l’anima del commercio” capitolino, gli antesignani del “fuori tutto” o del “3×2” proposti dai centri commerciali, le “piazze” della filiera corta e del consumo critico, dove è ancora possibile farsi consigliare prodotti stagionali, di qualità e magari a buon prezzo. Chi vuole ascoltare il cuore di Roma deve venire qui, tra i venditori diretti, i banchisti e i clienti dei mercati rionali. E non è un caso se ogni candidato alle elezioni, dal Municipio al Parlamento, ci fa sempre almeno una capatina, per stringere mani, dispensare sorrisi e progetti per il futuro.

Ogni giorno nella Capitale – secondo il rapporto “Magna Roma” di Terra!Onlus, a cura di Francesco Paniè – aprono i battenti 127 mercati dove lavorano oltre 11mila persone. Circa la metà è ospitato in spazi al coperto o in piazzali pavimentati con servizi, i cosiddetti “plateatici attrezzati”. Gli altri devono accontentarsi di una sede “impropria”, come piazze o strade chiuse al traffico dalle 7 alle 14. Quasi tutti sono alle prese con i segnali, sempre più pesanti, della crisi. Non solo quella economica. In questi anni alcune riqualificazioni di mercati storici, che segnano l’identità di rioni e borgate, non hanno dato i risultati attesi. Altri interventi hanno finito addirittura per penalizzare gli operatori. E molte promesse di rilancio sono rimaste ancora sulla carta.

I segnali sono tanti ma il risultato è solo uno: i mercati rionali di Roma rischiano seriamente di scomparire. Ad oggi circa il 20% dei box è inattivo e il Comune non ha ancora fatto un censimento aggiornato e quindi non è possibile la riassegnazione. Per approfondire i motivi di questa crisi bisogna anche guardare alle nostre abitudini, decisamente cambiate in seguito a numerosi fattori. Ad oggi circa di il 70% degli acquisti alimentari si concentra nella grande distribuzione. Ci si ritrova a far la spesa fuori dall’orario di apertura dei mercati rionali: in questo la fanno da padroni i supermercati aperti la domenica (e durante la notte) e i minimarket aperti 24h al giorno. E poi le scelte alimentari: preferiamo acquistare per comodità prodotti di quarta gamma (verdure pulite, tagliate, imbustate e pronte per essere servite in tavola) senza dare rilevanza alla provenienza e alla filiera corta. Eppure i mercati rionali sono insuperabili proprio nella stagionalità e nella freschezza del comparto ortofrutticolo: quello che si può trovare sul banco è stato certamente raccolto 24 ore prima, nei mercati della Capitale il 25% di prodotti arrivano dall’agro romano e dal Lazio. Il km0 spesso c’è ma non si vede o non viene considerato un valore.

Nel rapporto dell’associazione Terra! Anche le possibili situazione a questo stato di cose: promuovere maggiormente la qualità con la trasparenza e attraverso strumenti di tracciabilità del cibo venduto al mercato; rivitalizzare gli spazi dei mercati, aree che possono essere vissute non soltanto come commerciali ma anche come aggregative (basti pensare alle associazioni che organizzano gruppi di acquisto solidale); in ultimo, ma più importante, è la strutturazione di una food policy per Roma metropolitana, implementando misure indispensabili alla ricucitura di un rapporto tra popolazione urbana e mondo agricolo. “La costruzione di una strategia alimentare urbana – si legge nel rapporto MagnaRoma – può rappresentare un passo cruciale verso la conversione ad un’agricoltura etica ed ecologica, verso un lavoro agricolo meno precario, giustamente retribuito e più degno di considerazione sociale”.

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