Agroalimentare

Ferrarini, la cordata Bonterre risponde alla proposta Pini-Amco e rilancia

2 Settembre 2020

Due proposte in concorrenza tra loro per il salvataggio e il rilancio della Ferrarini, marchio storico attivo sul mercato del prosciutto cotto. La prima è quella della stessa azienda, imperniata sul gruppo Pini, la seconda è quella della cordata guidata dal gruppo modenese Bonterre. Il dissesto ha lasciato 250 milioni di debiti.

Proprio la cordata formata dal Gruppo Bonterre – Grandi Salumifici Italiani, O.P.A.S. e HP, che con il sostegno di Intesa Sanpaolo e Unicredit ha depositato lo scorso dieci agosto presso il tribunale di Reggio Emilia la sua proposta di concordato concorrente per Ferrarini, ha annunciato di aver preso visione della proposta presentata sulla base degli impegni della Famiglia Pini e di Amco e quindi rilancia. La cordata conferma infatti di voler mantenere l’offerta presentata e di essere disposta, come si legge in una nota diffusa da Intesa Sanpaolo, «ad arricchirne ancor più i contenuti, qualora si instaurasse finalmente la leale procedura competitiva imposta dalla legge».

Gruppo Bonterre è un player di riferimento del mercato italiano ed europeo dei salumi di qualità, formaggio Parmigiano-Reggiano, snack e piatti pronti), O.P.A.S. è la più grande organizzazione di prodotto tra allevatori di suini in Italia e HP è una società attiva nel sostegno e nell’innovazione dell’agrifood.

La cordata sottolinea come siano stati effettuati «fideiussioni bancarie e depositi bancari, con la disponibilità immediata, di oltre 50 milioni, al servizio del ripagamento dei creditori», insieme a garantire «la costruzione di un processo di filiera tutto italiano».Sottolinea infine «la fruibilità certa e immediata da parte di tutte le maestranze dei vicini impianti e stabilimenti del gruppo Bonterre e di O.P.A.S, in caso di spegnimento dello stabilimento di Rivaltella, e la garanzia dei livelli occupazionali già individuati».

Sulla proposta Amco-Pini, viene sottolineata invece «la mancanza di pagamenti immediati o nel breve del passivo concordatario, con lo spostamento del soddisfo dal terzo anno di piano industriale in poi», inoltre la presenza di comunicati stampa in cui viene affermato «che la percentuale di soddisfo (33%) renderebbe vana la presentazione di proposte concorrenti», che sarebbe «tesa ad ostacolare l’instaurarsi della leale procedura competitiva prevista dalla legge nell’interesse dei creditori e degli altri stakeholder (in primis, lavoratori e fornitori)». In ultimo si evidenzia l’assenza di «certezza sulla continuità produttiva e industriale in Italia, mancando in capo alla famiglia Pini l’expertise nel settore dei salumi di carne suina e nella commercializzazione sui mercati internazionali del food made in Italy». Manca infine, secondo la cordata, la presentazione di un progetto dettagliato o anche di semplice fattibilità del nuovo Stabilimento, con forte pericolo di delocalizzazione negli stabilimenti spagnoli della famiglia Pini».

 

 

 

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