Agroalimentare

Che cosa guadagna (e rischia) Eataly ad allearsi con Amazon?

25 Giugno 2015

«In questi giorni è partito un progetto per vendere freschi online. Saremo noi i primi, non mi faccio battere da Google o da Amazon, che non sanno neanche cosa sia il cibo». Parlava così, poco più di 7 mesi fa, il patron di Eataly Oscar Farinetti. Ma l’11 giugno scorso Nicola, il figlio dei Farinetti senior e responsabile della filiale statunitense, ha firmato un accordo proprio con Amazon per la distribuzione di prodotti freschi online negli Stati Uniti, pur continuando a rivendicare il know how nella nella “comprensione” e nella cultura del cibo.

Che cosa ha dunque convinto l’imprenditore ad invertire la rotta e siglare l’accordo? Innanzitutto, bisogna dire che per ora si tratta solo di progetto pilota limitato all’area di New York e di Chicago, dove Amazon può garantire una distribuzione rapida ed efficiente. I prodotti Eataly verranno consegnati attraverso il servizio rapido Prime Now fornito da Amazon. Secondo gli esperti, l’incontro fra la potenza distributiva di Amazon e la “cultura del cibo” di Eataly dovrebbe far emergere un mercato da 100 milioni di dollari nel giro di un anno (sempre con riferimento alle aree di New York e Chicago). Perché rinunciare a sperimentare, dunque?

C’è poi un tema di confronto competitivo che l’azienda italiana non poteva ragionevolmente sostenere. Uno sguardo ai numeri chiarirà la questione. Eataly Net, la piattaforma di e-commerce dell’azienda italiana che avrebbe dovuto sviluppare il progetto di vendita di prodotti freschi online, ha registrato nel 2014 un fatturato di poco più di 5 milioni, mentre il fatturato generato dalle imprese europee con le vendite sul marketplace statunitense si aggira intorno ai 3 miliardi di euro. Amazon, al contrario, ha un fatturato di 22,7 miliardi di dollari, anche se non produce utili. Amazon Fresh, il servizio di distribuzione alimentare del colosso statunitense, ed in generale l’area grocery di Amazon, sono realtà affermate con una presenza capillare negli Stati Uniti: il servizio è attivo da diversi anni a Seattle, ed è stato allargato a San Francisco e a Los Angeles con ottimi risultati.

Tuttavia, non si può negare che esista un timore diffuso da parte dei medio-piccoli venditori rispetto all’e-commerce, il cui sviluppo potrebbe cannibalizzare i punti vendita, tanto più che il commercio in questione si svolge su un marketplace come Amazon. Ma Farinetti si è dimostrato molto attento all’analisi della situazione esistente, attuando una scelta che da un punto di vista imprenditoriale fa trasparire molti più lati favorevoli che non viceversa.

«Il progetto è molto buono e conferma che il marketplace è la soluzione di commercio elettronico non solo per piccoli player – osserva Gianluca Greco, retail expert –. Nel breve e nel medio periodo si rivelerà un accordo vantaggioso per entrambi: Amazon acquisisce con Eataly un brand di grande richiamo, mentre Eataly sfrutta la capacità distributiva di Amazon. Nel medio periodo i vantaggi saranno ancora maggiori, in quanto Eataly, collaborando con Amazon, può apprendere la supplychain dal leader mondiale del settore, mentre Amazon conquista una posizione da leader nel settore food, un settore dove finora nessuno è riuscito ad imporsi, aggregando distributori e produttori». Un rapporto particolare dunque quello fra le due aziende, che si integra e rovescia, teso fra la pressoché sconfinata disponibilità di assortimento di Amazon, paladino del “know how” distributivo, ed i presidi alimentari specializzati di Eataly.

«La qualità è l’elemento chiave del made in Italy, ne sono testimonianza le tante imprese italiane, i consorzi, che però, a fronte di grandi prodotti, non hanno la stessa capacità di andare sui mercati e la stessa capacità distributiva», spiega Sandro Castaldo, professore di Economia e gestione delle imprese presso l’Università Bocconi di Milano. «L’accordo con Amazon può ridurre questo gap».

Eataly farà leva sulle sue competenze in ambito culinario e sulla sua cultura del cibo: può vantare una selezione di prodotti unica con capacità di storytelling inimitabile, un’elevata specializzazione in ambito qualitativo, realizzando un posizionamento di nicchia anche a livello di punti vendita (limitati ma peculiari, la cui apertura rappresenta un investimento ingente e rischioso).

«Il gioco potrebbe rivelarsi svantaggioso per Eataly nel lungo periodo – continua Greco – ma questi non sono tempi in cui non ha senso agire solo in un orizzonte di lungo periodo. Insomma Eataly dimostra ancora una volta grande rapidità di azione in un settore, il retail, dove ci si crogiola ancora sull’opportunità dell’e-commerce e ci si perde in elucubrazioni metafisiche tipo multicanalità, omnicanalità e crosscanalità, su come integrare la rete dei negozi con la dimensione digitale». Interessante sarà l’estensione del servizio di feedback sull’interesse dei clienti fornito dall’azienda di Seattle: «La grande disponibilità di dati sui prodotti più richiesti, più acquistati, potrà aiutare i clienti di Eataly nelle loro scelte», conclude Castaldo. Ma sarà anche un test sul gradimento da parte della clientela.

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