Agroalimentare
Cosa c’è nel tuo piatto?
Gli alimenti alternativi sono sempre più al centro dell’attenzione di scienziati e ricercatori. In fin dei conti, è inevitabile. Sul pianeta siamo in troppi e molti Paesi sovrappopolati si stanno sviluppando; dunque i loro abitanti desiderano mangiare la carne proprio come facciamo noi occidentali. L’attuale modello nutrizionale, però, non è sostenibile per la Terra ed è necessario ripensare al modo in cui ci alimentiamo, se non vogliamo gravare troppo – persino più di quanto stiamo già facendo – sulla nostra casa comune.
È pollo quello?
Sull’isola di Singapore è stata di recente approvata la vendita di carne di pollo sintetica. L’aggettivo può comprensibilmente fare inorridire chiunque ami la carne, eppure dovremmo probabilmente farcene una ragione, per il bene del pianeta. A detta di Reuters, le crocchette sintetiche sarebbero vantaggiose per la salute umana, il benessere animale e, non da ultimo, l’ambiente. Al momento, però, sono sensibilmente più costose del pollo tradizionale, per così dire. Il pollo sintetico si ottiene dalle cellule muscolari dell’animale, coltivate scrupolosamente in laboratorio.
Questa rapida descrizione non ha convinto i vostri palati? Non c’è da stupirsi date le abitudini degli italiani a tavola. Eppure, per quanto non esattamente naturali, le crocchette di pollo sintetiche potrebbero almeno avere il pregio di contenere veramente alcune componenti del gustoso animale, al loro interno. Non tutti gli alimenti alternativi possono vantare componenti così succulenti.
Una nuova frontiera per l’alimentazione
L’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha stabilito al termine dello scorso anno che le larve della tarma della farina – un coleottero – sono sicure per la nutrizione umana. Anche in questo caso, come in quello del pollo da laboratorio, si tratta di rispondere ai problemi ambientali tramite la ricerca alimentare. La differenza tra una larva ed un suino, infatti, è enorme se portata su scala mondiale. Rispetto a un maiale, il bozzo della tarma della farina produce cento volte meno gas serra per il singolo chilo di carne. Sono dati resi pubblici dalla FAO.
Alla luce di ciò l’interesse nei confronti dell’alimentazione a base di insetti è davvero molto forte. Tanto la comunità scientifica quanto il mondo imprenditoriale si stanno muovendo sempre più in questa direzione. Gli ostacoli maggiori, naturalmente, sono la barriera psicologica – non tutti accetterebbero senza batter ciglio di mangiare una cavalletta, uno scorpione o un cervo volante – e l’insorgenza di conseguenze legate a possibili allergie.
Ma la nuova frontiera alimentare è ancora più vasta. Il New York Times, ad esempio, ha dedicato un esaustivo articolo, in gennaio, alla fiorente industria delle alghe. Il fuco, noto anche come kelp, è un’alga ricca di minerali e vitamine, adattissima a nutrire l’uomo. Anche in questo caso, l’ambiente ne guadagnerebbe moltissimo. Il fuco vive in acqua, dunque non deve essere irrigato o trattato con pesticidi e fertilizzanti che possono danneggiare aria e suolo. In questo caso, però, i problemi sono di natura soprattutto logistica. L’alga necessita infatti di essere stabilizzata in meno di 12 ore; ciò significa che raccolta, trasporto e surgelazione devono essere completate nell’arco di una mezza giornata. Anche per il fuco ci si può imbattere in ostacoli psicologici. La soluzione però potrebbe essere molto semplice: basterebbe dare all’alga la forma di qualcosa di appetitoso, come ad esempio un hamburger.
Il procedimento che sta alla base dell’industria alimentare del futuro ha tanti punti interrogativi, ciò è innegabile. Esso si prospetta impegnativo, costoso e irto di ostacoli. Il gioco però vale assolutamente la candela in quanto la sostenibilità del cibo è un aspetto fondamentale per vincere la battaglia climatica. L’industria alimentare, infatti, incide tantissimo sul surriscaldamento globale.
Comunque possa apparire “è questa la direzione giusta.” Così si chiude l’articolo sul quotidiano. Come ci ha ricordato di recente anche Greta Thunberg, la lotta al global warming non la vinceremo a parole, bisogna agire. Il fronte alimentare è tra i più caldi, in questa guerra.
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