Agricoltura
Pesci e ortaggi, l’acquaponica può diventare strumento di inclusione sociale
Avete mai sentito parlare di acquacoltura o, più in particolare, di agricoltura in acquaponica? Si tratta di una particolare tecnica di coltivazione in acqua che si sta ritagliando un suo spazio nel mondo dell’agricoltura. I primi a sperimentare questo sistema furono gli Aztechi intorno al XV secolo. Per coltivare, utilizzavano delle isole artificiali posizionate nelle acque poco profonde dei corsi d’acqua.
Con acquaponica oggi si intende l’unione tra l’acquacoltura e la coltivazione idroponica. Quest’ultima è una pratica nella quale le piante vengono coltivate in assenza di terreno, con l’impiego di acqua arricchita di tutte le sostanze nutritive di cui i vegetali hanno bisogno. L’ottica è quella dell’economia circolare, perché i nutrienti fondamentali per la crescita delle piante vengono forniti dall’allevamento del pesce di cui queste sostanze costituiscono i principali prodotti di scarto. Per esempio, l’azoto, scartato dai pesci sotto forma di escrezione, viene convertito prima a nitrito poi a nitrato e qui assorbito dalle radici delle piante in coltura che si trovano direttamente immerse nell’acqua. Si tratta di un sistema ad altissima tecnologia che permette di produrre 3-4 volte quanto si produce in agricoltura tradizionale. La coltivazione in acqua è estremamente efficiente e di qualità, anche se poco conosciuta a livello locale.
Negli ultimi anni, negli Stati Uniti, in Australia e Nuova Zelanda sono stati costruiti grossi impianti produttivi e l’acquaponica sta attirando l’interesse di università e aziende di tutto il mondo. A livello europeo, le prime realtà di produzione con sistemi di acquaponica sono nate in Olanda (es. UF002), Inghilterra (es. Bioaqua Farm, Growup Urban Farm) e Islanda (es. Akur Farm).
In Italia, in Friuli Venezia Giulia, in provincia di Udine, due fratelli hanno fondato Montvert, un’azienda agricola che coltiva ortaggi a foglia, a frutto, erbe aromatiche e fiori tramite l’acquaponica. “I nostri clienti hanno la garanzia di portare sulle loro tavole, alimenti sani, genuini e 100 percento naturali”, si legge nella presentazione del loro progetto. Altra realtà ben avviata è The Circle. “Siamo un’azienda ad elevata concentrazione tecnologica capace di produrre contemporaneamente cibo e proteine di altissima qualità. Non produciamo alcun tipo di rifiuto e ancor meno di inquinamento. La nostra struttura è capace di superare il concetto di biologico e di impatto zero, arrivando a essere un valore aggiunto per l’ambiente”, spiegano sul loro sito.
Riccardo Balistreri, studente della laurea triennale in tecnologie agrarie e forestali della Statale di Milano, e Riccardo Volontè gestiscono tre impianti acquaponici, due a Varese e uno a Busto Arsizio. Gli impianti che gestiscono, per il momento, sono autofinanziati ma hanno dato loro l’occasione di poter fare sperimentazione, con il sostegno dei docenti della Statale.
Domenica 5 dicembre esporranno un impianto dimostrativo del sistema al mercato di Castello Cabiaglio in provincia di Varese.
Pensare a tutti è il loro obiettivo ed è questa la chiave più interessante del loro progetto. «Vogliamo diventare imprenditori agricoli professionali, certo, – spiega Riccardo Balistreri, rappresentante d’istituto del DiSAA, a Gli Stati Generali – ma vediamo l’acquaponica come un’iniziativa sociale, perché può essere sì un sistema per la produzione doppia di pesci e piante ma soprattutto strumento di inclusione sociale, per bambini, anziani, disabili, tutti».
«La manutenzione che viene effettuata agli impianti può essere effettuata da chiunque – racconta Riccardo -, dal momento che si tratta di un sistema di coltivazione fuori suolo e molto controllato, le azioni vanno compiute saltuariamente. Ad esempio, un bambino, come un anziano, un disabile, può dare da mangiare ai pesci in modo molto semplice, poi è chiaro che l’impianto deve essere autonomo e con una serie di parametri che vanno impostati da un tecnico. Non ci sono però le difficoltà di un orto tradizionale. E a seconda della persona che interagisce, un impianto acquaponico può essere modulato in modi differenti».
Conoscete le carpe koi? Le carpe noi, più specificamente nishikigoi o carpa giapponese, sono varietà ornamentali della carpa comune. Sono allevate per scopi decorativi in stagni all’aperto e laghetti da giardino. I colori più comuni comprendono il bianco, il nero, il rosso, il giallo, il blu e il color crema.
«Questi pesci – spiega Riccardo – che si utilizzano per la parte di acquacoltura finalizzata alla produzione di pesci alimentari e non edibili, sono pesci che si prestano moltissimo a queste attività. Sono molto sensibili, intelligenti, si ricordano tutto, se le tratti bene, male, si ricordano dei luoghi, interagire con l’uomo può dare risultati sorprendenti».
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