Agricoltura
New Green Economy evviva la campagna
….uomini e sogni come le tue parole, la terra e il grano come i capelli tuoi…. Celia de La Serna ( Roberto Vecchioni)
La crisi attuale è stata definita una crisi della Finanza senza Prodotto, ossia il naturale effetto della sovrapproduzione industriale che ha portato al terziario avanzato post-fordista, fatto di mobilità di merci materiali ed immateriali nonchè alla smaterializzazione della Finanza diventata virtuale e fittizia. Un esempio del reciproco avvenne invece in Italia quando la produzione industriale del boom non fu accompagnata dalla salvaguardia di risorse finanziarie in surplus e quindi atte al rifinanziamento e reinvestimento delle capacità produttive industriali. Fu necessario introdurre la politica della Riconversione Industriale (1975-1978) dettata da Napoleone Colajanni allora economista di punta del PCI. Ma in pratica si risolse con un finanziamento perpetuo alla FIAT con i risultati che conosciamo.
L’arresto della crescita, dovuto alla riduzione della domanda estera industriale e di conseguenza il freno sui consumi interni, riporta con drammatica attualità la domanda in base alla quale ci chiediamo il perché dell’insistere sullo sviluppo industriale, a corto di domanda estera, quando viviamo in una società post-industriale e post-fordista e soprattutto quando assistiamo, malgrado i cambiamenti climatici, ad un revival della Green and Economy Culture.
Ruolo dei cambiamenti climatici post-industriali
Distruzione delle aree rurali cambiamento climatico e siccità, disuguaglianza alimentare, ecco i nuovi volti della geografia alimentare.
Viviamo in un mondo in cui produciamo più cibo che mai e nel quale coloro che soffrono la fame non sono mai stati così tanti, (Olivier de Shutter, Special Rapporteur sul Diritto al Cibo alla Conferenza della FAO, 11-8-2009)
Questo apparente controsenso si verifica per la graduale distruzione delle aree rurali, per il cambiamento climatico a cui stiamo assistendo, per l’incipiente siccità e per ultimo ma non meno importante, per l’inquinamento.
Distruzione delle Aree Rurali
Nelle regioni più povere del mondo le comunità locali distruggono vaste aree dell’ecosistema allo scopo di sostentarsi, consumando le risorse naturali più rapidamente di quanto esse si rigenerino, creando così una spirale negativa che porta all’impoverimento progressivo dell’ambiente. Dal canto loro, i paesi industrializzati consumano una percentuale di risorse naturali eccessiva rispetto alla dimensione delle loro popolazioni. Perciò il sistema alimentare esistente collassa a seguito di pressioni derivanti da molteplici fattori: il cambiamento climatico, il degrado ecologico, l’aumento della popolazione, il prezzo crescente dell’energia e la domanda crescente di prodotti come carne e latte, la competizione per i terreni agricoli stimolata dai biocarburanti, dal settore industriale e dalla crescente urbanizzazione. La parola chiave che lega tutti questi aspetti è urbanizzazione quindi industrializzazione quindi inquinamento quindi cambiamento climatico da cui si arriva alla distruzione delle aree rurali.
Una iniziale soluzione è operare in modo che una quota della produzione mondiale venga prodotta non più da fattorie industriali inquinanti, ma da fattorie più piccole e sostenibili L’agricoltura affronta un’importante sfida: aumentare in modo radicale la produzione di cibo e, allo stesso tempo, trasformare completamente il modo in cui questo è prodotto. Secondo i trend attuali, la domanda di cibo potrebbe aumentare del 70% entro il 2050 [1]a causa della crescita della popolazione e dello sviluppo economico. La popolazione mondiale secondo le previsioni aumenterà di un terzo[2], dai circa 6,9 miliardi di oggi ai 9,1 miliardi del 2050. Nel 2050, sette su dieci abitanti nel pianeta vivranno in paesi a basso reddito con deficit alimentari.[3]
Secondo le previsioni, l’economia mondiale triplicherà entro il 2050, e la quota di produzione assicurata dalle economie emergenti crescerà dal 20% a più del 50%(6) [4]‘The world in 2050’. Tuttavia, affinché questo livello di sviluppo sia sostenibile, è necessario un cambiamento radicale nei consumi delle economie industrializzate e in quelli dei paesi emergenti: entrambi devono adottare stili di vita più sostenibili. Al momento, redditi più alti e urbanizzazione in crescita portano le persone a consumare meno cereali e più carne. Il ruolo dello sviluppo dell’agricoltura può essere determinante basti pensare che il saldo assorbimento/emissioni del settore agricolo in Italia è positivo (37 mln le tonnellate di C02 annue emesse, 71 mln quelle assorbite), bilanciando così una quota fondamentale delle emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane (aree urbane, industriali, trasporti ecc.).
Eppure:
Malgrado queste incerte previsioni, in un recente Rapporto, la Coldiretti indica crescente il numero di giovani, soprattutto donne, che si iscrive alle Facoltà universitarie di Scienze Agrarie e Zootecniche. Appare in crescita la quota delle leve sotto i 35 anni che investe tempo e futuro in aziende agricole, tanto da far registrare in questo settore la maggiore crescita occupazionale. Inoltre più di due giovani italiani su tre (il 68%) aspirano a lavorare d’estate in campagna. (Coldiretti, Rapporto Giovani, 2015). E questo anche grazie alla Legge di Orientamento (la legge 228/2001), fortemente sostenuta da Coldiretti, che ha aperto la strada all’agricoltura multifunzionale.
Il settore agricolo è multi potenziale: una larga quota è rappresentata da esperti di comunicazione, gestione aziendale, chimici, biologi e persone diplomate o a bassa scolarità, che comunque risultano la minoranza. Quindi non più un’agricoltura che si tramanda di generazione in generazione, dove il lavoro nei campi veniva preferito allo studio, ma un investimento nell’agroalimentare che coinvolge nuove professioni, dal turismo al marketing, alle energie rinnovabili. In buona sostanza la green economy è ritornata come sinonimo di innovazione, progresso, desiderio di abbandonare anche le città per vivere un diverso stile di vita.
Fenomeno che sarà nel futuro venturo in controtendenza rispetto all’attualità che registra un’alta migrazione urbana. Le stime attuali italiane, ma rivolte al passato statistico, prevedono per il 2030 il 60% della popolazione concentrata nelle metropoli. In Lombardia, ad esempio, su 10 milioni di abitanti nella Regione, il 40% è concentrato nelle province di Milano e Monza. Tuttavia una popolazione anziana perché le proiezioni indicano che nel 2030 gli over sixty-five costituiranno il 25% dell’intera popolazione e 2/3 di questi vivranno nelle città (Ferrara et al., 2015-16). Uno scenario paradossale, secondo queste statistiche, solo in apparente contrasto. Giovani in campagna e vecchi in citta!
In una società consumistica e metropolitana, il ritorno alla coltivazione è uno strumento per la crescita del Paese, dove idee innovative offrono concrete possibilità di lavoro. Per consolidare i progetti di tanti giovani, la Coldiretti ha presentato un vademecum su “Come aprire un’azienda agricola”, dove chiunque può reperire informazioni sull’argomento specie sulla possibilità di affitto, oltre che di vendita, dei terreni agricoli demaniali, con prelazione a favore proprio di giovani agricoltori.
Il ritorno alla coltivazione della terra, inoltre, permetterebbe a tanti nostri ragazzi di non dover “emigrare” in altre città o addirittura all’estero, ma consentirebbe loro, soprattutto al Sud, di poter contribuire allo sviluppo del territorio e delle comunità locali, sfruttando proprio le potenzialità di una data zona.
Allora non più Braccia Strappate all’Agricoltura ma Braccia Affidate all’Agricoltura, che attraverso l’incremento dell’interesse da parte dei giovani, connotano un profilo di interesse strategico, ivi compreso quello culturale, turistico e finanziario. Crescono le Banche deputate all’investimento in agricoltura e più in generale nella Green Economy. Torniamo alle radici…anche quelle dei tuberi!
References
ERGAM a cura di A. Ferrara, C. Venturelli, C. Sgandurra, V. Azzarà, La vita al tempo del Petrolio, Agora & Co, Lugano 2017
http://www.rapportogiovani.it/tag/coldiretti/2015
FAO (2009) ‘How to Feed the World in 2050’ http://goo.gl/TJFLu
[1] Low Income Food Deficit Countries – LIFDCs) (5)Stime di Oxfam basate su http://faostat.fao.org/site/452/default.aspx .
[2] FAO (2009) ‘How to Feed the World in 2050’
[3] Low Income Food Deficit Countries – LIFDCs) (5)Stime di Oxfam basate su http://faostat.fao.org/site/452/default.aspx .
[4] HSBC (2011),
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