Agricoltura

Il caso Karuturi: la crisi delle rose spezza le speranze di milioni di persone

14 Settembre 2020

[articolo di Simone Coccia e Paolo Fusi]. Mendicanti cercano di imporcele per strada, in tutte le grandi città d’Europa cresce il numero di bancarelle improvvisate di fiori, aperte notte e giorno, che col tempo diventano veri e propri negozi. Non ce ne accorgiamo, ma mentre il mercato ufficiale delle rose, che passa per i grandi grossisti olandesi, cresce insieme all’aumento del benessere della popolazione occidentale, per le strade, non più solo di notte, ha preso forma un commercio sotterraneo, dominato per anni da una multinazionale indiana, la Karuturi Global, da cui dipendono i posti di lavoro di centinaia di migliaia di persone in un Terzo Mondo che non ti aspetti – dagli altipiani fioriti del Kenya e dell’Etiopia alle serre del Sudamerica. Un mercato su cui Karuturi ha speculato in modo spregiudicato.

Nel mercato florovivaistico, il mercato dei fiori recisi rappresenta uno dei maggiori settori commerciali, con un giro d’affari globale stimato in più di 100 miliardi di dollari l’anno[1]. Le serre, in cui viene coltivata la maggior parte dei fiori, danno lavoro a milioni di lavoratori[2]: le esportazioni di fiori dalla Colombia, ad esempio, che sono considerate qualitativamente tra le migliori al mondo[3], generano reddito per circa 800mila persone[4], mentre in Kenya il settore garantisce la sopravvivenza di due milioni di persone[5] ed è il paese che attira la maggior parte degli investimenti stranieri nel settore, dopo il tè, per più di 500 milioni di dollari l’anno[6].

Ma il grosso di questo mercato è altrove: secondo il Journal Of Pharmacognosy and Phytochemistry 2012-2013 l’India occupa il primo posto a livello mondiale nella coltivazione di rose recise con circa il 46,54% della produzione mondiale[7]. Il Kenya è al 5° posto con il 3,58% della produzione mondiale[8] ma, per l’Europa è un Paese chiave: tra il 35% ed 40% delle rose vendute nella UE viene dalle coltivazioni ad alta quota del Kenya[9], e viene venduta per metà attraverso i mercato all’ingrosso olandesi, per metà direttamente – quelle che i mendicanti vendono per strada[10].

Il Covid-19 e la crisi globale della floricoltura

I contadini della striscia di Gaza (Palestina) distruggono le proprie rose invendute

A causa delle misure contro la pandemia, però, in un Paese strutturalmente debole come il Kenya, l’indisponibilità dei trasporti via aerea, la forte contrazione della domanda e, di conseguenza, le esportazioni di fiori freschi recisi che diminuivano di settimana in settimana, hanno costretto i coltivatori a distruggere milioni di steli nel periodo da marzo a maggio[11], provocando enormi perdite[12]. I coltivatori kenioti hanno dovuto adottare serie misure di risparmio sui costi per sopravvivere: i salari e la manodopera sono stati tagliati[13], l’uso di pesticidi e fertilizzanti e la produzione di alcune piante sono state ridotte al minimo all’inizio della stagione, e non si può raccogliere poi ciò che non hai seminato prima – questo è un anno di produzione andato sostanzialmente perso[14].

Le cose vanno peggio in Palestina – un Paese con un’economia già in ginocchio: tra la crisi del colosso Karuturi (che aveva spinto per anni la crescita della produzione vivaistica locale[15]), i danni operati scientemente dall’esercito israeliano[16] e da alcune organizzazioni criminali di caporalato internazionale[17], ed infine il Covid-19, migliaia di contadini sono alla fame[18].

Ancora oggi, nonostante la domanda stia lentamente riprendendo a crescere, il settore dei fiori kenioti deve affrontare altre grandi sfide. Alcune misure di risparmio sui costi (e l’aumento del costo dei fertilizzanti[19]) hanno influito sul ciclo di produzione e hanno avuto un grave impatto sulla qualità: meno manodopera (prima della pandemia nel settore lavoravano 100mila persone[20]) si traduce in una minore attenzione ai fiori e un uso minimo di pesticidi e fertilizzanti rende le piante vulnerabili e soggette a parassiti e malattie[21]. Il tempo piovoso e umido ha peggiorato la situazione. C’è anche una carenza di dipendenti specializzati (a causa delle restrizioni nei movimenti di merci e persone), ed ora, mentre il mercato globale riprende[22], i fiori del Kenya attualmente in produzione sono troppo pochi rispetto alla domanda attuale, e ci vorrà del tempo prima che i coltivatori siano in grado di tornare a lavorare a pieno regime[23].

Ma il mercato globale aggira la crisi spostandosi. Il mercato florovivaistico in Etiopia, in particolare quello dei fiori recisi, nasce sotto la guida della giunta militare socialista Derg, che guida il paese tra il 1974 ed il 1987[24]. In quel periodo i fiori estivi vengono coltivati nelle fattorie statali, ma poi, con la caduta del regime, agli inizi degli anni ’90, due imprese pioniere nel settore, Ethioflora e Meskel Flower, iniziano ad esportare fiori estivi[25]. Nel 1997 la Maskel Flower, a causa della forte concorrenza del settore, decide di orientare la sua produzione e la conseguente esportazione nel mercato europeo di sole rose ottenendo tra l’altro, assieme alla Ethioflora, un importante sostegno tecnico e finanziario dalla Banca Mondiale e da FMO (Finance for Development Organization) olandese[26].

Negli ultimi anni l’Etiopia è divenuta il secondo esportatore di rose recise d’Europa[27]. Soltanto negli ultimi 11 mesi ha esportato un totale di 77.000 tonnellate di fiori e rose per 351,8 milioni di dollari, accusando comunque recentemente una sensibile riduzione a causa del COVID-19[28]. Negli ultimi mesi però sta affrontando una domanda crescente dopo l’allentamento in alcuni paesi del mercato europeo. Nel luglio del 2020 il reddito da rose e fiori estivi è stato di 32,8 milioni di dollari[29].

I Paesi Bassi sono il più grande esportatore di fiori recisi del mondo[30]. Quella dei fiori olandesi è un’industria, in rapida crescita, composta da coltivatori, da grossisti e da rivenditori[31]. I Paesi Bassi sono il maggior produttore, ma anche un importatore chiave per i paesi in via di sviluppo[32], ed uno snodo formidabile, grazie all’immenso centro commerciale di Aalsmeer[33], gestito da una cooperativa con soci da tutto il mondo[34], la cui fiera annuale è un richiamo non solo per migliaia di operatori, ma anche per decine di migliaia di turisti di tutta Europa[35].

L’Olanda, crocevia mondiale delle rose

La fiera di Aalsmeer poco prima dell’apertura dei cancelli

L’Olanda esporta principalmente in Germania, Regno Unito, Francia e Russia[36]. I fiori recisi, i bulbi da fiore e le piante sono i segmenti a crescita più rapida[37]. Questa, per i coltivatori di fiori nei paesi in via di sviluppo è una sfida esistenziale, perché si punta ora allo spostamento dei grossisti in questi paesi[38] – anche se è probabile che gli sviluppi nel commercio elettronico abbiano un impatto positivo sul mercato della floricoltura olandese, con l’opportunità di completare le vendite dirette con i consumatori invece di ricorrere ad intermediari[39]. Paesi come Ecuador, Colombia, Kenya ed Etiopia sono i principali fornitori florovivaistici per i Paesi Bassi[40].

La recente crisi innescata dal COVID-19 ha letteralmente sconquassato il fiorente mercato olandese. A metà marzo di quest’anno l’assenza di compratori ha costretto la Royal Flora Holland, che gestisce l’asta, a distruggere oltre il 20% della merce florovivaistica in deposito e si è assistito al taglio dei prezzi di quasi il 50%[41]. A giugno la situazione delle perdite tra marzo e aprile 2020 registrava in Europa qualcosa come 4,12 miliardi di Euro, poco più del 10% del fatturato annuale degli anni precedenti[42].

I singoli Stati cercano di intervenire come possono per ammortizzare il colpo: il governo tedesco ha messo in atto ampi pacchetti di sostegno per stimolare l’economia e sostenere gli imprenditori, ma ciò non ha impedito all’economia tedesca di cadere in una profonda recessione[43]. In Belgio, tutti i tipi di misure per l’occupazione create in precedenza vengono estese poiché anche il governo belga ha adottato una serie di nuove decisioni relative alla floricoltura, come la possibilità per i datori di lavoro di richiedere la disoccupazione temporanea a condizioni relativamente flessibili[44].

Nel Regno Unito, dove il mercato florovivaistico, anche se in misura minore, ha subito gravi perdite, si cerca di respingere le istanze di protezionismo degli operatori interni con politiche di apertura delle frontiere in relazione al trasporto ed allo scambio delle merci[45]. Anche in Francia la recente crisi ha alimentato l’idea di un mercato autonomo ed un sogno di indipendenza dalle importazioni, ma il governo francese respinge tali richieste, ritenendole poco realistiche: sul piano degli aiuti il Governo ha messo in campo, nel settore agricolo, 500 miliardi di Euro per il sostegno dei produttori e dei commercianti[46].

La grande parabola di Karuturi Global

Ramakrishna Karuturi, capo operativo di Karuturi

Un mercato dal valore tanto imponente non può restare a lungo esente da grandi battaglie commerciali – anche se il sistema di trading olandese dissuade la maggior parte degli operatori dal tentare di formare oligopoli: le migliaia di soci della Royal Flora Holland sono uno straordinario sistema di equilibrio del mercato – finché non nasce e, in pochissimo tempo, cresce la multinazionale indiana Karuturi, che nel giro di pochi anni, ovunque vada, spodesta i piccoli operatori e crea una concentrazione mai vista prima del mercato globale delle rose. L’azienda inizia in piccolo, la fonda un’appassionata commerciante di Bangalore, Anitha Karuturi[47]. Avviata tra il 1994 e il 1995, l’azienda nasce col nome di Karuturi Floritech: oltre ai fiori recisi si occupa di lavorazione di alimenti (cetriolini) e di tecnologia dell’informazione piazzando il suo primo impianto di produzione vicino a Bangalore[48].

Nel 1999 la società crea un portale di aste Internet denominato Rose Bazaar.com per ottenere i vantaggi della disintermediazione attraverso l’uso di Internet[49].  L’azienda realizza anche il suo secondo impianto di produzione di rose vicino a Bangalore, portando la dimensione totale delle aziende agricole di rose a 10 ettari[50]. Nel 2000, In linea con il cambiamento di obiettivo, la società cambia nome da Karuturi Floritech Ltd. a Karuturi.com Limited e nell’anno successivo il gruppo investe in un Satellite Gateway privato e in un IDC (un hardware per la connessione satellitare di tutti gli operatori Karuturi[51]) come parte dell’iniziativa Rose Bazaar[52].

L’azienda ottiene una licenza come Internet Service Provider dal Dipartimento delle Telecomunicazioni indiano e gestisce un Internet Gateway privato, cambiando nome in Karuturi Networks Limited[53]. Nel 2003 l’azienda emerge come il coltivatore di rose a più basso costo e il più grande produttore di rose del paese. L’anno dopo, Karuturi crea una consociata interamente controllata in Etiopia, la Ethiopian Meadows Plc[54].

Nel 2005 inizia la produzione sinergica sul fronte degli alimenti trasformati[55]. Un anno dopo, in una escalation positiva, ottiene il più grande ordine di rose nella sua storia dall’ultima catena di vendita al dettaglio nel Regno Unito[56]. Il 19 ottobre 2007, Karuturi Networks completa tutte le formalità richieste per l’acquisizione di infrastrutture e controllo di gestione di Sher Agencies, in Kenya[57] – un’azienda enorme, con oltre 3000 dipendenti[58], che diviene anche lo sponsor di una delle più forti squadre di calcio della nazione, collassata insieme alla bancarotta di Karuturi[59].

Nel 2009 Karuturi Global Ltd. riceve il premio per l’eccellenza nell’agroindustria[60] da CCA-Global[61]. Viene ufficialmente inaugurata la seconda più grande fattoria di fiori intorno alla città di Woliso nello stato di Oromia, di proprietà di una società commerciale indiana, Surya Blossoms (Etiopia)[62]. La società indiana lancia inoltre un progetto multimilionario di investimenti agricoli a Gambella[63]. Nel 2010 Karuturi Global Ltd acquisisce il 58% del capitale di Florista India Pvt Ltd[64]. Tutto questo grazie a dei prestiti di centinaia di milioni di dollari, elargiti dalle banche perché, in ogni Paese in cui Karuturi estendeva i propri tentacoli, otteneva garanzie fideiussorie da governi fin troppo grati per il fatto che la multinazionale indiana promettesse migliaia di posti di lavoro e milioni di tasse[65].

Ma prima o poi, i debiti, bisogna pagarli, e non si possono più prendere nuovi prestiti per pagare quelli vecchi… All’inizio del 2013 Karuturi Global finisce sotto la lente del governo keniota, accusata di svolgere pratiche illegali di mercato e di evasione fiscale[66]: secondo l’accusa l’azienda avrebbe dichiarato prezzi di vendita fortemente ribassati per evitare di pagare ben 11 milioni di dollari di imposta sul reddito[67]. Il management di Karuturi Global finisce in tribunale e viene condannato per evasione fiscale[68]. Il 4 aprile 2013 Karuturi impugna la sentenza, e stavolta vince il processo[69]. Dopo una serie di appelli, però, nel luglio 2020 i dirigenti del gruppo vengono condannati dall’Alta Corte del Kenya[70].

Nel frattempo il gruppo Karuturi, già con numerosi problemi causati da scioperi, rivolte del personale scaturite dalle pessime condizioni di lavoro a dai ritardi nel pagamento dei salari, inizia a mostrare una crisi di liquidità ed enormi difficoltà operative: i partner commerciali iniziano ad interrompere le consegne; vengono a mancare i servizi primari, come le forniture idriche ed elettriche[71]. La situazione diventa insostenibile, col personale ridotto alla fame, e si teme lo scoppio di epidemie per via dell’impossibilità di mantenere condizioni igieniche accettabili[72]. Nel frattempo, in India, i membri della famiglia si combattono tra loro in Tribunale[73] – segno che il gigante non possa più essere salvato.

La caduta del gigante

Scioperi a Naivasha (Kenia)

A questo punto l’azienda principale sembra aver perso completamente stabilità. Sommersa dai debiti e con gli scambi commerciali decimati, sembra essere arrivata alla sua fine[80]. Nell’aprile 2017 la Ethiopian Meadows Plc restituisce 108 ettari di terreno a 131 agricoltori, a seguito di un ordine della Corte Suprema della Zona Speciale di Oromia: la società non ha pagato l’affitto in tempo in linea con il suo accordo contrattuale[81].

Nel marzo 2018 Phoenix Group, una compagnia nata a Singapore, poi esplosa a livello mondiale e trasferitasi a Dubai, fino ad allora specializzata nella produzione e nel trading del riso, annuncia un investimento in Africa per 205 milioni di dollari[82], parte dei quali in Karuturi Global, promettendo di pagare tutti i debiti delle proprietà in Kenya[83]. Ci sono pettegolezzi sul fatto che il promesso investimento di Phoenix non sia altro che una manovra mascherata della proprietà di Karuturi – sta di fatto che Phoenix Group, nel maggio di quest’anno, ha annunciato il fallimento, e lascia 400 milioni di dollari di debiti con le banche, più una cifra non ancora calcolata di debiti con clienti, fornitori e società africane collegate, uffici fiscali nazionali… altro che investimenti in Kenya[84]. Nell’agosto dell’anno successivo la Corporate Insolvency Resolution Process (CIRP) avvia, nei confronti della Karutury Global, una procedura di insolvenza[85].

La tragedia degli Anuak

Coltivazioni distrutte, campi abbandonati: ciò che resta di Karuturi in Etiopia

La struttura etiope di Karuturi implode nel 2017[86]. Ma già nel 2012 erano arrivate le prime segnalazioni da parte della ONG Human Rights Watch, che indica gravissime violazioni dei diritti umani e pratiche scorrette nei confronti del popolo indigeno da parte di Karuturi nella regione del Gambella[87]. HRW sostiene che, a causa della presa di possesso di oltre 100 mila ettari destinati alla coltivazione da parte di Karuturi Global, la stessa avrebbe forzosamente spostato interi villaggi (per un totale di centinaia di migliaia di persone) usando intimidazioni, minacce, violenze, stupri, assassinii, arresti operati con la collaborazione delle stesse autorità locali[88]. L’intera etnia Anuak viene deportata, decimata, costretta alla fame[89].

Human Rights Watch denuncia anche lo sgombero forzato di intere coltivazioni preesistenti di mais, sorgo (miglio jowar) e arachidi dalla terra delle tribù Anuak residenti nelle pianure della regione di Gambella, cosa che ha costretto i residenti a trasferirsi[90]. Da parte sua la Karuturi Global respinge le accuse sostenendo che la sua azienda “lavora solo sulla terra data dal governo e che è esente da qualsiasi rivendicazione di possesso da parte delle comunità / agricoltori. Karuturi rispetta le leggi della terra e le preoccupazioni della gente del posto e come tale si è volontariamente ritirata dal fiume Baro (nell’Etiopia sud-occidentale al confine con il Sudan) poiché la comunità locale coltivava mais e sorgo in quelle aree”[91].

Entrambe le versioni sono vere: Karuturi ha sfruttato le possibilità offerte dal processo di cosiddetta villaggizzazione. Si tratta di una definizione che indica l’attività di  reinsediamento (obbligatorio) di persone nei villaggi designati da parte del governo o delle autorità militari[92]. In Etiopia tale politica trova applicazione dopo la deposizione di Haile Selassié a seguito di un colpo di stato militare, avvenuto il 12 settembre 1974, e la successiva salita al potere di un gruppo di ufficiali dell’esercito noto come Governo Militare dell’Etiopia (PMAC) o Derg: subito dopo il suo insediamento, Derg si impegna nel promuovere quello che viene denominato “Socialismo Etiope”[93]. Nel 1975 inizia un grande processo di nazionalizzazione e di redistribuzione: società, banche, istituzioni finanziarie, compagnie di assicurazione, terre rurali, tutto viene statalizzato e poi ricollocato. I campi vengono concessi (in proprietà) ai cittadini in appezzamenti per un massimo di 10 ettari per beneficiario[94].

Nel 1980 l’Etiopia viene investita da una feroce carestia, ricordata come uno dei peggiori eventi mondiali del ventesimo secolo: l’ONU calcola che la carenza di cibo in Etiopia dal 1983 al 1985 causa circa un milione di morti e altri diversi milioni di sfollati rimasti nella totale indigenza[95]. Nel 1985 il Governo Etiope inizia un processo di reinsediamento trasferendo circa 1,5 milioni di persone dalle aree del nord, più colpite dalla carestia, verso quelle site a sud e sud-ovest – aree scarsamente popolate e con abbondante terra fertile; il reinsediamento viene però eseguito senza una reale pianificazione, usando violenza e coercizione, cosa che provoca migliaia di morti per denutrizione, scarsa igiene, scarsa assistenza sanitaria[96].

Il regime dei Derg, con gli anni, trasforma la pratica del reinsediamento in programma strutturato di villaggizzazione che punta a raggruppare le comunità agricole sparse in tutto il paese in unità organizzate composte da 200 a 300 famiglie, con lo scopo di promuovere l’uso razionale del suolo, la conservazione ed utilizzo delle risorse idriche, una efficiente organizzazione delle risorse sanitarie ed educative[97]. Quando il regime collassa sotto il peso della carestia, della guerra con l’Eritrea ed il Tigray (nord della Somalia)[98], ma soprattutto dei debiti commerciali con l’estero[99], il nuovo capo dei Derg, Haile Mariam Mengistu, decide per un breve periodo di fermare le operazioni di reinsediamento[100], ma poi passa alla fase più feroce della villaggizzazione[101], creando persino una Milizia Contadina per spiare e perseguitare coloro che si dimostrano refrattari alle deportazioni[102].

La strage è terribile, e nessuno sa quante persone abbiano perso la vita per colpa del programma[103]: questo non ha più soltanto lo scopo di riorganizzare la vita delle etnie locali, ma in primo luogo quello di costringerle a fare posto a multinazionali straniere che, insediando nuove attività industriali, promettono di rifinanziare il regime – come Karuturi Global, ad esempio[104].

Quelle terre sono preziose per il governo, e quando la multinazionale indiana mostra di aver mentito sulle proprie capacità produttive e commerciali, Addis Abeba reagisce prontamente: il Governo, constatando le ridotte capacità di produzione su larga scala della Karuturi Global, impone alla società la riduzione delle terre concesse, dagli iniziali 300.000 ettari ai 100.000 ettari per arrivare poi, nel 2015, a soli 1500 ettari[105]. Nel settembre del 2017 Karuturi annuncia il suo completo ritiro dall’Etiopia chiedendo però un risarcimento al Governo, perché avrebbe deciso “unilateralmente e illegalmente di cancellare il nostro permesso di investimento e commercio”[106].

Karuturi, nella controversia, ottiene l’assistenza dal Governo indiano per intavolare negoziati con Addis Abeba. Nell’aprile 2018, Karuturi comunica che avrebbe ritirato la sua causa contro il governo e che avrebbe firmato un nuovo contratto di locazione per 25.000 ettari, come segnalato alle autorità di Gambella con un allegato alla circolare agli azionisti dell’aprile 2019, sebbene questa parli solo di 15.000 ettari[107].

Ciò che resta del ciclope

Serre keniote abbandonate presso Karuturi Limited in Naivasha (2018)

Dopo la cessione delle attività africane a CFC Stanbic, la famiglia dei fondatori ha sotterrato l’ascia di guerra e sta cercando di salvare il salvabile. L’azienda è tutt’ora impegnata in alcune controversie legali per le quali ha presentato diversi piani di risoluzione al vaglio delle autorità giudiziarie[108]. In Kenya la fattoria Karuturi non esiste più.  Al suo posto solo distese di strutture in ferro, una volta fiorenti serre, ora cupamente abbandonate[109]. Il gruppo resiste[110] grazie al fatto che le autorità degli Emirati Arabi Uniti si rifiutano di collaborare con la magistratura indiana[111]. Ma la pagina internet (https://karuturi.com) già non esiste più, anche se il dominio è ancora attivo – come si evince dal fatto che esiste ancora un documento leggibile[112].

In ogni caso, finché continua ad esistere, Karuturi Global continua a lavorare: attualmente è una azienda con un grosso debito sulle spalle ma che di contro ha una fiorente attività commerciale, è comunque una compagnia dal valore di 284,5 milioni di Rupie (₹)[113]. Secondo l’ultimo bilancio riportato, Karuturi Global ha passività per ₹ 1,93 miliardi con scadenza entro 12 mesi e passività per ₹ 395,8 milioni oltre i 12 mesi; d’altra parte, ha una liquidità di ₹ 14,9 milioni e un valore di ₹ 1,29 miliardi di crediti con scadenza entro un anno[114]. Quindi le sue passività superano la somma della sua liquidità e dei suoi crediti (a breve termine) di ₹ 1,03 miliardi – sicché, nel complesso, è possibile ipotizzare anche uno scenario dove il debito potrebbe essere estinto[115]. In questo senso le variabili temporali giocano un ruolo determinante, e, comunque, l’enorme debito dipinge un quadro di pesante incertezza[116].

Nel frattempo, l’Africa si lecca le ferite e cerca di ripartire. In Kenya, fino al 2015, nella produzione florovivaistica lavoravano 150’000 persone sui campi, oltre mezzo milione contando anche il mercato indotto[117]. Nel 2020, a causa della pandemia e del collasso di Karuturi, le vendite sono scese dell’80%, perché l’Europa, che era l’acquirente principale, non compra più[118]. Ora è arrivato il gruppo francese Carrefour, che sta lentamente riattivando il circuito, puntando su sovvenzioni miste (private-pubbliche) per far ripartire i singoli contadini[119]. Lo Stato ha creato un’agenzia apposita, il Kenya Flower Council, che ha ripreso i contatti in Olanda e, alla fine del luglio 2020, hanno potuto orgogliosamente annunciare che le ordinazioni per il 2021 hanno riportato le previsioni per la commercializzazione di rose del Kenya a circa il 75% di prima del Covid-19 e dell’implosione di Karuturi[120].

In Etiopia, lo Stato ha dotato la sua agenzia EHPEA (Ethiopian Horticolture Producers Exports Association) di un budget generoso, con cui, in primo luogo, sono state rilevate 72 fattorie che erano state travolte dal disastro Karuturi[121], e per il 2021 si sono organizzati ordinativi che raggiungono il 20% della quota di mercato di tre anni fa[122], grazie anche ad un progetto di sostegno del governo che prevede aiuti fino a 60 milioni di dollari[123]. Per quanto riguarda la Palestina, purtroppo, esiste solo il programma 2018-2022 della FAO[124], che è generoso, ma potrebbe non essere sufficiente – ma il governo locale non ha la forza per sostenere un impegno strutturale. L’orma del ciclope lascerà ferite che avranno bisogno di anni, forse di almeno un decennio, per poter guarire.

[1] https://www.fairtrade.it/produttori/fiori-e-piante/
[2] https://www.fairtrade.org.uk/farmers-and-workers/flowers/
[3] https://www.aljazeera.com/indepth/features/drugs-flowers-colombia-valentine-day-rose-boom-200213222918966.html
[4] https://www.colombia.co/en/trade-with-colombia/exports/colombian-flowers-best-world/
[5] https://assets.publishing.service.gov.uk/media/57a08d49ed915d622c0018d5/R8077a.pdf
[6] https://www.fairtrade.it/produttori/fiori-e-piante/
[7] http://www.phytojournal.com/archives/2019/vol8issue2S/PartH/Sp-8-2-67-178.pdf
[8] http://www.phytojournal.com/archives/2019/vol8issue2S/PartH/Sp-8-2-67-178.pdf
[9] https://www.greenlife.co.ke/rose-farming/ ; https://edition.cnn.com/2015/03/16/africa/kenya-flower-industry/index.html
[10] http://www.farmlinkkenya.com/roses-farming/
[11] https://www.bloombergquint.com/politics/kenya-sees-2020-flower-exports-falling-by-half-on-coronavirus
[12] https://www.pri.org/stories/2020-05-08/coronavirus-pandemic-wilts-global-flower-industry
[13] https://www.reuters.com/article/us-health-coronavirus-africa-women/no-bed-of-roses-east-africas-female-flower-workers-lose-jobs-as-coronavirus-hits-exports-idUSKCN21T0AW
[14] https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-03-19/kenya-sees-2020-flower-exports-falling-by-half-on-coronavirus ; https://www.fairtrade.org.uk/media-centre/blog/kenyan-worker-tells-her-story-of-a-flower-industry-devastated-by-covid-19/
[15] https://pure.uva.nl/ws/files/1685275/134095_thesis.pdf
[16] http://www.mezan.org/en/uploads/files/2565.pdf
[17] https://www.grain.org/media/W1siZiIsIjIwMTIvMTAvMTYvMTBfMzJfNDdfMjQyX1dob19zX2JlaGluZF90aGVfbGFuZF9ncmFicy5wZGYiXV0
[18] https://www.arabnews.com/node/1666046/middle-east
[19] https://www.floraldaily.com/article/9112072/a-challenging-year-for-the-kenyan-rose-industry/
[20] https://inspireafrika.com/en/the-growing-flower-industry-in-kenya/
[21] https://www.euractiv.com/section/africa/news/europes-love-of-roses-sends-ripples-through-kenyan-lake/
[22] https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-03-19/kenya-sees-2020-flower-exports-falling-by-half-on-coronavirus
[23] https://elinkeu.clickdimensions.com/m/1/19440787/p1-b20171-d2c3d5a4b3df4e2abd0dc66e46ebb4c0/1/2/b7f7e16c-c29e-4999-9299-f5a5437560c5
[24] Alexander de Waal, “Evil days: Thirty years of war and famine in Ethiopia”, Human Right Watch, New York 1991, pages 230-234
[25] Ayelech Tiruwha Melese, Bert Helmsing, “Endogenisation or enclave formation? The development of the Ethiopian cut flower industry”, Cambridge University Press, Cambridge 2010, pages 44-45 – see https://pdfs.semanticscholar.org/8854/21883a0b257d7bb2e38667b47307d4c20b9e.pdf
[26] Ayelech Tiruwha Melese, Bert Helmsing, “Endogenisation or enclave formation? The development of the Ethiopian cut flower industry”, Cambridge University Press, Cambridge 2010, pages 44-45 – see https://pdfs.semanticscholar.org/8854/21883a0b257d7bb2e38667b47307d4c20b9e.pdf
[27] https://www.intracen.org/itc/blogs/market-insder/Ethiopia-cut-flower-industrys-success-story/
[28] https://www.corriere.it/esteri/20_aprile_03/coronavirus-olanda-gara-salvare-fiori-che-nessuno-compra-0e74692e-758e-11ea-856e-f9aa62c97d7a.shtml
[29] https://addisfortune.news/flower-industry-sees-light-of-day-as-europe-opens-up/
[30] https://www.flowercompanies.com/blog/netherlands-leader-on-the-flower-export-market#:~:text=Around%202%20billion%20of%20these,with%20the%20largest%20export%20amounts.
[31] https://www.statista.com/topics/3732/flower-industry-in-the-netherlands/
[32] https://www.statista.com/topics/3732/flower-industry-in-the-netherlands/#:~:text=The%20Netherlands%20are%20an%20important,in%20the%20area%20of%20Aalsmeer.
[33] https://www.mordorintelligence.com/industry-reports/netherlands-floriculture-market
[34] https://www.royalfloraholland.com/nl
[35] https://web.archive.org/web/20080102024143/http://www.aalsmeer.nl/00004.asp
[36] https://www.flowercompanies.com/category/export-NL
[37] https://primefeed.in/news/650527/netherlands-floriculture-market-report-2020-overview-with-product-scope-opportunities-risk-market-driving-force-industry-research-co/
[38] https://primefeed.in/news/650527/netherlands-floriculture-market-report-2020-overview-with-product-scope-opportunities-risk-market-driving-force-industry-research-co/
[39] https://www.royalfloraholland.com/nl/nieuws-2020/week-37/internationaal-digitaal-congres-over-herstel-van-de-crisis
[40] https://www.mordorintelligence.com/industry-reports/netherlands-floriculture-market ; Ayelech Tiruwha Melese, Bert Helmsing, “Endogenisation or enclave formation? The development of the Ethiopian cut flower industry”, Cambridge University Press, Cambridge 2010, pages 42-43 – see https://pdfs.semanticscholar.org/8854/21883a0b257d7bb2e38667b47307d4c20b9e.pdf
[41] https://www.floraldaily.com/article/9199470/ornamental-industry-trying-to-survive-covid-19-frenzy/
[42] https://www.royalfloraholland.com/en/news-2020/week-11/corona-ministry-of-agriculture-gives-an-update-per-exporting-country
[43] https://www.royalfloraholland.com/en/news-2020/week-11/corona-ministry-of-agriculture-gives-an-update-per-exporting-country
[44] https://www.royalfloraholland.com/en/news-2020/week-11/corona-ministry-of-agriculture-gives-an-update-per-exporting-country
[45] https://www.royalfloraholland.com/en/news-2020/week-11/corona-ministry-of-agriculture-gives-an-update-per-exporting-country
[46] https://www.royalfloraholland.com/en/news-2020/week-11/corona-ministry-of-agriculture-gives-an-update-per-exporting-country
[47] https://economictimes.indiatimes.com/karuturi-global-ltd/infocompanyhistory/companyid-3604.cms
[48] https://www.business-standard.com/company/karuturi-global-6733/information/company-history#:~:text=Karuturi%20Global%20Limited%20(KGL)%20was,%25%20EOU%20unit%20for%20floriculture).
[49] https://www.business-standard.com/company/karuturi-global-6733/information/company-history#:~:text=Karuturi%20Global%20Limited%20(KGL)%20was,%25%20EOU%20unit%20for%20floriculture).
[50] https://economictimes.indiatimes.com/news/company/corporate-trends/ramakrishna-karuturi-worlds-largest-producer-of-rose-buds/articleshow/3400533.cms
[51] https://www.digisat.org/idc-superflex-pro-iptv-satellite-gateway-receiver-system
[52] https://www.indiainfoline.com/company/karuturi-global-ltd/summary/6733
[53] https://economictimes.indiatimes.com/karuturi-global-ltd/infocompanyhistory/companyid-3604.cms ; https://www.business-standard.com/company/karuturi-global-6733/information/company-history
[54] https://www.theweekendleader.com/Success/513/a-rosy-picture.html
[55] https://www.business-standard.com/company/karuturi-global-6733/information/company-history
[56] https://stock-financials.valuestocks.in/en/karuturi-global-company-history
[57] https://www.kenyaplex.com/business-directory/26433-sher-agencies-ltd-naivasha.aspx
[58] https://www.farmlandgrab.org/post/view/28196-the-ripple-effect-caused-by-closure-of-sher-karuturi-flower-farm
[59] https://www.worldfootball.net/teams/sher-agencies-fc/
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[61] https://www.cca-global.com/content/awards/
[62] https://it.qwe.wiki/wiki/Waliso
[63] Elias N. Stebek “Between ‘Land Grabs’ and agricultural investment: land rend contracts with foreign investors and Ethiopia’s normative setting in focus”, Mizan Law Review, vol. 5, #2, Addis Ababa 2011, page 4 – see 72958-Article Text-160286-1-10-20120109-1-1 ; https://www.triposo.com/loc/Waliso/history/background
[64] https://www.goodreturns.in/company/karuturi-global/history.html
[65] https://simplywall.st/news/karuturi-global-nsekgl-seems-to-be-using-an-awful-lot-of-debt/
[66] https://www.intracen.org/itc/blog/market-insider/Tax-authorities-investigate-flower-farms-in-Kenya/
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[68] https://viacampesina.org/en/karuturi-guilty-of-tax-evasion-global-flower-industry-giant-found-breaking-the-law-in-kenya/ ; https://www.grain.org/article/entries/4698-karuturi-guilty-of-tax-evasion
[69] https://viacampesina.org/en/karuturi-guilty-of-tax-evasion-global-flower-industry-giant-found-breaking-the-law-in-kenya/ ; https://www.business-standard.com/article/companies/karuturi-global-wins-reprieve-in-kenyan-tax-claim-113121200541_1.html
[70] http://kenyalaw.org/kl/index.php?id=10671
[71] https://www.standardmedia.co.ke/thecounties/article/2000104203/pain-misery-as-karuturi-flower-workers-unpaid-for-months?pageNo=1
[72] https://www.farmlandgrab.org/post/view/23020-Karuturi-has-no-business-being-in-the-flower-industry
[73] https://www.legitquest.com/case/Anitha-karuturi-bangalore-v-acit-bangalore/12F7CF ; b’Smt_T_Vasundhara_vs_The_Registrar_on_9_February,_2017′ ; https://www.itatorders.in/assessee/smt-Anitha-karuturi-individual-abgpr1575e
[74] https://www.grain.org/article/entries/5054-karuturi-still-going-down
[75] https://www.standardmedia.co.ke/business/article/2000108060/taxpayers-could-
[76] https://www.standardmedia.co.ke/business/article/2000104613/receivers-now-allowed-to-run-karuturi-flower-firm
[77] https://www.intracen.org/blog/Karuturi-Global-is-going-down/
[78] https://www.grain.org/article/entries/5054-karuturi-still-going-down
[79] https://www.ide.go.jp/English/Data/Africa_file/Company/ethiopia03.html
[80] https://www.intracen.org/blog/Karuturi-Global-is-going-down/
[81] https://allafrica.com/stories/201704260312.html
[82] https://www.khaleejtimes.com/uaes-phoenix-group-raises-dh752m
[83]https://www.karuturi.com/uploads/1/1/8/7/118720540/phoenix_group_announces_investment_into_karuturi_global.pdf
[84] https://www.reuters.com/article/us-phoenix-bankruptcy/commodities-trader-phoenix-goes-into-liquidation-due-to-coronavirus-documents-idUSKBN22K1N8 ; https://www.arabianbusiness.com/commodities/446421-phoenix-commodities-in-liquidation-with-over-400m-in-trading-losses-reports
[85] https://www.thehindu.com/business/insolvency-proceedings-initiated-against-karuturi-global/article29095106.ece
[86] https://allafrica.com/stories/201704260312.html
[87] Human Rights Watch (Felix Horn, Laetitia Bader, Rona Peligal), “Waiting here for death: Displacement and Villagization in Ethiopia’s Gambella region”, Human Rights Watch, New York 2012, see – https://www.hrw.org/sites/default/files/reports/ethiopia0112webwcover_0.pdf
[88] Human Rights Watch (Felix Horn, Laetitia Bader, Rona Peligal), “Waiting here for death: Displacement and Villagization in Ethiopia’s Gambella region”, Human Rights Watch, New York 2012, pages 25-38
[89] Human Rights Watch (Felix Horn, Laetitia Bader, Rona Peligal), “Waiting here for death: Displacement and Villagization in Ethiopia’s Gambella region”, Human Rights Watch, New York 2012, see – https://www.hrw.org/sites/default/files/reports/ethiopia0112webwcover_0.pdf
[90] Human Rights Watch (Felix Horn, Laetitia Bader, Rona Peligal), “Waiting here for death: Displacement and Villagization in Ethiopia’s Gambella region”, Human Rights Watch, New York 2012, pages 12-14 and 19-24
[91] https://www.livemint.com/Companies/3cHjrTBXnZEEMPVFx0yqfO/Human-Rights-Watch-flags-Indian-agricompany-Karuturi8217.html
[92] Michel Fiszbin, “Autopsie d’une famine”, in “Corne de l’Afrique” vol. 21, éditions Autrement, Paris 1987, pages 94-99
[93] http://memory.loc.gov/frd/etsave/et_01_07.html
[94] http://memory.loc.gov/frd/etsave/et_03_02.html
[95] https://www.worldvision.org/disaster-relief-news-stories/1980s-ethiopia-famine-facts
[96] http://countrystudies.us/ethiopia/45.htm
[97] https://en.wikipedia.org/wiki/Resettlement_and_villagization_in_Ethiopia
[98] John M. Cohen, Nils-Ivar Isaksson, “Villagisation in Ethiopia’s Arsi Region”, in “The Journal of Modern African Studies”, vol.225, Cambridge University Press, Cambridge 1987, pages 435-464
[99] Getachew Woldemeskel, “The consequences of resettlement in Ethiopia”, in “African Affairs”, vol. 88, Oxford University Press, Oxford 1989, pages 359-374
[100] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/02/11/miseria-socialismo-il-regno-di-menghistu.html
[101] https://www.hrw.org/news/1999/11/24/ethiopian-dictator-mengistu-haile-mariam
[102] https://www.hrw.org/legacy/reports/1997/ethiopia/Ethio97d-02.htm#P147_21636
[103] https://www.hrw.org/news/2020/05/28/heal-ethiopia-needs-confront-its-violent-past
[104] Getachew Woldemeskel, “The consequences of resettlement in Ethiopia”, in “African Affairs”, vol. 88, Oxford University Press, Oxford 1989, pages 359-374
[105] https://www.farmlandgrab.org/post/view/28998-karuturi-global-s-new-land-deal-in-ethiopia-must-be-scrapped
[106] https://www.nazret.com/2017/09/21/karuturi-demands-compensation-from-ethiopia-for-failed-land-deal/
[107] https://www.farmlandgrab.org/post/view/29010-le-nouvel-accord-foncier-de-karuturi-global-en-ethiopie-doit-etre-abandonne
[108] https://www.moneycontrol.com/company-notices/karuturi-global/notices/KG03
[109] https://www.theelephant.info/features/2020/03/21/unfair-trade-how-dutch-rose-growers-avoid-paying-taxes-in-kenya/
[110] https://www.valueresearchonline.com/downloads/stock-announcement/87FFD702-9993-4917-AFC8-161EC25C27CF/
[111] https://www1.nseindia.com/corporate/KGL_21042020234515_IntimationaboutrevisedFormG.pdf
[112]https://www.karuturi.com/uploads/1/1/8/7/118720540/phoenix_group_announces_investment_into_karuturi_global.pdf
[113] https://simplywall.st/news/karuturi-global-nsekgl-seems-to-be-using-an-awful-lot-of-debt/
[114] https://simplywall.st/news/karuturi-global-nsekgl-seems-to-be-using-an-awful-lot-of-debt/
[115] https://simplywall.st/news/karuturi-global-nsekgl-seems-to-be-using-an-awful-lot-of-debt/
[116] https://simplywall.st/news/karuturi-global-nsekgl-seems-to-be-using-an-awful-lot-of-debt/
[117] https://www.accaglobal.com/ca/en/member/member/accounting-business/2020/07-08/in-focus/cut-flower.html
[118] https://www.floraldaily.com/article/9226375/the-impact-of-covid-19-on-kenyan-flower-industry/
[119] https://www.accaglobal.com/ca/en/member/member/accounting-business/2020/07-08/in-focus/cut-flower.html
[120] https://www.reuters.com/article/us-health-coronavirus-kenya-flowers/kenyas-flower-industry-rebounds-as-lockdowns-ease-idUSKCN24M128
[121] https://ehpea.org/
[122] https://www.voanews.com/africa/east-african-flower-industry-wilts-sales-europe-dry
[123] https://www.floraldaily.com/article/9218599/ethiopia-secures-400-million-from-horticulture-export/
[124] http://www.fao.org/3/i8933en/I8933EN.pdf

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