Agricoltura

I grani antichi

16 Ottobre 2017

Ho già avuto modo di esprimermi in merito al grano coltivato in Meridione e non posso certo aggiungere più di quanto è stato scritto, se non sotto una angolatura strategica diversa. Vediamola in funzione di un mercato dove è possibile trovare degli interstizi e da lì con dei prodotti di nicchia, cogliere quelle opportunità che il mondo generosamente ci può riservare.

Fra le tante opinioni, foriere di grandi passioni su cosa fare o si subisce il mercato magari guadagnandoci qualcosa sottobanco, oppure si fa leva sull’orgoglio di una terra che vuole riscattarsi, nel dare una immagine di eccellenza nel mondo. Tutto ciò in funzione di quelle conoscenze per combattere una vera e propria guerra che in Italia pare non sia mai stata combattuta in maniera appropriata, ma subita.

Questo significa essere rinunciatari fra tante associazioni a tutela di questi o quegli imprenditori che si vedono ogni giorno sorpassati o peggio invasi da prodotti di cui pensavano essere i depositari di quelle conoscenze per meglio produrli che ora fanno altri e questo indipendentemente dal fatto che venga quel giovane o vecchio condottiero con i suoi programmi politici, a salvarli.

Vediamo come si potrebbe articolare una vera e propria strategia vincente non solo per il grano, ma per tutto quanto:

CETA è l’accordo firmato fra il Canada e l’Europa per interagire commercialmente e culturalmente. Di per sé è una cosa buona che il nostro Paese potrebbe utilizzare come vedremo, a suo vantaggio, interpretando in maniera adeguata le leggi di mercato.
Il glifosato prima sotto brevetto della Monsanto, è ora di libera produzione e indubbiamente è utile nella coltivazione del grano. Fa bene, fa male? Alcuni Paesi lo hanno bandito, altri ci stanno pensando, altri ancora si dimostrano disorientati continuando tuttavia a fare affari dando da mangiare i prodotti del grano trattato.
Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) così come Echa (Agenzia europea per le sostanze chimiche) si pronunciano dicendo che non c’è alcuna relazione fra il glifosato ed il cancro se non qualche disturbo se utilizzato con imperizia. Poi c’è lo Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) che ricordiamo fa parte dell’Organizzazione mondiale della sanità, la quale sostiene che il glifosato può essere cancerogeno sugli animali, ma non sugli esseri umani. Ci è andata bene! E se gli animali dovessero mangiare dei pastoni a base di cereali, come la mettiamo? La riflessione è d’obbligo: la Monsanto è stata acquistata dalla tedesca Bayer, il cui principio attivo del glifosato è stato da loro inventato, per cui se si scoprisse che fa venire il cancro, probabilmente ci resterebbero male.

Gli amici siciliani, cosa fanno? Cercano di bloccare le navi cariche di grano provenienti dal Canada. È una cosa lecita. Chiedono, a tutela del consumatore italiano, di verificare la salubrità del grano importato. Gli statunitensi come la più parte dei popoli d’oltre mare con la loro sanità lo hanno sempre fatto per qualsiasi tipo di derrata alimentare. I trattati si fanno e si rispettano, ma questo non significa lasciar correre per i prodotti che possono essere nocivi per la salute, la flora e fauna o alla concorrenza locale, qualcuno aggiungerà. Tuttavia il bene comune viene spesso posto in secondo piano per cui il tutto si riconduce nel fare affari dove i siciliani secondo loro verrebbero penalizzati e qui sta il grossolano errore.

Il grano così come è trattato, crea intolleranze, una delle quali è la celiachia ed altre sulle quali si stanno studiando le interconnessioni chimiche fra il microbiota intestinale ed il cervello in presunte sindromi autistiche e sull’Alzheimer. Di certo, e su questo sono concordi tutti i centri di ricerca del mondo, l’infiammazione genera tutti i malanni ed è questa che dobbiamo combattere in una forma di prevenzione nel dare forza a chi queste cose le sa fare da sempre: il microbiota intestinale, al quale ricordiamo, dobbiamo dare da mangiare per farlo stare bene.

Il nostro sistema immunitario è costituito da circa un chilo e mezzo di batteri, miceti, virus, ecc. che vivono in simbiosi con noi dalla nascita, colonizzati immediatamente a partire dal parto, dai microorganismi presenti dal tratto riproduttivo e fecale della madre. Già qui pensate ai danni fatti con il taglio cesareo ed alle disinfezioni frequenti nemiche dei batteri, come tutte le sostanze chimiche che ingeriamo durante la nostra vita il cui 97% di medicine sono ritenute inutili se non dannose. A questo si aggiungono gli interferenti endocrini con i quali conviviamo nelle pareti domestiche che ci disorientano nel comportamento sessuale e comportamentale.

Tutto questo con il grano e con le navi cosa c’entra? Il grano antico della Sicilia è uno sfiammante dell’intestino. Vi pare poco. Sillogismo aristotelico: se corrisponde al vero che le malattie si generano con l’infiammazione dell’intestino, uno sfiammante naturale come il grano antico della Sicilia, rappresenta il rimedio naturale per ogni malattia. Ma c’è di più: il celiaco sin dalla nascita si è formato in una predisposizione genetica i cui eccessi di glutine, somministrati già dal suo svezzamento, tanto che ne è stato compromesso il suo microbiota i cui batteri andando in crisi, nel momento in cui arriva ad essere adolescente, quel glutine che lo ha stressato, lo rigetta. Mancando  i batteri preposti a digerirlo, gli altri hanno una reazione ostile vedendolo come un nemico.

In natura non può esistere la cura di un sintomo, sottraendone il nutrimento, ne un medicamento che chimicamente ne faccia sparire la causa. La soluzione vera, è quella, come dicono gli esperti, di ricostruire i mattoncini mancanti del microbiota e questo lo può fare come costruttore, il grano antico della Sicilia.

La morale è presto detta: il mercato internazionale ha fame di salute e con la più parte dei microbiota intestinali compromessi, vedo nel grano antico un grande futuro così come quella dieta mediterranea di cui si parla da tempo che qualora posta a sistema Paese, innescherebbe un processo virtuoso di sviluppo, puntando su quello che il mercato internazionale chiede: la salute e la buona qualità della vita.

Starà ai decisori pubblici e privati italiani entrare nell’idea del fare, in un mercato globale che non è cambiato da quando l’uomo ha cominciato a camminare con le sue due gambe, da una visuale dove si potevano scorgere non solo gli anfratti del terreno, ma pure quello che stava sopra di loro in un orizzonte sempre più ampio e lontano che li induceva ad esplorare con curiosità ed entusiasmo intraprendendo quelle azioni volte a conquistarlo.

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