Agricoltura

Glifosato: l’Europa rinnova l’autorizzazione al controverso pesticida

1 Luglio 2016

Alla fine di un travagliato processo di revisione, il glifosato può continuare a essere venduto e utilizzato in Europa, ad esempio sotto forma di Roundup, il più noto prodotto della Monsanto. Si tratta di una decisione “tecnica”, presa dalla Commissione Europea in contrasto con l’esito del voto dei singoli Stati, riuniti nel Comitato su Piante, Animali, Alimenti e Mangimi, che non hanno mai raggiunto una maggioranza qualificata per approvare o negare il rinnovo. E anche in contrasto con la mobilitazione contro il pesticida da parte delle associazioni ambientaliste e di oltre due milioni di cittadini europei, che hanno firmato una petizione per ritirarne l’autorizzazione.

Si tratta però di un rinnovo temporaneo, ovvero fino alla fine del 2017, in attesa del parere dell’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA), che in teoria dovrebbe mettere la parola definitiva sui rischi del pesticida per la salute umana. Questo perché finora le istituzioni scientifiche internazionali hanno dato pareri contraddittori in materia: la IARC (costola dell’OMS dedicata alla ricerca sul cancro) dice che sì, l’esposizione al glifosato aumenta il rischio di cancro. L’EFSA e un panel di scienziati organizzato dalla stessa OMS rispondono che no, il glifosato non è cancerogeno se i suoi residui (presenti in acqua e cibo) sono assunti entro certi livelli.

La scienza non si pronuncia in modo univoco, gli Stati membri non decidono, a prendersi la briga di una decisione scomoda è la burocrazia europea, che come spesso accade si trova a occupare il gradino più basso dello scarico di responsabilità. Con conseguenze come il crollo di popolarità agli occhi dell’opinione pubblica, ben riassunto dal recente referendum in Gran Bretagna.

Lasciare l’ultima parola alla Commissione Europea è infatti un modo molto comodo per i governi nazionali per non rispondere della decisione di fronte all’opinione pubblica. I delegati di Francia e Malta sono infatti stati gli unici a votare contro l’estensione dell’autorizzazione (del resto la Francia già da alcuni anni ha classificato il glifosato come perturbatore endocrino). 19 Stati hanno votato a favore e altri 7, tra cui Italia e Germania, hanno preferito una comoda astensione.

Insieme all’autorizzazione provvisoria, la Commissione Europea ha fatto alcune raccomandazioni: vietare l’uso di prodotti a base di glifosato che contengono anche un co-formulante, il Poe-tallowamine (già vietato in Germania ad esempio), considerato responsabile di aumentare la pericolosità della sostanza; limitare l’uso del glifosato nei parchi pubblici e nei giardini; minimizzare l’uso del glifosato nelle fasi prima del raccolto, operazione che trattiene una maggiore quantità di residui nel cibo portato in tavola.

Applicare queste misure precauzionali sarà adesso compito dei singoli governi, ad esempio dei nostri Ministeri dell’Agricoltura e della Salute. Questi possono recepire le indicazioni e agire oppure temporeggiare, vedere che dice l’ECHA, aspettare dati certi sulla tossicità, se mai arriveranno a essere certi.

E in ogni caso lasciarci con una domanda in testa: perché un dibattito istituzionale sull’uso della chimica in agricoltura debba essere sempre incentrato sulle sole preoccupazioni (spesso legittime, per carità) per la salute, senza mai arrivare ad includere un più ampio ragionamento sulla tutela della biodiversità, sulla tutela degli agricoltori, sulla sostenibilità ambientale ed economica di un metodo, quello agro-industriale, che da tempo ormai sta mostrando tutti i suoi limiti.

Per approfondire: QUI la storia del glifosato e una sintesi delle opinioni scientifiche espresse finora.

 

@dilettasereni

 

Foto di copertina: l’operazione degli attivisti di Global Justice Now contro il Roundup. Foto tratta da Flickr (CC BY).

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