Agricoltura
“Fondi rubati all’agricoltura”: tutti gli sprechi e le truffe sui fondi europei
I finanziamenti europei possono diventare un problema, e lo sono diventati, in particolare in Sicilia, dove i fondi per l’agricoltura sono finiti anche nelle mani di truffatori e mafiosi, attraverso ricatti e falsi contratti, o semplicemente approfittando dell’opacità burocratica con cui sono stati pensati. È questo il fulcro dell’inchiesta di due giornalisti, Alessandro di Nunzio e Diego Gandolfo, intitolata Fondi rubati all’agricoltura e fresca vincitrice del premio Morrione per il giornalismo investigativo.
La politica agricola comunitaria (PAC) si articola in due tipi di interventi. Il primo tipo è quello dei contributi diretti, finanziati interamente dall’Europa, che li distribuisce in Italia tramite Agea e che sono mirati a un generico “sostegno al reddito” dell’agricoltore; il secondo tipo riguarda invece i Piani di sviluppo rurale (PSR) che vengono co-finanziati da Europa e Regioni e la cui gestione è affidata alla Regione. I finanziamenti del PSR rispondono a precisi interventi che l’agricoltore programma di fare: piantare nuovi alberi, costruire un terrazzamento, lavorare in una zona svantaggiata…e possono (o almeno, devono) essere controllati, verificando l’effettivo utilizzo del finanziamento. Invece i contributi diretti non devono essere giustificati in relazione all’attività agricola, ma vengono calcolati in base all’estensione e al tipo di terreno che si possiede, e l’agricoltore li potrà usare come meglio crede per integrare il proprio reddito: costruire un pollaio, ma anche pagare il dentista, l’università a suo figlio, ristrutturare il bagno. Fondi rubati all’agricoltura nasce da qui, dalla constatazione che l’aleatorietà del meccanismo di assegnazione del contributo diretto ha in alcuni casi fatto avere i soldi a chi non ne aveva diritto.
Nel loro documentario, di Nunzio e Gandolfo ripercorrono alcune storie che rendono lampante come questo sistema di incentivi non raggiunga al meglio l’obiettivo di sostenere gli agricoltori e in alcuni casi sia addirittura controproducente. Per raccontarle, hanno passato 5 mesi e mezzo in viaggio da una città all’altra, raccogliendo documenti e interviste e tirandone fuori un ritratto amaro della situazione dell’agricoltura siciliana. Li ho incontrati per farmi raccontare meglio cosa hanno scoperto.
“Uno dei problemi – spiega Gandolfo – riguarda il fatto che i controlli sui documenti che attestano la proprietà dei terreni sono molto blandi. Per accedere al contributo diretto è sufficiente farne richiesta al CAA (centro di assistenza agricola). Ma anche nel caso in cui il CAA si rendesse conto che la richiesta è stata fatta tramite documenti falsi non ha l’obbligo di verifica ed è capitato che i soldi venissero erogati lo stesso”.
“Nel corso della nostra inchiesta – racconta di Nunzio – abbiamo raccolto casi di tutti i tipi: ad esempio quello di un’associazione criminale attiva nella zona di Caltagirone, che negli anni aveva messo insieme circa 3 milioni di euro di contributi europei presentando richiesta per le terre dell’aeroporto di Trapani, del comune di Termini Imerese, della diocesi di Agrigento ecc. Insomma era riuscita ad individuare una serie di terreni per cui non era stato richiesto il contributo e aveva presentato domanda affermando di averli affittati o comprati. E la cosa peggiore è che, una volta scoperta la truffa, nel 2010, ci si è resi conto che il sistema era stato messo in piedi molti anni prima e quindi la procura non se ne’è occupata perché i reati erano già prescritti. E questo succede spesso: come fa notare la Corte dei Conti in un rapporto del 2012, in Sicilia quasi il il 70% dei fondi europei che sono stati ottenuti illegalmente non può più essere recuperato”.
Una grossa parte della responsabilità per questo mancato recupero delle somme è di Agea: “quella di Agea è un’inerzia colpevole – sottolinea Gandolfo – tant’è che la Direzione Generale Agricoltura della Commissione Europea ha proposto un rettifica finanziaria di circa 500 milioni di euro, che potrebbero essere tagliati dal nuovo programma per le politiche agricole”.
Ci sono vari casi in cui gli agricoltori denunciano il fatto che qualcun altro abbia richiesto, a loro insaputa, i contributi per le loro terre: “l’interesse della criminalità per la terra – aggiunge Gandolfo – è forte e tangibile e si traduce sempre più spesso in termini di violenza e intimidazione. Tra estorsioni, falsi contratti e distrazione dei proprietari, alcuni personaggi riescono a mettere insieme centinaia di ettari di terra e quindi racimolare negli anni centinaia di migliaia di euro di contributi europei senza avere niente a che fare con l’agricoltura: in pratica diventano delle rendite. Quello che ci è stato detto, viaggiando per la Sicilia, è che, se pensato bene, quello della terra è un business che può valere più di quello della droga.”
“Questo porta a paradossi come quello avvenuto nella provincia di Caltanissetta – racconta Gandolfo – dove un terreno di 300 ettari (confiscato lo scorso gennaio) negli anni ha ottenuto quasi un milione di euro di fondi europei, soldi che sono stati reinvestiti prevalentemente nel cemento. Si trattava di un luogo importantissimo per la mafia: lì i mafiosi si incontravano per decidere omicidi, appalti, elezioni e ci si nascondevano latitanti, come Bernardo Provenzano. La Commissione Europea ha finanziato un posto dove si è nascosto Bernardo Provenzano.”
Questo è potuto succedere anche perché i controlli sono previsti solo sui contributi superiori ai 150 mila euro l’anno, ma più del il 90% dei beneficiari sta al di sotto di questa soglia e tra questi spesso si annidano anche delinquenti e collusi.
Poi ci sono gli agricoltori, quelli veri, e la cosa più grave è che questi contributi mancano anche lo scopo per cui sono stati pensati, cioè aiutarli: “l’80% degli agricoltori prende circa 1200 euro di fondi europei all’anno, soldi sicuramente preziosi, ma che non spostano la loro situazione di un millimetro. Se ci sommi burocrazie complesse e ritardi nell’erogazione del denaro, ottieni quello che sta succedendo: che alcuni agricoltori rinunciano in partenza a richiedere gli aiuti” racconta di Nunzio.
“Molti agricoltori si sentono presi in giro – continua di Nunzio – perché vedono nel contributo europeo un’elemosina scollata dalle loro reali esigenze, che riguardano principalmente il riconoscimento del giusto valore per il loro lavoro e quindi il giusto prezzo per i loro prodotti”. I due giornalisti se lo sono sentiti ripetere spesso dagli agricoltori che hanno intervistato: a cosa serve il “contentino europeo” se dall’altra parte veniamo vessati dall’Imu agricola e non riceviamo nessuna protezione nei confronti di una concorrenza estera che ci costringe a vendere i nostri prodotti a prezzi stracciati?
Più dei soldi che finiscono in truffe, più delle responsabilità della pubblica amministrazione, quello che indigna gli agricoltori è questo: che i contributi europei sono un debole palliativo che non si occupa del problema, cioè quello di un agricoltore relegato in fondo alla filiera di una grande distribuzione che non si fa scrupoli a preferire le mandorle californiane o le arance marocchine, se costano meno, anche se questo può voler dire la scomparsa delle nostre eccellenze locali. E in questo la realtà siciliana raccontata dai due giornalisti può essere tranquillamente generalizzata al resto d’Italia.
Il documentario Fondi rubati all’agricoltura verrà proiettato sabato 3 ottobre alle 11 al Festival di Internazionale a Ferrara e verrà trasmesso su RaiNews durante il mese di ottobre.
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