Agricoltura
Droni, analisi e tanti dati: lo “smart farming” cambia l’agricoltura lombarda
Agricoltura 4.0, agricoltura di precisione, smart agriculture, smart farming: sono tante le definizioni che si possono usare e dare raccontando della digitalizzazione e innovazione dell’agricoltura. Il sistema agricolo oggi è in grado di gestire le attività lungo tutta la filiera sulla base di dati raccolti grazie a sensori, droni, satelliti, strumenti e applicazioni innovative. I dati vengono così analizzati e utilizzati per portare avanti processi decisionali più accurati e puntuali, attraverso un monitoraggio costante e specifiche analisi dei cosiddetti big data.
I dati diffusi dall’Osservatorio SmartAgrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia ci dicono che l’Italia sta cogliendo questa occasione ma che nello stesso tempo ha enormi opportunità di crescita e di sviluppo. L’Agricoltura 4.0 è cresciuta del 20% nel corso del 2020 ed è arrivata a un giro d’affari complessivo di 540 milioni di euro. Se si guarda però alla quota di suolo coltivato interessato da questa innovazione, si nota che siamo ancorati a un perimetro molto ridotto, dell’ordine del 3-4%.
Il digitale, in generale, è entrato nel 60% delle imprese agricole con almeno un’ applicazione, la percentuale però scende al 38% per le aziende che hanno più di una soluzione. Sempre secondo l’Osservatorio Smart Agrifood, nel nostro Paese, subito dopo i sistemi di monitoraggio e controllo per mezzi e attrezzature, che rappresentano il 36% della spesa in innovazione, seguono i macchinari connessi, al 30%, mentre il 13% degli investimenti riguarda i software gestionali. Oggi, questi nuovi sistemi sono pensati in modo ancora più innovativo, come delle vere e proprie piattaforme dove l’imprenditore non solo organizza la gestione interna della sua azienda ma anche le sue relazioni con i soggetti esterni – come ad esempio la pubblica amministrazione, agronomi e/o fornitori di prodotti e servizi. Si tratta di vere e proprie tecnologie Smart Farming. La spesa destinata alla robotica di campo è solo del 2%. Le tecnologie più diffuse sono quelle che riguardano i Data & Analytics presenti nel 73% dei casi, le piattaforme e i software di elaborazione attivi nel 68% dei casi e l’Internet of Things al 54%, le soluzioni di mobilità e geolocalizzazione presenti nel 38% dei casi, apparati per veicoli e per attrezzature connesse nel 25%. Il Cloud pesa per un 19%, mentre Intelligenza artificiale e Machine Learning sono presenti nel 12% dei casi. Proprio dispositivi IOT e sensori intelligenti sono alla base del progetto di ricerca di Smart Cloud Farming, la startup italo-tedesca incubata dall’utility lombarda Gruppo CAP, che ha di recente avviato la prima sperimentazione in Italia per monitorare da remoto il contenuto di nutrienti del suolo agricolo, impiegando un innovativo drone.
Frutto di una sinergia industriale internazionale che vede, oltre a Gruppo CAP, partner del calibro dell’Istituto Fraunhofer di Berlino, il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università Statale di Milano e la Cascina sperimentale Baciocca, il progetto mira a dare vita a una nuova struttuta di fertirrigazione per monitorare e analizzare le prestazioni e l’efficienza delle coltivazioni, grazie ai nuovi sistemi dell’agricoltura di precisione, ma anche a preservare la qualità dell’acqua della falda che potrebbe essere danneggiata a causa di un eccessivo o inappropriato impiego di fertilizzanti chimici.
La sperimentazione, effettuata su una delle aree agricole del Comune di Cornaredo, ha permesso di raccogliere i primi dati che verranno analizzati e serviranno come base di studio per procedere nei prossimi mesi a un nuovo test sul campo. Il vantaggio competitivo della tecnologia sviluppata da Smart Cloud Farming è quello di razionalizzare l’utilizzo di fertilizzanti e concimi chimici, consentendo agli agricoltori di intervenire solo sui terreni in cui è realmente necessario, per tutelare non solo la qualità del suolo e delle colture, ma anche le falde acquifere dalla contaminazione di sostanze dannose.
Tutto questo è possibile grazie a un processo tecnologicamente avanzato, che utilizza un drone equipaggiato con una camera “iperspettrale”, capace di scansionare il terreno sul quale sta volando, sia nel campo visibile sia nell’infrarosso. Così, Smart Cloud Farming punta a creare una correlazione tra la risposta del sensore e l’indice NPK (che indica il quantitativo dei principali elementi nutritivi: azoto-fosforo-potassio), un parametro utile per aiutare gli agricoltori a dosare in maniera controllata le sostanze fertilizzanti, mettendo in atto quindi un approccio di “coltivazione di precisione”.
“Se vogliamo innovare il settore idrico e renderlo sempre più sostenibile dobbiamo pensare a sviluppare nuovi processi e tecnologie che stanno alla base dell’attività agricola, al quale vengono destinate il 51% delle risorse di acqua che preleviamo dall’ambiente e che ritornano solo in parte nelle nostre riserve acquifere. Questa innovativa tecnologia permette di analizzare grandi superfici di terreno in tempi brevi, accelerando i tempi di monitoraggio delle componenti del suolo riducendole da qualche settimana, come capita con le classiche analisi di laboratorio, a qualche ora”, spiega Alessandro Russo, presidente e amministratore delegato di Gruppo CAP.
Ma il percorso di ricerca nel settore della Smart Farming per CAP è cominciato già un paio di anni fa nel Centro Ricerche Salazzurra. Salazzurra è un hub di ricerca internazionale. Economia circolare, risorse idriche e ambiente, chimica e biochimica, microbiologia, ingegneria ambientale e idraulica, sociologia e policy del settore idrico, sono solo alcune delle aree di studio attive nel centro, dove studiosi di tutti i paesi potranno confrontarsi, discutere, divulgare i propri progetti e incontrare i cittadini. “Abbiamo deciso di sostenere con un programma di incubazione le startup più promettenti anche nel campo dell’agricoltura intelligente. Un settore per il quale stiamo sviluppando una delle più interessanti ricerche a livello europeo, H2020 Digital Water City, che nasce per monitorare in continuo i parametri delle acque depurate destinate a uso irriguo”.
Le sfide legate all’adozione e implementazione delle nuove tecnologie sono tante e diverse, a seconda di che tecnologie e fasi della filiera si considerano ma la ricerca ha un ruolo fondamentale, soprattutto se condotta da aziende pubbliche, che gestiscono beni preziosi come l’acqua.
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