Economia civile
Il volontariato ai tempi della pandemia: intervista con Anna Maria Siccardi
Rete del Dono è una società benefit nata nel 2011, su ispirazione di alcune piattaforme anglosassoni, con l’intento di mettere a disposizione anche delle organizzazioni non profit italiane una piattaforma web per reperire risorse economiche a sostegno dei loro progetti, con la tecnica del crowdfunding e del personal fundrasing, vale a dire aggregando la loro rete sociale e invitandola a donare online. Ad oggi Rete del Dono ha raccolto oltre 11 mln di euro a favore di progetti di interesse sociale italiani, prevalentemente nel settore della salute e della ricerca, del sostegno alle categorie svantaggiate o sottorappresentate, della cooperazione e dello sviluppo. Negli ultimi anni si sono affacciati sulla piattaforma anche tanti progetti con valenza artistica e culturale, i progetti civici a sostegno di beni comuni sul territorio, le scuole.
Intervistiamo Anna Maria Siccardi, Torinese, laureata in Fisica, specializzata in informatica. Imprenditrice con una società di consulenza che si occupava di certificazioni di qualità del software, poi nel settore del web. nel 2011 fonda e gestisce Rete del Dono con Valeria Vitali. Ha un team di 6 dipendenti distribuiti tra Torino e Milano.
Tu sei un’imprenditrice in continuo contatto con il mondo del volontariato. Come sta impattando questa situazione del Coronavirus sull’attività dell’organizzazione?
Rete del Dono è una piattaforma web che permette agli enti no profit di fare raccolta fondi di donazioni On-line con il meccanismo del crowdfunding, andando cioè a stimolare delle comunità che possono essere delle comunità territoriali, oppure delle comunità di interesse a donare per sostenere un progetto. Noi facciamo questo servizio, cioè ci rivolgiamo a enti senza scopo di lucro con progetti ben circoscritti che hanno bisogno di essere sostenuti economicamente e diamo loro la possibilità di farlo attraverso questa piattaforma. Così, tanto per fare degli esempi, possono essere progetti di assistenza sociale: ristrutturazione o l’acquisto di materiale per una scuola o una biblioteca; progetti per sostenere le fasce deboli; progetti culturali: nel tempo abbiamo avuto progetti di raccolta fondi per il restauro di un’opera d’arte piuttosto che interventi museali. La maggior parte dei progetti finora erano rivolti, all’assistenza sociale, alla ricerca medica alla cooperazione o allo sviluppo.
Ecco un grafico con la distribuzione delle varie tipologie di enti non profit presenti al 31/12/19 su Rete del Dono, suddivisi per aree di intervento. In questo momento quelli che stanno raccogliendo fondi sono il settore dell’assistenza sociale e della salute/ricerca.
L’emergenza COVID-19, a differenza delle altre emergenze che hanno interessato purtroppo il nostro territorio negli ultimi 10 anni, ha avuto la peculiarità di abbattersi più o meno lungo tutta la Penisola, anche se con intensità differenti. Se per l’alluvione in Sardegna o il terremoto del Centro-Italia abbiamo visto donatori di tutta Italia e anche dall’estero attivarsi per un territorio in particolare, oggi ogni territorio, ogni comunità deve fare i conti la “propria” emergenza. Quindi a fianco delle raccolte fondi a sostegno della Croce Rossa nazionale o della Protezione Civile, abbiamo tantissimi progetti a impatto più locale, sostenuti dalla comunità del loro territorio. Il 90% della raccolta fondi (1,3 mln di euro il 1 aprile) è rivolta a sostenere strutture ospedaliere, il loro personale e i volontari che vi operano, in primis per l’acquisto del materiale di protezione per i sanitari, perché si è sparsa la voce che, sebbene il Governo abbia stanziato fondi e materiali, questi tardino ad arrivare in quantità sufficiente dove servono. Il 10% della raccolta fondi, per ora, è indirizzata invece ad attività di assistenza sociale, dall’acquisto di generi alimentari, al sostegno alle comunità di disabili, o al sostegno delle scuole che devono integrare la loro dotazione di device informatici per permettere a tutti gli allievi di fruire delle lezioni online. Con il passare dei giorni vediamo aumentare i progetti non strettamente inerenti all’aspetto sanitario dell’emergenza, perché nuove emergenze emergono e le comunità, per quel che possono, si attivano.
Maurizio Fiasco, sociologo e collaboratore della consulta Nazionale antiusura sosteneva 2 anni fa che c’erano due milioni di famiglie in situazione di sovraindebitamento e altri due milioni appena sopra la soglia. Per Fiasco molte di queste famiglie avevano un margine di €1000 prima di scivolare oltre la soglia del sovraindebitamento. Ovviamente ora tutte queste famiglie rischiano di non avere un futuro; in tal senso i dati di Bankitalia sono preoccupanti. Che riscontri avete come piattaforma di crowdfunding in questo senso?
Via via che l’emergenza si è fatta strada in altri settori della società, abbiamo visto partire molti tipi di raccolte fondi. Quelle che stanno partendo adesso sono raccolte fondi per l’acquisto di generi alimentari che vengono distribuiti alle famiglie che non possono uscire di casa oppure non hanno i soldi per fare la spesa; queste sono famiglie che erano già fragili prima e ovviamente adesso non potendo lavorare non sono tutelate. Ci sono anche altre emergenze, ad esempio la situazione delle donne vittime di violenza chiuse in casa propria insieme al loro aguzzino, quella dei centri di accoglienza e di chi si occupa di migranti, le carceri, le comunità e tante altre. Queste situazioni sono state chiare fin da subito a noi operatori del settore, mentre i media stanno iniziando ad accorgersene solo adesso. Adesso c’è tutta questa retorica, giustissima, del “restate a casa” ma bisogna anche occuparsi di chi una casa non ce l’ha o non ci può stare. Normalmente la parte preponderante della nostra raccolta fondi i la realizziamo in occasione dei grandi eventi sportivi di massa primaverili. Abbiamo partnership con maratone di varie città come Roma, Milano, Torino, Venezia e altre grazie alle quali normalmente in primavera raccogliamo tra il milione e il milione e mezzo di euro. La cancellazione di questi eventi sportivi ci ha ovviamente tagliato le gambe. La mattina dopo ci siamo detti: cosa facciamo? Abbiamo capito di dover iniziare a lavorare per aiutare durante questa emergenza. Non è stato particolarmente difficile perché in fondo siamo nati per questo, diciamo che abbiamo “solo” dovuto riprenderci dalla botta.
Mentre molte associazioni si occupano e operano in settori specifici tu, seguendo un panel di associazioni, sei in grado di offrire una visione sinottica. Dalla tua diretta esperienza puoi dirci quali sono le conseguenze della situazione attuale sulle componenti più fragili della nostra società?
Non ho numeri statisticamente rilevanti, posso dirti qual è la mia idea, basata su quello che vedo sulla nostra piattaforma, e alimentata da colloqui con i professionisti che si occupano di raccolta fondi. Ci sono delle realtà più immediatamente connesse a questo tipo di emergenza: chi si occupa di sanità o di problematiche legate al sostegno immediato di famiglie fragili. Penso alle società di pubblica utilità come quelle che gestiscono le ambulanze e i trasporti dei disabili; chi si occupa di rifornire il territorio di beni di prima necessità come le Caritas. In questo momento queste realtà stanno raccogliendo fondi in modo molto più immediato di altre, essendo molto più legate al territorio e ai singoli: per molti diventa immediato capire come ci sia bisogno di sostenere queste associazioni. Perciò tante persone che, magari, non sono abituate a fare donazioni o a dare un contributo economico tramite piattaforme, in questo momento sono state e continuano ad essere molto generose con continue donazioni. In questi casi non c’è bisogno di mettere in gioco tecniche di fundraising complicate a livello di comunicazione, perché i fondi vengono raccolti grazie al cittadino che in momenti come questo sente la chiamata e avverte la necessità di chi vive ogni giorno intorno a lui, arrivando a donare anche se non lo avevo mai fatto prima. Per darti un numero, una decina di giorni fa è stato stimato che in Italia erano già stati donati circa 250 milioni tra donazioni di privati, aziendali e di fondazioni varie. Come ci si poteva aspettare, ogni altro settore del non profit, in questo momento è marginalmente attivo sulla piattaforma, o perché le campagne di raccolta fondi sono state volutamente interrotte, o perché la “community” dei donatori (sia individui che aziende) sta indirizzando la sua generosità e le sue risorse economiche verso l’emergenza sanitaria. Ma cosa succederà ora? Chi si occupa di raccolte fondi nel terzo settore in questi giorni è preoccupato del dopo. Questo perché ci sono tutta una serie di altre realtà del terzo settore che non sono strettamente correlate alla sanità Ma si reggono sul dono, sulle erogazioni liberali di privati e aziende. Quello che temono è una contrazione delle risorse. È ovvio che chi ha già donato tanto non potrà rifarlo una seconda o una terza volta nel corso di quest’anno.
La questione del terzo settore è fondante, data l’esistenza di diverse attività che si sostengono su di esso. Tu citavi il trasporto di disabili, anziani e malati Ma io posso aggiungere anche l’assistenza agli usurati, l’assistenza A chi perde la casa o l’attività di modifica delle esecuzioni immobiliari.
Per questo servono interventi immediati, bisogna fare scelte decise. Ci sono delle opportunità che sarà difficile raccogliere ma bisogna provarci. Quello che noi faremo come Rete Del Dono e che penso faranno molti altri è stimolare il terzo settore a fare delle cose che non aveva mai fatto veramente e che invece questa situazione gli permetterebbe di fare. Le aziende più grandi e strutturate a livello nazionale hanno ormai da anni dei programmi di responsabilità sociale d’impresa. Questo vuol dire che hanno più persone che si occupano con continuità di andare a vedere di cosa ha bisogno il territorio nel quale operano, facendo delle partnership con gli enti del terzo settore per sostenere l’attività. Le aziende sane, con i margini per poterlo fare, sarebbe bene che continuassero a fare una parte importante in questo senso: in questi giorni abbiamo visto come le donazioni aziendali sono state preponderanti, dando un contributo importante. Un conto infatti è donare €100000 suddivisi tra 3000 cittadini, che sono importantissimi, ma le aziende hanno la possibilità di donare in due giorni tutti quei soldi in un colpo. Ci sono state aziende e associazioni imprenditoriali che hanno fatto questa cosa forse per la prima volta. Sarà importante che questo non si limiti ad essere un gesto generoso in un momento di emergenza ma che si lavori perché questa partnership, profit o no profit, diventi una componente strutturale nel nostro paese. Un’altra considerazione va fatta sull’avvicinarsi dei giovani alla donazione: nel terzo settore purtroppo molti non fanno che ripetere di continuo che i giovani non donano, ma noi pensiamo che i giovani non donino perché la questione non viene presentata loro nel modo giusto. Tutta la loro vita passa attraverso quelle che una volta venivano chiamate le nuove tecnologie, quindi se vogliamo che i giovani siano partecipi bisogna andarli a cercare dove si possono raggiungere al meglio, chiedendogli le cose nel loro linguaggio. Il lockdown che costringe tantissimi a casa ha dato una spinta alla donazione online che si riflette anche sulla composizione anagrafica dei donatori. Facendo un confronto con lo stesso periodo dell’anno precedenti si vede come sia cresciuta la fascia degli over 55 e degli under 24. Soprattutto quest’ultimo aspetto è di grande rilevanza per il non profit, che da sempre lamenta la difficoltà a portare i giovani verso la donazione.
Su Rete Del Dono la grafica, riguardante i donatori, indica un’età media tra i 35 e i 50 anni, mentre in questi giorni quella fascia si è allargata: la fascia si è allargata oltre i 60 anni e sotto i 30; tutto questo è reso possibile dal nostro utilizzo del web.
Su questo tema, per quanto mi riguarda, sfondi una porta aperta. Partecipando a diversi incontri sul tema dell’antiusura in giro per l’Italia, la sensazione che ho io è che non ci sia la capacità di comunicare con le fasce d’età più giovani, non riuscendo a trasmettere correttamente l’idea del volontariato. Un’altra questione sulla quale insisto sempre è che nel mondo del volontariato bisogna andare verso una specializzazione, o per meglio dire verso una delega di funzioni. Ti faccio un esempio: noi abbiamo ottenuto una riforma normativa per cui sostanzialmente non è possibile sloggiare le famiglie sotto esecuzione prima della vendita dell’immobile. In Italia ci sono moltissime associazioni profondamente diverse tra di loro che si occupano però di questo problema comune, alle quali servirebbe del materiale comune da mettere a disposizione dei rispettivi avvocati. Incontriamo grandi difficoltà a raccordare, anche su questo semplice aspetto le varie realtà.
Senza pretese di essere esaustiva ti elenco una serie di nodi da affrontare e scegliere.
· molte delle realtà beneficiarie di queste raccolte fondi si trovano per la prima volta a ricevere fondi molti importanti dalle piattaforme di crowdfunding, e si trovano impreparate a gestirne gli aspetti giuridici e fiscali.
· Ho letto sui social più volte la richiesta di un intervento normativo ad hoc, quando in realtà gli aspetti giuridici e fiscali di questo genere di raccolte fondi sono già presenti, solo che erano sconosciute ai più ed ora nell’emergenza si è fatta purtroppo una gran confusione, al punto da costringere alcuni attori del settore, noi compresi, a pubblicare “decaloghi” e “vademecum” rivolti sia ai donatori che agli enti non profit per gestire le campagne e per evitare intoppi.
· questa drammatica situazione sarà di stimolo per tutto il Terzo Settore ad implementare quella trasformazione digitale che tarda ad essere affrontata di petto.
· Per raccogliere questa sfida è a mio avviso fondamentale una maggiore apertura dei dirigenti del Terzo Settore verso i giovani, spesso totalmente assenti negli organi direttivi, quando invece le loro competenze sono indispensabili se si vuole governare la trasformazione anziché subirla.
· questa emergenza avrà inevitabilmente un impatto economico anche sul Terzo Settore molto importante che rischia di vanificare questa opportunità. Senza un intervento di comunicazione per sostenere la vocazione alla solidarietà emersa da parte di tanti cittadini e imprese, c’è il rischio che le donazioni vedano nei prossimi mesi una contrazione importante, dettata sia dalla scarsità di risorse sia da quella che in inglese si chiama “donorfatigue”. E’ sotto gli occhi di tutti oggi quanto sia fondamentale per la tenuta sociale del nostro Paese l’ossatura del Terzo Settore che, attraverso una presenza capillare su tutto il territorio, sta riuscendo ad intervenire con i propri addetti e volontari, ed è riuscito a drenare risorse economiche da destinare subito là dove servivano e servono. Sarebbe paradossale che proprio a questo settore venissero a mancare le risorse per continuare a fare quello che fa.
· A questo proposito mi è sembrato molto pertinente l’intervento di Carola Carazzone di Assifero: un vero e proprio appello alle Fondazioni bancarie affinché si facciano carico nei prossimi mesi di assicurare la continuità degli enti non profit, finanziandone non i progetti ma i costi di struttura.
· Un’altra risorsa importante se messa davvero a sistema in modo strutturale è il contributo delle aziende, le attività di CSR (responsabilità sociale di impresa) delle aziende, se mosse da un’analisi dei bisogni reali e più urgenti dei territori, possono dare un contributo importantissimo, così come lo stanno dando in questi giorni.
giovanni pastore
libero pastore
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