Creiamo l’emergenza, lasciamo che parchi, stazioni e luoghi attraversati da migliaia di persone ogni giorno diventino bivacchi e, non solo diamo un ulteriore schiaffo alla dignità umana, ma facciamo anche il gioco dell’intolleranza e del razzismo. Perché quell’asticella, seppur fragile, che porta le persone ancora in strada come in queste ore a consegnare generi di prima necessità per aiutare donne, bambini e uomini accampati sulle nostre strade, rischia di spezzarsi definitivamente.
Con quale faccia riusciamo a chiedere ancora una volta agli uomini e le donne del nostro paese di farsi carico di questa situazione? L’Europa è il carnefice quando nel suo immobilismo più totale perde tempo a discutere su numeri infinitesimali. Ventiquattro mila persone. Ci si mette più a scrivere il numero che a ridistribuirli. L’Europa è il carnefice quando decide di chiudere le frontiere schierando la Gendarmerie a Ventimiglia, salendo sui treni al confine con l’Austria e facendo scendere chi non ha i documenti. L’Europa è il carnefice quando lascia l’Italia sola a sopportare quella spinta inarrestabile dall’Africa e dal Medio Oriente. Quella è l’Europa dei Governi silenziosi e complici, pronti a versare lacrime di fronte all’ennesimo naufragio e così smemorati poi appena bisogna prendere una decisione nell’interesse della vita umana. Poi c’è l’altra Europa, quella delle persone, che è vittima di questa situazione.
Che vede sfumare davanti ai suoi occhi quell’idea di fratellanza ormai solo nelle iscrizioni su alcuni palazzi storici. La Croce Rossa nasce con un motto “Siamo tutti fratelli”. Una frase gridata da quelli che soccorsero senza alcuna distinzione tutti i feriti di una delle battaglie più feroci della nostra storia, quella di Solferino. A pochi giorni dalla nostra fiaccolata tradizionale (il 20 giugno prossimo) rimbomba dentro di me quel motto che oggi è incarnato nelle gambe e nelle braccia di centinaia di volontari e operatori che stanno soccorrendo migliaia di migranti in arrivo sulle nostre coste. Sento “siamo tutti fratelli” nei gesti umani di chi nelle stesse ore concitate e confuse sta assistendo contemporaneamente centinaia di profughi a Roma, a Milano e a Ventimiglia.
Oggi più che mai sono orgoglioso di rappresentare la Croce Rossa Italiana così prodiga verso il prossimo senza distinzione alcuna che, a dispetto di sciacalli e speculatori della dignità umana che con le loro azioni hanno complicato ulteriormente la percezione della parola e del valore solidale, continua a lavorare in silenzio nonostante ci sia qualcuno sempre pronto a gettare fango sul suo operato e nonostante ci sia qualcuno che vorrebbe vederla scomparire. Be’, anch’io vorrei che la Croce Rossa non esistesse più, perché vorrebbe dire aver eliminato ogni problema che la spinge a intervenire. Ma questa è utopia e a noi purtroppo resta il compito di essere invece pronti e preparati a ogni nuova emergenza.
*Francesco Rocca è presidente di Croce Rossa Italiana
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