Diritti
Appello internazionale contro la discriminazione dei rom in Italia
61 organizzazioni e 27 accademici provenienti da tutta Europa hanno scritto una lettera aperta alla sindaca di Roma Virginia Raggi e all’Unione europea per denunciare che «il piano rom del Comune va profondamente rivisto perché le sue azioni calpestano i diritti umani». Capofila di questa iniziativa senza precedenti è l’associazione 21 luglio, che si batte da otto anni per i diritti delle persone rom e sinti. La protesta proseguirà giovedì 28 giugno alle 15 con un flash mob davanti al Campidoglio.
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I rom sono una minoranza etnica che in Italia conta circa 120mila persone. Di queste circa 70mila hanno la cittadinanza italiana; gli altri provengono per lo più dalla Romania o dalla ex Jugoslavia e per lo più hanno la cittadinanza europea.
«Siamo preoccupati perché temiamo che lo sgombero di Camping River dello scorso 21 giugno sia l’onda lunga del linguaggio e delle minacce del Ministro dell’Interno Matteo Salvini», spiega Carlo Stasolla, presidente di 21 luglio.
Che cosa è successo a Camping river?
«Camping River è un campo rom che sorge su un terreno privato a Roma Nord, sul quale il Comune anni fa aveva messo a disposizione una cinquantina di container. La Giunta Raggi con il piano rom prima ha deciso il semplice trasferimento degli abitanti del campo, a cui noi ci siamo opposti perché non ci sembrava una soluzione, bensì un semplice spostare il problema da un’altra parte. Successivamente l’amministrazione ha cambiato idea e ha avanzato delle proposte surreali: per esempio ha offerto un contributo economico a chi avesse portato un contratto d’affitto, ma nessuno degli abitanti del campo poteva permettersi di offrire le garanzie economiche necessarie, perché inoccupati e in condizioni di indigenza».
E alla fine è stato deciso lo sgombero.
«Esatto. Ma il Comune non si è limitato a riprendersi i container, cosa che avrebbe anche potuto fare, visto che erano suoi. No: li ha vandalizzati per renderli inutilizzabili. Un vero sfregio, una rappresaglia cinica dal forte valore simbolico perché colpisce la casa, il luogo più intimo di una persona».
Secondo voi questa azione è la prima di una serie?
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«Siamo preoccupati per il clima che c’è nel Paese. Nella mente delle persone certe azioni prima erano impensabili, ora invece si fanno. Oggi si vandalizzano le case e domani? Prendiamo i rom a sassate?».
Da dove nasce tutto questo odio contro i rom?
«Media e politici sono corresponsabili nel fomentarlo. Ma soprattutto i media, perché amplificano affermazioni che non aggiungono nulla al dibattito politico.
È facile odiare i rom e perciò è da vigliacchi farlo. Nell’immaginario collettivo il rom è brutto, sporco, ladro e rapisce i bambini. Nessuno si presta a difenderli e tante persone credono a ogni bufala che sentono su questa minoranza».
Non pensa che ci sia una difficoltà dei rom a integrarsi?
«Non è così: 6 rom su 7 vivono in casa, lavorano e studiano. Solo 26miladi loro vivono nei campi creati dalle istituzioni italiane. I campi rom sono veri ghetti che non hanno uguali in Europa. C’è difficoltà a integrare questi pochi rom solo perché sono segregati da 30 anni».
Come pensate di contrastare l’odio crescente?
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«L’unica cosa da fare richiede il coinvolgimento dei media: la contro-narrazione. Ed è il nostro impegno quotidiano, con ricerche e campagne di sensibilizzazione. Significa dare dati, numeri, realizzare incontri raccontando quello che noi viviamo come associazioni. Non vogliamo difendere la categoria dei rom a priori, ma attraverso di loro vogliamo difendere i diritti di tutti, perché oggi sono presi di mira loro e domani qualcun altro».
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