The Good Postman; storia di tolleranza, lontana (e vicina) dall’Italia di oggi
Un film del 2016 di produzione bulgara del regista Tonislav Hristov, “The Good Postman”, sta riscuotendo un buon successo a livello internazionale. Si tratta di un documentario ambientato a Goliam Dervent, uno sperduto paesino alla frontiera con la Turchia, semi-abbandonato per il disastro delle sue condizioni economiche. La guerra in Siria porta negli ultimi anni un numero crescente di famiglie siriane a varcare il confine turco sfilando per le vie del paese. Si arriva alle elezioni per il nuovo sindaco del 2015 con il candidato vetero-comunista che promette la chiusura ermetica del confine per bloccare gli ingressi. Non ha rivali e appare destinato a vincere.
A questo punto entra in scena il postino Ivan, il quale riflette sulle povere condizioni della sua terra e presenta la candidatura a sindaco con un programma opposto: accogliere i siriani nelle molte case abbandonate e avviare il piccolo paese a una rivitalizzazione economica e sociale. Il film si concentra sulla originale campagna elettorale ideata da Ivan: bussa alla porta dei 37 elettori ai quali distribuisce la posta e improvvisa i suoi comizi. Qualcuno lo approva. Qualche altro lo contesta, altri ancora non stanno ad ascoltarlo ma nel tempo progressivamente la sua candidatura prende quota e incalza con crescente successo l’altro aspirante sindaco.
La Bulgaria del resto ha un passato di tolleranza, connesso al fatto di essere stato un paese di transito di uomini e di merci dall’area balcanica a quella asiatica attraverso il confine turco. Lo documenta il suo maggior scrittore, Elias Canetti, premio Nobel per la letteratura del 1981, che nel suo libro La lingua salvata parla della sua infanzia passata nei primi anni del ‘900 con la sua famiglia di ebrei sefarditi,cacciati con il decreto di espulsione del 1492 dalla Spagna e accolta dai dominatori turchi a Rustschuk, insediata nella antica città bulgara portuale sul Danubio ora chiamata Ruse. Canetti la descrive come punto di incrocio di persone appartenenti a popoli diversi – bulgari,turchi, greci, albanesi, armeni, zingari, russi, rumeni – con le rispettive lingue ( “in un solo giorno si potevano sentire sette o otto lingue”).
Nel libro descrive significativi episodi di pratiche di tolleranza della sua famiglia, come per sera del Seder quando era usanza fare entrare anche due o tre sconosciuti che passavano per la strada: anch’essi si sedevano a tavola e prendevano parte a tutta la festa”. Inoltre, tutte le settimane nel giorno di venerdì i cancelli del palazzo dei Canetti veniovano spalancati per fornire una abbondante quantità di cibo a un gruppo di una quarantina di rom dai tipici abiti multicolorati, sotto la guida di un anziano loro rappresentante.
Un importante evento della Seconda guerra mondiale conferma lo spirito umanitario della Bulgaria: pur essendo alleato della Germania, il suo governo fu l’unico tra tutti i paesi alleati del Reich che nel marzo 1943 si oppose con successo all’ordine di Hitler che gli ebrei registrati in Bulgaria partissero per Auschwitz, contravvenendo ad accordi presi in precedenza. In questo modo vennero salvati dalle camere a gas ben 48.000 ebrei.
Una traccia di una convivenza attuale tra pratiche religioni diverse si ha nella topografia della capitale Sofia: nella zona circostante la fermata Serdika del metro c’è una disposizione degli edifici definito il “quadrilatero della tolleranza”, ovvero 4 luoghi di culto frequentati senza reciproche interferenze da fedeli musulmani, ebrei, ortodossi e cattolici : la moschea Banya Bashi che ha di fronte la novecentesca sinagoga sefardita, e più in là la chiesa ortodossa di Sveta Nedelija e quella cattolica Sveti Josif. La situazione politica è certamente oggi meno rassicurante: nel marzo del 2017 le elezioni per il presidente della repubblica hanno riconfermato come primo ministro Bojko Borisov, del partito conservatore moderato, il GERB, (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria), che per avere l’incarico è stato costretto a patteggiare con il gruppo politico dei Patrioti Uniti, euroscettico e discriminatorio nei confronti di migranti, rom e minoranza turca. Al momento Borisov continua a guardare più verso la Germania della Merkel che al gruppo di Visegrád guidato dall’ungherese Orban, ma la situazione è piuttosto fluida.
Per ritornare sulla storia raccontata in “The good postman”, in Italia negli ultimi anni si sono verificati casi analoghi come quello emblematico dell’isola di Lampedusa e dell’ex sindaco Giusy Nicolini, esempio massimo di accoglienza. Il sindaco di Ventotene e altri ancora si stanno sforzando di adottare politiche analoghe. Sarebbe una bella alternativa alla politica restrittiva e penalizzante nei confronti dei migranti adottata dal nostro governo. Ragione in più perché qualche casa distributrice si prendesse la iniziativa di diffondere sugli schermi questo film bulgaro non ancora uscito in Italia e che fossero in molti a poter dichiarare: “Io sto con il postino Ivan”.
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