Teatro

Virgilio Sieni: Petruška oltre Stravinskij

18 Febbraio 2018

C’era guerriglia, l’altra sera Bologna. Elicotteri, strade chiuse, cariche. Un comizio fascista in centro, e tutta la città mobilitata in segno di protesta: Forza nuova voleva arringare, spiegare le “ragioni” della destra. Un tempo si sarebbe detto apologia di fascismo. Centri sociali, associazioni, studenti, anche qualche politico sono arrivati in piazza maggiore. Prendere posizione, è quel che dobbiamo, fare.

Io, invece, all’oscuro di tutto quel che stava accadendo, da “foresto” in città, camminavo verso il Teatro Comunale, poco distante. E sotto i portici, ho notato una targa appesa a un muro anonimo del teatro, sopra una porta di ferro, davanti dei motorini parcheggiati. La targa dice: «in questo luogo, il 14 maggio 1931, Arturo Toscanini, insigne musicista di alta dignità umana e artistica, subì il violento oltraggio delle “…masnade fasciste”…».

Direttore d’orchestra, noto e amato in tutto il mondo, Toscanini fu aggredito e schiaffeggiato da una camicia nera, un tal Montani, perché non aveva voluto far suonare “Giovinezza” e altre banalità all’orchestra del Comunale, in apertura dell’opera prevista in cartellone. Anche oggi i “neofascisti” (che avranno di neo?) minacciano, fanno manifestazioni, aggrediscono, addirittura sparano, come accaduto a Macerata.

Ecco, forse il comune di Bologna avrebbe potuto “autorizzare” – se proprio doveva – il comizio di Forza nuova, e farlo alla Stazione o in uno dei tanti luoghi segnati dalla Resistenza, dalla lotta antifascista. Oppure proprio là, sotto la targa dedicata a Toscanini: uno dei tanti che prese posizione contro il fascismo.

Chukrum, fotto Rocco Casaluci

Poi, entrato nella bella sala del Comunale, la bellezza, l’armonia, hanno avuto il sopravvento. In programma un dittico creato da Virgilio Sieni su musiche di Giacinto Scelsi, Chukrum, per orchestra d’archi, e poi sul celebre Petruška di Igor Stravinskij.

Virgilio Sieni è uno dei giganti della nostra ricerca teatrale: un inquieto investigatore di forme, umane e spaziali, di dinamiche relazionali e ambientali, di reazioni gestuali a sollecitazioni sonore che ha saputo sviluppare costantemente in creazioni di rara, e solida, innovazione. E con il dittico bolognese conferma, laddove ce ne fosse bisogno, l’inesauribile verve creativa che lo accompagna da anni. Qui riesce a dare un’ariosità compositiva unica, tessendo una trama che lega l’astratta e concettuale composizione di Scelsi del 1963 alla tonica e timbrica partitura russa creata da Stravinskij nel 1911, dopo L’uccello di fuoco e prima della Sagra. Mentre in buca, l’orchestra diretta con sicurezza e agilità da Fabrizio Ventura si addentra nelle strutture di Scelsi, il palco del Comunale svela un fondale, un telo che è schermo e trasparenza, evocazione e illusione.

Come in certi spettacoli di Romeo Castellucci, penso a alcuni capitoli della Tragedia Endogonidia, il fondale diventa un filtro, una membrana dalla quale emergono immagini, suggestioni visive oscure, indecifrabili, solo a tratti – per istanti che sono agnizioni – transitive. Ma vi è, come è naturale sia, una distanza con l’approccio castellucciano: qui, oltre quello “schermo”, intuiamo una forma complessa, una monade che tutto ingloba e lentamente svela, dalla quale scaturiscono corpi, mani, braccia. E sono già nella perfezione coreografica, nella tensione scenica, sono danza e spazio. Poi, quasi senza soluzione di continuità, eccoci piombare nel mondo di Petruška: il velo si solleva e si apre al mondo della marionetta creata da Stravinskij. Tutto sembra nascere da lì, da quella forma magmatica della prima parte di spettacolo.

Chukrum, foto di Rocco Casaluci

Si sa, quella storia in quattro quadri è stata patrimonio dei grandi coreografi e di sublimi danzatori: dai Ballets Russes di Diaghilev in poi, molti si sono cimentati con quel fantoccio innamorato, con la Fiera della Settimana grassa, con la violenza del Moro e la bellezza della Ballerina.

Ma il tocco di Sieni è sublime. Sono veli, ampi, leggiadri, di un beige delicato a delimitare tre lati dello spazio. Si sollevano leggeri al passaggio del piccolo gruppo di protagonisti, una moltitudine che è singolarità. Hanno il visto coperto di maschere strane, ambigue, costumi color carne o avorio, con lievi differenze l’uno dall’altro. Un cappello, una camicia o una piccola gonna, sono gli elementi che danno personalità a coloro che diventeranno, di volta in volta, i personaggi in commedia. Fluido è il movimento, leggero: fluttua in percorsi minuti, con un cuore di passione antica. Sono marionette, sì, fredde e distanti in una loro tristezza compassata: cadono, si manipolano, si guidano. Eppure sono mascherine che vibrano di un’umanità gentile, come era, mi sembra di ricordare, nel De Anima di qualche anno fa.

Petruska, foto Rocco Casaluci

Petruška diventa paradossalmente gioco, che tiene e reagisce alla partitura orchestrale con una sapienza spiazzante. È un “altrove”, in dialettica continua, vicinanza e lontanza, ascolto e contraddizione, rispetto agli ottoni, alle percussioni, agli archi; è un “fluido fiume” che ha corpo e anima. E quei veli diventano barriera, membrana che tutto avvolge e rivela: i danzatori li attraversano spostandoli sempre o quasi con il volto, in un vero “svelamento”, un attraversamento che si fa passaggio di stato, tra verità e finzione, tra vita e morte.

Foto di Rocco Casaluci

Tutto ciò acquista incredibile forza grazie ai magistrali gli interpreti, mirabili per presenza e eleganza, potenti e precisi: Jari Boldrini, Ramona Caia, Claudia Caldarano, Maurizio Giunti, Giulia Mureddu, Andrea Palumbo. Le belli luci sono di Mattia Bagnoli, i costumi di Elena Bianchini e il leggiadro allestimento di Giovanni Macis.

L’esito è bellissimo, apre il cuore: una boccata d’aria pura. Fuori, intanto, gli scontri sembravano finire.

 

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